LA GEOGRAFIA SACRA
di Sandro Pravisani
Nel passato, il rapporto tra uomo e ambiente era dettato da una visione del mondo molto diversa da quella cui siamo abituati oggi. Soprattutto nelle grandi città è facile perdere il significato della connessione con il territorio, che nonostante la nostra ridotta sensibilità, sta alla base della vita e del progresso della civiltà e dell'individuo.
Nell'antichità l'ambiente fu considerato sacro perché sede delle manifestazioni della vita e pregno di quel soffio vitale che, con un complesso gioco di forze, è capace di donare risorse utili al mantenimento e allo sviluppo di ogni essere vivente.
Questa visione fu condivisa da tutte le culture del mondo che, nell'intento di armonizzare e volgere a proprio favore quelle enormi potenze capaci di dare e togliere la vita, svilupparono una scienza naturale capace di entrare in connessione con le diverse energie che, invisibili, governano l'universo fuori e dentro all'uomo.
Uomini e donne del passato ebbero percezione di tale realtà sottile e si ingegnarono per scoprirne natura e qualità, imparando a interagire con l'eterno movimento di trasformazione di quell'energia vivente.
I Cinesi la chiamarono Qi, i Giapponesi Ki, i Polinesiani Mana, gli Hindù Prana, i Greci Pneuma, gli Inca Sami, Etruschi e Romani Sacer. Tutti posero grande attenzione ai luoghi dove insediarsi e dove svolgere le proprie attività, prediligendo quelli dove era più forte la presenza e la manifestazione di quell'energia che vivifica la materia.
Nel tempo, coloro che coltivarono maggiormente le tecniche di connessione con quella forza riuscirono a codificare rituali e pratiche per acuire la percezione e la manipolazione di essa (FengShui, QiGong, TaiJi, Yoga, Alchimia, etc).
LO SPIRITO DEL LAGO - LA LEGGENDA DEL LAGO DI GIULIANELLO (LT) E IL MULINO DI AMLETO
Pochi giorni fa, una bambina chiedeva a un gruppo di adulti Giulianesi perchè bisognasse studiare la storia. Data la mia passione per la materia mi sono sentito in diritto di rispondere e ho cercato nell'archivio del mio cervello un'immagine ispirante per trasmettere un'idea il più viva possibile.
Le ho detto che gli esseri viventi più simili agli uomini sono gli alberi, poichè stanno in posizione eretta.
Gli alberi sono composti da tre parti (radici, tronco e rami) in stretta relazione tra di loro. Se le radici non vanno in profondità, i rami non si espandono verso l'alto e il tronco non cresce. Studiare la storia permette agli esseri umani di far crescere le proprie radici, di essere più stabili e forti e, di conseguenza, crescere.
Ogni cultura ha adottato fin dall'antichità quest'immagine per comprendere il valore del passato e ovunque nel mondo si è sempre parlato di "radici storiche", anche dove si è smesso di osservare gli alberi che crescono, per mancanza di tempo o di natura viva a vista d'occhio.
Lo studio della storia rischia però di rimanere un sapere astratto, relegato al piano mentale e separato da quello delle percezioni (fisiche, emotive, spirituali); ciò che può riavvicinare questi due mondi, integrandoli, è l'esperienza.
Fin da piccolo, la passione per la geografia e la storia mi hanno spinto a vivere i luoghi, intessendo con essi una sorta di relazione equiparabile a quella che si ha con gli amici, vivificata e insaporita dai ricordi delle esperienze vissute insieme. Ben presto, mi accorsi di come fosse possibile instaurare un vero e proprio dialogo tra il territorio fisico e ciò che amo definire i luoghi dell'anima. Questo dialogo esterno-interno, sta alla base della relazione che ha unito gli esseri umani di tutto il mondo all'ambiente che li ospita e li nutre, fin dalla notte dei tempi, gratuitamente.
Da poco più di un anno vivo a Giulianello, dove con mia moglie Ilaria abbiamo deciso di trasferirci per entrare a diretto contatto con un'antica via di pellegrinaggio che unisce il sud dell'Italia a Roma, la "Via Francigena del sud". Ma già da qualche anno prima avevo iniziato l'esplorazione di questo territorio, attratto da un'antica leggenda che ruota (nel vero senso della parola...) attorno al lago che è diventato il simbolo di questo paese.
La tradizione orale narra di un evento disastroso accaduto in tempi remoti, quando un'enorme "trita" (macina) trainata da cavalli, a causa del suo incessante movimento consumò il suolo su cui poggiava creando una voragine così profonda che tutto il paese attorno vi sprofondò dentro sparendo per sempre.
Dal buco che si creò uscì acqua; così nacque il lago di Giulianello.
Grazie agli studi di ricercatori quali Vladimir Propp, Claude Levi-Strauss, Giorgio de Santillana, etc., siamo oggi in grado di leggere queste fiabe con altri occhi, riuscendo a portare alla luce una serie di informazioni codificate e nascoste all'interno della loro struttura che, incrociate e integrate con risultati di ricerche multidisciplinari (storia, archeologia, astronomia, geologia, etc), permettono una migliore conoscenza del territorio e del suo passato.
Da studioso di cosmologia classica e geografia sacra, riconosco un particolare valore in quelle parole tramandate da chissà quante generazioni. La leggenda della "trita" descrive un luogo che nell'antichità sembra aver svolto un ruolo molto importante nelle relazioni tra individuo, territorio e collettività.
Tutte le culture del passato hanno condiviso una visione del mondo pressochè identica in tutto il pianeta pur differenziandosi nelle forme culturali ed espressive.
La cosmologia antica descrive la realtà composta da tre livelli dei quali noi, esseri umani, occupiamo la fascia centrale, mentre gli altri due mondi (alto e basso) ospitano spiriti e forze celesti e infere. L'architettura religiosa e la simbologia delle civilizzazioni tradizionali sono impregnate di questi concetti esprimendo la costante necessità di mantenere allineati e collegati quei tre mondi per garantire il benessere e l'ordine nel mondo.
L'idea di un pilastro attorno al quale tutta la realtà (manifesta e non manifesta) possa ancorarsi e svolgersi senza il rischio di ritrovarsi come una navicella alla deriva (vedi Dante nel prologo della Divina Commedia) è ovunque impersonata da eroi, sovrani illuminati, templi, alberi, montagne o... laghi. Basti pensare alla dodecapoli estrusca, una confederazione di 12 tribù dislocate in un territorio suddiviso in dodici settori attorno ad un centro sacro sulle rive del lago di Bolsena dove si recavano in occasione delle feste più importanti.
E' possibile che anche nei pressi di Giulianello fosse esistito un luogo con tali caratteristiche?
Alcuni indizi permettono di ipotizzare che questo specchio d'acqua, nel passato, svolgesse un importante ruolo di "centro/pilastro" del territorio circostante. Dalle informazioni che gli archeologi hanno reso pubbliche sin ora, sappiamo che sulla sommità della collina affacciata sulla riva occidentale del lago, sorgeva uno dei centri più importanti del Lazio protostorico (IX/VI secolo a.C.) lungo antichissime vie di comunicazione che univano la valle del Sacco con la pianura pontina.
Il lago di Giulianello quindi si trova al centro di un naturale corridoio utilizzato fin dall'antichità per lo spostamento di persone, animali, merci e cultura. Luogo strategico di incontro e scambio tra popoli, la cui importanza/sacralità riecheggia nei racconti e nelle leggende della zona.
Ma non solo... L'immensa valle/corridoio delimitata a Est dai monti Lepini e a Ovest dai colli Albani, scorrendo da nord a sud, riflette sulla terra l'immagine dell'asse cosmico incentrato sulla stella polare attorno alla quale tutto gira.ùStudiosi come Giorgio de Santillana, Mircea Eliade e René Guenon hanno individuato in molte parti del mondo leggende e tradizioni che utilizzano immagini di enormi macine, mulini e archetti per l'accensione del fuoco per simboleggiare la struttura del'universo e i suoi pilastri che, ritmicamente vengono scardinati e sostituiti da forze sovraumane.
Questi avvenimenti ciclici rappresentano l'effetto di una lentissima oscillazione dell'asse terrestre che determina l'avvicendamento (noto come "precessione degli equinozi") delle dodici costellazioni dello zodiaco all'orizzonte nella direzione in cui sorge il sole la mattina del 21 Marzo (equinozio di primavera). Lo spostamento rende visibile ogni raggruppamento di stelle per un periodo di circa 2160 anni che, nella cosmologia classica, prende il nome di era ed è caratterizzato dal segno zodiacale corrispondente.
Un vero e proprio orologio stellare.
Oggi siamo al termine dell'era dei pesci e stiamo per entrare in quella dell'acquario. Ritroviamo questi cicli cosmici in miti, profezie e leggende di tutto il mondo rappresentati da eventi catastrofici scatenati dalle azioni di dei, giganti, titani, eroi e personaggi tradizionali, puntualmente seguite dall'apparizione di nuovi mondi e civiltà. Forse anche la distruzione della "trita" e lo sprofondamento del paese rimandano ad antiche conoscenze legate al computo del tempo e all'apparente movimento degli astri.
Torniamo a terra ...
Passeggiando tra i boschi che circondano le sue acque, è ancora possibile imbattersi in numerose tracce di frequentazione a testimonianza della stretta relazione che la comunità aveva con il lago fin dal passato. Un luogo in particolare, custodisce un manufatto curioso e altamente evocativo.
Su un'enorme pietra, è stata ricavata una nicchia all'interno di un profondo vano rettangolare sovrastato da un simbolo composto da un cerchio inscritto in un triangolo: probabilmente un luogo dedicato al culto delle acque.
Essendo immersa nella fitta vegetazione, ci si rende conto della sua presenza solo nel momento in cui le si passa di fronte; l'incontro improvviso con questa misteriosa scultura e il forte impatto scenico sono capaci di portare il visitatore, anche se per un solo istante, in una dimensione di sospensione che delicatamente invita ad entrare in contatto con le proprie profondità.
Spesso, vivere una così semplice esperienza circondati dalla natura permette di attivare uno degli strumenti più importanti per apprendere, conoscere lo spazio che ci circonda e comunicare con noi stessi e il mondo circostante, l'ascolto.
Davanti a quell'altare, è ancora possibile percepire lo spirito del lago.