IN NOME DELLA RAGIONE NON NEGATE L’IRRAZIONALE
di Susanna Schimperna
Con il premio Nobel Prigogine ho parlato di astrologia per mezz’ora. Ci siamo trovati d’accordo sulla visione di una natura creativa e interpretabile.
Altra cosa sono gli imbroglioni che approfittano delle debolezze altrui…
Nessuna divinità mi sembra più bella, affascinante e addirittura sorprendentemente eccitante della Dea Ragione. Proprio per questo non posso fare a meno di trovare assurde, illogiche, incongruenti le pretese di chi, in nome della Ragione (mi piace proprio con la maiuscola, e in fondo è una Dea), pensa di poter dichiarare impossibile tutto ciò che non è o non è ancora comprensibile, e dunque con ammirevole serenità si arroga il diritto di escludere dal reale quello che non rientra in schemi, non è riproducibile in laboratorio, sfugge insomma alla verifica dei nostri pochi e poveri strumenti scientifici.
Di casi “strani” vissuti nel ruolo di protagonisti o testimoniati da persone al di sopra di ogni sospetto se ne possono riportare moltissimi. Così come non possiamo dubitare dell’antichità e complessità di tradizioni che oggi liquidiamo come superstizioni, o dell’inspiegabilità di trattati capaci di ricomprendere l’universo mondo mettendo accanto senza gerarchie magia e astronomia, idraulica e chimica (un esempio per tutti, i Veda). Esseri umani di grande senso critico e preparazione culturale strepitosa si sono interessati all’esoterismo, alle varie forme di divinazione, all’astrologia. Cesare Garboli preparava temi natali e oroscopi. Con il premio Nobel Prigogine un giorno ho parlato di astrologia per mezz’ora, e ci siamo trovati d’accordo sulla visione di una natura creativa e interpretabile dall’arte e dall’astrologia non meno che dalla fisica e dalla matematica, in una visione olistica, globale, in cui i mezzi d’indagine sono, appunto, solo mezzi, e la logica causa-effetto va abbandonata se si voglia fare un salto non solo nella percezione, ma addirittura nella comprensione razionale.
Tutto questo e infinitamente di più si potrebbe dire, ma il vero punto a favore di un pensiero “altro” non sono i testi, non sono i personaggi illustri, non sono le prove ammesso che ci siano. E’ la necessità prioritaria di non scambiare la Dea Ragione per una povera, arrogante imbecille. La Ragione, se è tale, conosce benissimo i propri limiti. Proprio questa consapevolezza le dà forza, la rende inattaccabile. Essere elastici è ragionevole. Essere umili, pure. Un altro premio Nobel per la Fisica, Richard Feynman, di fronte alla meccanica quantistica si divertì a dire: «Descrive una natura assurda». Una natura in cui la stessa particella può essere simultaneamente in luoghi diversi, i suoi stati possibili interferiscono concretamente sul suo stato reale, i suoi comportamenti sono influenzati dal fatto che la stiamo osservando o meno. E se poi agiamo su questa particella qui e ora, ecco che è come se contemporaneamente stessimo agendo su una sua "gemella", che si trova, magari, a milioni di chilometri di distanza. Hanno un bell'etichettare, gli scienziati, questa storia come "principio di non-località". Qui saltano tutte le nostre idee sul tempo, sullo spazio, sul nesso di causa-effetto. Per non parlare del concetto stesso di materia e di realtà. Scendendo nell'ultramicroscopico, la materia non esiste più. Si parla, infatti, di campi, interazioni, sistemi. Sistemi che non si possono studiare, riducendoli alla somma delle loro componenti, ma che sembrano agire come guidati da un'intelligenza propria che a sua volta risponde a finalità più grandi e complesse. I biologi ricorrono all'espressione "fate map" (mappa del destino) per indicare il meccanismo che presiede lo sviluppo embrionale. David Bohm, fisico, dice che l'esistenza stessa delle singole parti potrebbe essere definita dal tutto. Feynam, avventuroso vero, spiazza tutti e ipotizza: “Poiché gli elettroni sono tutti uguali, non potrebbe esserci uno e un solo elettrone in tutto l'universo, che però va avanti e indietro nel tempo, come un matto e ci crea la fallace impressione che esistano oggetti, mondi, stelle?”. Siamo al Tao. Al Buddismo. Alla realtà visibile come simbolo di cui parlano le tradizioni iniziatiche. All'universo maya, cioè illusione, come recitano le sacre scritture indù.
Interessante, vero? Ma inagibile, se vogliamo un pensiero a una dimensione. Un pensiero certo triste, ma legittimo. Che non si cerchi di imporlo agli altri, però. Quando si chiedono dimostrazioni scientifiche all’astrologia o alla cartomanzia, la mia domanda – estremamente candida eppure regolarmente elusa – è: perché non chiedete prove scientifiche alla psicoanalisi o all’arte? Attenzione: in base alle perizie psichiatriche-criminologiche una persona può uscire dal carcere, avere o no un bambino in affido, essere o no interdetta e via così. Non è poco. E’, forse, troppo. E quando si parla di astrologia, da anni in Italia si chiama a controbattere Margherita Hack, che ovviamente ricorda come nessun raggio verde sia mai stato osservato da Marte in direzione Terra a rendere aggressivi i nati in aprile. Ma per capire come mai una persona soffra di abbandono chiamiamo un neurologo? Per decifrare i misteri del senso estetico ricorriamo a un chimico?
Un’altra considerazione. Sempre in difesa della Dea Ragione. Qualche anno fa, con una delibera dell’Authority (mi fa orrore solo la parola) e il plauso del Codacons (che spero un giorno si ravveda), maghi, astrologi e cartomanti furono relegati negli spazi tv della fascia tardo serale e notturna: dalle 23 alle 7. Una trovata geniale. Presupponendo che questi tipi facciano danno, accalappino gli psicolabili, speculino sulla credulità e approfittino delle condizioni mentali ed emotive disagiate – disagio temporaneo, creato da situazioni particolari, o costante –, non sanno Authority e Codacons che sono proprio quei momenti lì i più a rischio, quelli in cui la disperazione diventa intollerabile, le difese si abbassano, i disagi si acuiscono, il nostro lato ombra, distruttivo confuso autolesionista audace ingenuo viene alla luce, si sostituisce alla luce, e con la sua oscurità ci acceca?
Ho sentito anche dei bollini. Ultima boutade. Gli astrofili (amanti degli astri? Buon per loro) premono da un po’, affinché si metta un bollino rosso sotto ogni trasmissione, persona, chiacchiera pubblica che abbia a che fare, naturalmente in tv, con l’astrologia, e si specifichi che l’astrologia non si basa su alcun elemento scientifico. Sì. Allora però vorrei un bel bollino rosso anche quando si parla di filosofia, religione, amore, amicizia. Noi affezionati della Dea Ragione (non credenti: la nostra divinità non ammette “credi” ma opinioni più o meno forti) ci teniamo. Siamo fatti così. L’incoerenza ci irrita.