MITHRA, IL SOLE E LA RICERCA DELLA LUCE
di Lucia Gangheri
L’uomo ha sempre considerato il Sole, una tangibile rappresentazione della potenza divina. La venerazione per quest’astro, infatti, è presente in moltissime culture. Appare nei miti è analizzato in alcune filosofie e rappresentato in tantissime opere artistiche. Il Sole, simbolo di verità, fonte di saggezza e di compassione, considerato sorgente di vita e di fecondità, era invocato nelle feste agricole e nei riti di fecondità per l’abbondanza e la crescita delle messi.
La sua forma e il suo movimento sembrano aver ispirato moltissimo la creatività umana: l’invenzione della ruota (fig.1), alcuni motivi architettonici a spirale (fig.2), l’aureola che ritroviamo intorno al capo di Cristo e dei Santi (fig.3), e raffigurazioni di carri solari. (fig.4)
Tra le figure mitiche solari ricordiamo: Mitra, Attis, Dioniso, Gesù, Ra. Tra queste, ho scelto Mitra, proponendo una lettura che tenga conto della mitologia e dell’astrologia attraverso l’arte. Mi sono fondamentalmente ispirata alle ipotesi proposte dallo studioso inglese David Ulansey, che espose la sua tesi nel settembre del 1990 a Roma nel Quarto Congresso Internazionale di Studi Mitriaci (fig.5).
L’origine di questo mito è antichissima. Svariate sono le notizie sulla sua nascita: si dice che sia avvenuta in Anatolia o in quella parte asiatica chiamata oggi Iran. Era una divinità già conosciuta presso gli Ittiti e nel Regno hurrita dei Mitanni ed è nominato tra i cinque dei indo-iranici. Nella civiltà persiana, Mithra è la più grande divinità nella religione di Zoroastro. Avvolto da un alone di mistero, questa divinità dall'I°sec.a.c. si diffuse in occidente, attraverso la Siria, giungendo poi nella seconda metà del I secolo a Roma e a Ostia, per poi espandersi in tutto l’impero romano. Dall’Egitto alla Mesopotamia, dalla Spagna all’Inghilterra () diverse sono le testimonianze letterarie e antropologiche trovate su questa divinità. Secondo il mito greco, Mithra è nato dopo la lotta tra Zeus e i giganti. Qui, egli è rappresentato (fig.6) come un giovane o un bambino che nasce dalla pietra, portando in una mano una torcia accesa, simbolo della sua natura luminosa e nell’altra, un coltello per il sacrificio rituale. La raffigurazione di questo mito si basa su due importanti momenti visivi: primo, la lotta tra Mithra e il toro; secondo, la sua morte. Tutta la scena è chiamata tauroctonia. La composizione, vista in chiave simbolica, rappresenta la quotidiana manifestazione del mistero della luce solare che sconfigge le tenebre.
A un primo livello di lettura, la scena della tauroctonia, come si può vedere in questo bassorilievo (fig.7) si presenta ai nostri occhi così: Mithra è posto sulla groppa del toro e sta ricevendo dal corvo l’ordine da parte di Sole (fig.8), di uccidere l’animale.
Il dio lo afferra per le narici (fig.9) e, con la mano sinistra, lo tira per pugnalarlo nella carotide. Il dio, intanto, volge il suo sguardo verso l’alto al Sole e sul suo volto traspare un’espressione di dolore, poiché non vuole vedere soffrire l’animale.
Dalla coda del toro nasce una spiga (fig.10) simbolo di vita e di continuità con la morte, intanto, sull’animale morente, si avventa il cane e il serpente per berne il suo sangue (fig.11), lo Scorpione (fig.12), invece gli afferra i genitali.
Nella parte superiore della scena, a sinistra del dio, c’è il Sole (fig.13), e alla sua destra la Luna (fig.14), che ha lo sguardo rivolto altrove, per non vedere l’animale morire.
Negli ultimi anni, molte sono state le ipotesi avanzate su questa complessa figura, sul suo culto e sul suo significato astronomico. Tra gli anni settanta e novanta, sono stati realizzati vari convegni. Prima degli anni settanta, primeggiavano le ipotesi espresse dal belga F. Cumont. Le conclusioni presentate dallo studioso sulla tauroctonia mitriaca, proponevano la raffigurazione di un mito iranico, poi, proseguito nella figura del Mithra romano. Egli, inoltre pubblicò due volumi in cui dimostrava, attraverso una ricca documentazione, la sua tesi (). Sempre alla fine dell’ottocento, un altro studioso, il tedesco K. S. Stark, propose un’altra lettura, che ovviamente non fu accettata né da Cumont e nemmeno dai suoi sostenitori, ma che invece aprì la strada alle attuali interpretazioni di carattere astronomico. Lo studioso tedesco ipotizzò che la tauroctonia mitriaca era una mappa stellare, dove erano rappresentate stelle e costellazioni (). Nel 1973 lo studioso canadese Roger Beck nel Convegno promosso dall’Associazione Filologica Americana, propose l’interpretazione in chiave astronomica di Stark (). Egli aveva notato che, lungo la metà dell’ellittica che divide le stelle di Aldebaran e Antares, c’è una fascia di costellazioni con gli stessi animali individuati nella scena del sacrificio. Infatti, si vede: il toro - Taurus; il cane - Canis Minor; il serpente – Hydra; il corvo – Corvus; lo scorpione – Scorpio e la spiga di grano – Stella Spica. Nella stessa fascia di costellazioni ci sono anche Leo e Crater che richiamano il leone e la coppa che si ritrova spesso su alcuni rilievi. In seguito, anche altri studiosi condivisero l’ipotesi che la tauroctonia fosse una mappa stellare in cui erano rappresentate le costellazioni di cui sopra. Ancora un altro studioso Michael Speidel, sosteneva che, le costellazioni, presenti nella tauroctonia, fossero poste sull’equatore celeste, dal Toro allo Scorpione e, che Mithra avrebbe addirittura rappresentato la costellazione di Orione () (fig.15).
Infatti, osservando i simboli presenti nella tauroctonia, notiamo la divinità raffigurata con i tipici attributi del giovane eroe: indossa la tunica corta con il mantello agitato dal vento, porta la daga corta, ed ha il berretto frigio, tipico copricapo di origine orientale e lo vediamo nell’atto di uccidere il toro. Confrontando l’immagine del dio con quella di Perseo, si può notare che, entrambe, hanno in comune gli stessi elementi. Inoltre, osserviamo che la costellazione di Perseo è posta proprio su quella del toro così, come Mithra appare raffigurato sopra il Toro nella tauroctonia (). Ulansey , a tal proposito, ci dice:” la maggioranza delle mappe stellari sia antiche che moderne ,ritraggono Perseo in modo tale che l’equatore Toro-equinoziale passi al di sotto di Perseo; ad esempio questa immagine( fig.16) mostra la costellazione di Perseo così come lo abbiamo individuato in questa figura (fig.17).
Tuttavia, c’è una prova concreta che, nel mondo greco-romano, si riteneva che Perseo si estendesse verso sud fino all’ammasso stellare delle Pleiadi, situato nella spalla del Toro, nel cui caso l’equatore Toro-equinozionale chiaramente lo attraverserebbe" () lo studioso aggiunge “la prova a cui mi riferisco è contenuta nei Phaenomena di Arato, che, attenendosi alla mappa stellare stabilita dal suo predecessore Eudossso, un contemporaneo di Platone, ( ) afferma che le Pleiadi sono situate vicino al ginocchio sinistro di Perseo ( Phaenomena, 254) . In tal caso, la gamba di Perseo dovrebbe abbassarsi proprio sul Toro, un fatto che casualmente, rafforza la similitudine visiva tra Perseo e Mithra. Infatti, la posizione delle Pleiadi nel Toro coincide con il punto in cui, nella tauroctonia mitriaca, il pugnale di Mihtra affonda nella spalla del Toro”. Questo mito segna nel calendario romano, il grande trionfo del dio della luce che uccide il toro-luna, e che corrisponde all’alba del 16° giorno di ogni mese, quando la luna-toro tramontando con il sorgere del sole è ucciso dal dio Mithra (). Il dio, sacrificando il toro, consente il movimento delle stelle, dei pianeti, la vittoria della luce sulla notte e, con il suo gesto, evidenzia l’origine dell’universo. Nell’iconografia, inoltre, sono presenti due figure maschili che portano la fiaccola, indossano abiti corti e berretto frigio come Mithra; essi sono Cautes e Cautopates.
Cautes (fig.18 ) porta la fiaccola rivolta verso l’alto e rappresenta l’equinozio di primavera, quando il sole è sopra l’equatore, ed è collegato alla costellazione del toro, e quindi al risveglio della natura. Nella tauroctonia, corrisponde al toro morente.
Cautopates (fig.19) invece, con la fiaccola puntata in basso, rappresenta la costellazione dello scorpione e indica il momento in cui il sole va sotto l’equatore segnando, così ,l’ingresso dell’autunno; nella scena, corrisponde allo scorpione che sta sotto il toro ().
Altri elementi, che si ritrovano nella raffigurazione tauroctona, sono due alberi di cui, uno con i frutti che indica l’autunno e l’altro, con le foglie, che rappresenta la primavera. Nella scena dell’uccisione, troviamo presenti tutti i segni che rappresentano le costellazioni che si trovano sull’equatore celeste, quando l’equinozio di primavera è esattamente nel toro; ciò ha spinto gli studiosi a pensare che, nel sistema religioso mitriaco si fosse a conoscenza della posizione dell’equatore celeste molto prima ancora delle posteriori conquiste scientifiche. L’aspetto astronomico e religioso della tauroctonia è collegato all’importante scoperta della precessione degli equinozi, che ebbe luogo nella città di Tarso, in cui risiedeva un’interessante scuola da dove si diffuse lo stoicismo. Questa filosofia praticava una religione astrale, che vedeva nelle stelle un potere divino per cui il cosmo era considerato un essere vivente dotato di coscienza e d'intelligenza, così come affermava Zenone, Cleante e Crisippo, i tre più rilevanti filosofi dello stoicismo. Essi furono particolarmente legati alla scoperta di Ipparco che, rivoluzionò la visione dei misteri mitriaci. Questa scoperta diede una visione dell’universo completamente nuova e sconvolgente. S'incominciò a credere che ci fosse una potenza divina, tanto imponente, da far muovere l’asse polare per consentire lo spostamento della precessione. Sono diverse le ipotesi su questo importante argomento espresse dagli studiosi. A David Ulansey, va dato il merito di aver intuito e compreso che la precessione degli equinozi, la più grande scoperta astrologica dell’antichità, sia stata la base su cui è nato il mito di Mithra. Lo studioso inglese a tal riguardo ci dice “la scoperta di Ipparco ha chiarito che prima del periodo greco-romano , durante il quale l’equinozio di primavera cadeva in ariete, l’ultima costellazione in cui l’equinozio di primavera cadeva era quella del Toro. Così sarebbe difficile immaginare per la precessione un simbolo più appropriato del simbolo della morte di un toro, che rappresenta la morte della precedente Età del Toro, causata dalla precessione. E, in tale situazione la posizione fortuita della costellazione di Perseo direttamente sopra il Toro avrebbe quindi suggerito l’immagine di Perseo come responsabile della morte del toro. L’eroe che uccide il toro simboleggerebbe la forza cosmica, che, muovendo l’intera struttura del cosmo in modo da spostare l’equinozio di primavera dalla costellazione del Toro all’attuale posizione dell’Ariete, distrusse, in tempi antichi, il potere del toro. Così sarebbe sorto il nucleo della tauroctonia. Ma, siccome la precessione sposta non solo gli equinozi, ma anche l’equatore celeste, le costellazioni equatoriali dell’età del Toro ( ma solo quelle che si trovano al di sotto della costellazione di Perseo, in omaggio alla sua sovranità) sarebbero state incorporate nell’iconografia ,dandoci così la tauroctonia completa.” () Tutto questo ci fa comprendere quanto profondo, importante e sacro fosse, nella vita dell’uomo antico, il legame con il cielo; lo stesso studio degli astri e dei fenomeni celesti non prescindeva dall’esistenza quotidiana. Su queste premesse fondamentali e su intuizione personale, Ulansey affermava che il culto di Mithra fosse di natura religiosa e collegata ai fenomeni celesti. Infatti, egli ha osservato che l’iconografia principale del culto mitriaco, sia nelle raffigurazioni scultorie, sia in quelle pittoriche, gira intorno ad un unico “ evento”: Mitrhra che uccide il toro usando la daga corta. Lo studioso inglese, pur condividendo la tesi dei suoi autorevoli colleghi, aggiunge che la tauroctonia, oltre ad essere una mappa stellare, presenta altri interessanti elementi che mettono in relazione Mithra con Perseo. Questi sono: la caverna, luogo, dove è nato Perseo; e la caverna è anche l’ipogeo sotterraneo, in cui si svolgevano i misteri mitriaci. Hanno in comune la daga corta e, infine, entrambe le figure sono storicamente e geograficamente collegate alla Cilicia, regione in cui si sviluppò un importante culto dedicato a Perseo () e dove, a suo parere, risiedono le origini del mitraismo. Infatti, lui stesso, ci dice ancora ” possiamo supporre che gli stoici di Tarso abbaino scelto come il dio della loro città, che aveva associazioni astronomiche in virtù del fatto che era già una costellazione, per rappresentare la nuova deità cosmica, la cui esistenza era stata rilevata dalla scoperta di Ipparco. Ed è conseguente che l’identificazione tra Perseo e il nuovo dio della precessione fosse agevolata dalla fortunata coincidenza che la precessione poteva essere simboleggiata in modo appropriato dalla morte di un toro, dal momento che la costellazione di Perseo si trovava fortuitamente sopra il Toro” (). Inoltre, sempre Ulansey osserva che, in diverse rappresentazioni del toro morente, ci sono più di una spiga di grano che fuoriescono dalla ferita sanguinante, o sono all’estremità della coda, e questo è per lo storico inglese, la conferma che ci troviamo dinanzi una scena che parla del risveglio della vegetazione e della natura umana. Egli, ancora, ha osservato che, contemporaneamente alla diffusione delle dottrine astronomiche, si diffondeva un nuovo concetto religioso che vedeva il proseguimento della vita dopo la morte, dove l’anima ascendeva, attraverso i corpi celesti, per poi ritornare alla sua casa di origine: le stelle (). Secondo Origene, Celso e Plutarco, tali dottrine erano collegate ai misteri mitriaci. In particolare, Origene, citando Celso, spiega il passaggio che l’anima compierebbe attraverso due orbite nel cielo: una è quella delle stelle fisse e l’altra quella dei pianeti, poi essa giunge a una scala a pioli con sette cancelli alla cui cima c’è un ultimo cancello (). La descrizione della scala con le sette porte di cui parla Origene è messa in relazione con i sette livelli d’iniziazione dove, il più evidente esempio artistico, lo troviamo nella famosa pavimentazione a mosaico del mitreo di Felicissimo a Ostia. () ( fig.20)
Immaginiamo di entrare nel mitreo: la prima cosa che notiamo è la pavimentazione in mosaico in tarsie di marmo dal fondo bianco, su cui spiccano gli elementi che costituiscono la rappresentazione della scala con le sette porte, o livelli. La scala nera è divisa in sette pioli o riquadri, più l’ottava porta, dove c’è l’iscrizione del devoto donatore, Felicissimo.
Prima di attraversare, metaforicamente parlando, la scala, vediamo (fig.21) in alto a destra una forma circolare che è stata interpretata dagli studiosi come un albero stilizzato, ma può alludere, secondo molte tradizioni, anche al concetto del movimento cosmico e al ciclo della trasmutazione delle anime. Sempre nello stesso spazio, c’è un altro elemento: il cratere con due manici, che simboleggia la matrice primordiale contenente il germe e il seme della vita, () un evidente richiamo ad un altare su cui si celebrava la sacralità del fuoco. Sotto il primo piolo vediamo due berretti frigi con sopra una stella, evidente richiamo ai due tedofori, i portatori di fiaccole Cautes e Cautopates. ()
Entriamo nel 1° riquadro: il Corvo (fig.22), vediamo appunto l’uccello che rappresenta la prima fase d’iniziazione dell’adepto; simbolo di questo livello è la coppa. Gli iniziati la offrivano, durante il banchetto rituale, e servivano i commensali indossando una maschera da corvo, quale segno di umiltà e di consapevole ignoranza, di devota disciplina, di rispetto per il segreto e di annullamento del proprio orgoglio personale; il pianeta corrispondente è Mercurio, messaggero degli dei, con il caduceo, come possiamo vedere dal suo simbolo. Nel 2° riquadro: Nymphus, (fig.23) s’intravede sulla destra una crisalide che simboleggia il processo di metamorfosi dell’iniziato che, da uno stato d’istinto e di attaccamento alle pulsioni terrene e basse, incomincia a prepararsi, per spiccare il volo e passare alla fase successiva. Vediamo ancora una lampada e, sopra di questa, un diadema o corona con cui si cingeva la testa dell’iniziato; la dea collegata è Venere, espressione dell’amore e del raggiungimento dell’elevazione spirituale.
Nel 3° riquadro, (fig.24) Milites, ci sono gli attrezzi del milite, o soldato di luce, si vede: l’elmo, la lancia, la bisaccia; la divinità planetaria collegata è Marte, dio della guerra, ed è in relazione con il segno zodiacale dello scorpione.
Nel 4° riquadro, (fig.25) il grado del Leone o Processo di crescita; il dio protettore è Giove. A destra vediamo il suo simbolo di luce e di potenza: i fulmini; a sinistra c’è l’attizzatoio, elemento del fuoco e poi, al centro, un sistro, strumento della dea egizia Iside.()
Nel 5° riquadro (fig.26)Perses, l’affiliato persiano e la discesa agli inferi. Elementi presenti sono la falce lunare che ci dice che, a protezione del 5° passaggio, c’è la dea Luna; sotto di essa, c’è la stella della sera (Espero), poi, ancora sotto, la falce e, a sinistra, c’è l’acinace, la spada corta dei persiani.
Nel 6° livello (fig.27), Heliodromos o corriere del Sole; dio tutelare è appunto il Sole; i simboli sono: la corona a sette raggi collegati al valore mistico che ritroviamo in diverse tradizioni iniziatiche, la torcia rivolta in alto che rappresenta l’ascesa al cielo, e la sferza con cui il dio conduce il carro.
Nel 7° grado, (fig.28), Pater, il cui dio tutelare è Saturno; i suoi simboli sono: la falce di saturno, lo scettro del mago, la coppa per la bevanda del sacrificio e il berretto frigio. Il pater è il grado più elevato, egli ha l’autorità sacerdotale per guidare gli adepti, per officiare le liturgie e seguire gli stessi affiliati.
Infine, nell’ottavo riquadro (fig.29), padroneggia il nome del devoto, e un grande cratere con alcuni rami utilizzati nel culto persiano. Tutta l’immagine ci dice dell’ascesa che l’anima compirebbe dopo la morte in quella parte del cielo dove ci sono le stelle fisse. Nella religione mitriaca sono osservati i segni del cielo, i momenti astrologicamente più propizi per intraprendere i rituali d'iniziazione, ed è probabile che queste avvenissero di sabato, giorno di saturno, quando, all’alba, la costellazione del toro scompariva dal cielo, per lasciare il posto ad altre costellazioni, le quali poi erano interpretate come segno di vittoria spirituale. La scena della tauroctonia, vista in chiave, astrologica e simbolica ci illustra quindi la quotidiana manifestazione del “mistero” solare, in cui il dio trionfa dinanzi alle tenebre. ()
In varie raffigurazioni mitriache, si può notare che, ai lati dell’uccisione del toro, compare, da un lato, il Sole che guida il suo carro verso il cielo, mentre, dall’altro, c’è la luna che conduce il suo carro verso il tramonto. (fig.30)
Altro interessante mitreo, in cui possiamo ulteriormente apprezzare e comprendere la tauoroctonia, è quello di Capua, che si trova a S. M . di Capua Vetere in provincia di Caserta, in Campania. Il suo ritrovamento, risale al 1922 e avvenne, fortunosamente, durante uno scavo per costruire un edificio. Questo mitreo, considerato uno tra i più belli del mondo romano, è collocato nell’antico Capitolium, il vecchio foro di Capua, poco distante dall’anfiteatro romano. Esso è considerato uno tra i mitrei più importanti d’Europa, non solo dal punto di vista storico-architettonico, ma anche per i raffinati dipinti parietali e per la ricchezza dei simboli raffigurati, indispensabili per comprendere lo svolgimento dei rituali. Inoltre, la grandezza del tempio e la sua posizione ci fanno capire che il culto, oltre ad essere molto diffuso a Capua, aveva anche un' importante valenza religiosa. (fig.31)
Il mitreo ha un ampio portico semisotterraneo, che funge da ambiente coperto, per accedere nel santuario.(fig.32)
Scendendo, scorgiamo una stanza con una pavimentazione in coccio e inserti di marmo; il soffitto si dispiega con una volta a botte ed ha lucernai per far passare la luce del sole.(fig.33)
Esso si poggia su un vano lungo 12 mt. circa x 3mt. di larghezza; in fondo al vano e lungo le pareti, possiamo ammirare alcuni dipinti eseguiti con la tecnica dell’affresco, dedicati al culto della divinità. Ai lati lunghi del perimetro, ci sono sedili in muratura e piani di appoggio inclinati verso la parete; poi ci sono piccole vasche e pozzetti. Qui sedevano gli adepti per celebrare le funzioni. Alle pareti sono rappresentati vari riti d'iniziazione cui erano sottoposti i futuri praticanti, compreso il cruento battesimo nel sangue del toro sacrificato; al soffitto è dipinta una bella volta celeste piena di luminose stelle e, in fondo sulla parete, sopra l’altare, risalta lo splendido affresco che rappresenta Mithra che uccide il toro bianco( fig.34).
Osserviamo più da vicino lo svolgimento di tutta la scena: l’azione avviene davanti ad una grotta, su uno sfondo di un bel cielo chiaro; ai lati della grotta, ci sono due figure: il sole a sinistra e la luna a destra. Al centro, davanti all’ingresso della grotta, c’è il dio che sta comprimendo un ginocchio sulla groppa del toro; l’altra gamba è distesa indietro, per avere una maggiore stabilità, e il piede è puntato a terra. Al lato destro della gamba tesa, corrisponde il braccio destro che sta affondando la spada corta nella gola dell’animale. Il braccio sinistro tira il collo del toro, incurvandolo indietro e per bloccarlo; l’animale è dipinto di bianco; sul muso è accennata un'espressione di dolore; ha le gambe piegate. Mitra è dipinto con sembianze di un giovane e indossa una raffinata tunica corta in stile orientale, di colore rosso e bordato in verde e oro; sotto, porta aderenti pantaloni decorati, che mostrano la muscolatura del dio. Il capo è coperto dal tipico cappello frigio di colore rosso ed è bordato verde e oro, da sotto il berretto fuoriescono disordinate ciocche di capelli che ne incorniciano il volto. Il dio è rappresentato frontalmente e indossa anche un mantello che esternamente è di colore rosso con bordature in verde e oro, all’interno invece è celeste, con sette stelline dorate, i pianeti e i giorni della settimana, ed è rigonfio, quasi a formare una sfera, con palese richiamo alla volta celeste. Dalla ferita del toro fuoriesce del sangue leccato da un cane; uno scorpione gli punge i testicoli e un insidioso serpente striscia sotto il suo ventre, ai suoi piedi, per berne il sangue. Ai lati dell’uccisione, ci sono due personaggi: i due dadophoroi, Cautes e Cautopates, anch’essi indossano abiti frigi e portano arco e frecce. Sul lato sinistro, in basso, vediamo un volto barbuto: è Oceano; al lato opposto, c’è la Terra ,ha capelli verdi, per ricordarci la ricchezza della natura. In alto ai lati del dio, c’è il sole con il mantello rosso e porta una corona raggiata; un raggio solare parte per andare verso Mithra, lungo il quale vola un corvo nero. ”Il corvo è il messaggero della volontà divina, la manifestazione visibile del sacro sul piano terreno, il tramite fra il Sol e Mithra, che è quindi , a sua volta, un'intelligenza spirituale che si colloca fra il trascendente e l’umano”.( ) La Luna, dall’altro lato, ha una falce sul capo, capelli lunghi e scuri.
Alla parete opposta è stata dipinta una biga (fig.35) con sopra la luna che indossa una lunga veste agitata dal vento e tiene per le redini due cavalli: uno bianco e uno scuro. Subito dopo l’ingresso della sala, lungo le pareti laterali, è raffigurato una scena con i due dadofhoroi vestiti con abiti frigi, essi stanno portando le fiaccole e i ramoscelli sacri dei sacerdoti persiani. Lungo le facciate dei podi, si possono scorgere alcuni affreschi che illustrano l’iniziazione di un adepto, che spogliato di ogni abito, è accompagnato da due sacerdoti durante il percorso rituale.
Questi sono: il pater che ha il berretto e il mantello rosso e il mistagogo in tunica bianca.
In questo particolare (fig.35), vediamo il mistagogo sulla destra, al centro, l’adepto in ginocchio con le braccia incrociate al petto ed è bendato; un po’ più distante, c’è il pater che, con una mano, porge qualcosa all’adepto, nell’altra mano tiene il bastone del mago.
Infine, su di un’altra parete, c’è un marmo dal colore rosso, dove sono rappresentati, in bassorilievo, Eros e Psiche. (fig36)
Eros, nudo ha in una mano la fiaccola accesa alzata, con l’altra, sta afferrando per il braccio Psiche, quasi a volerla portare in qualche luogo. Psiche, indossa una lunga veste sottile di velo, di cui la parte superiore, appare un po’ cascante su di una spalla e lascia intravedere un po’ di seno, nella parte inferiore, invece la mano destra allontano con un gesto delicato e un po’ vezzoso la veste dalle gambe, ne fa intravedere le tornite forme. Ricordiamo inoltre che in tante altre rappresentazioni, sia pittoriche sia in bassorilievo, sopra la scena, compare un arco di trionfo o un semicerchio. (fig.37)
Qui possiamo scorgere i simboli dello zodiaco, evidente allusione alla nascita del cielo e ai pianeti che incominciarono a percorrere le loro orbite quando il dio sacrificò il toro. In questo tipo di scena, generalmente, c’è l’ariete che si trova all’estrema sinistra, corrispondente all’equinozio di primavera e che per i devoti del dio segna l’inizio dell’anno; i pesci sono posti al lato estremo opposto. Invece, nel punto più alto dello zodiaco, ci sono la Vergine e la Bilancia, che corrispondono alla fine del mese di settembre, l’inizio della seconda metà dell’anno, e infatti, il berretto frigio del dio,punta verso la parte più alta dello zodiaco: l’equinozio di primavera. In altre rappresentazioni, i segni zodiacali sono distribuiti in cerchio intorno alla scena del sacrificio e le disposizioni sono così ripartite: i segni collegati al solstizio d’estate si trovano nella parte più alta, in quella bassa, invece, ci sono i segni collegati al solstizio d’inverno; l’equinozio di primavera, con il segno dell’ariete, si trova a destra; a sinistra, in senso antiorario, l’equinozio d’autunno con il segno della bilancia.
Altro elemento che risalta agli occhi è la forma del Toro. (fig.38) Sia nei dipinti parietali, sia nella statuaria, o nei rilievi, l’animale è tirato su per le narici. La sua forma incurvata ci richiama la falce lunare; è di colore bianco e chiara è l’allusione alla Luna. La lotta, che inneggia Mitra con il toro, è la lotta tra la luce e il sole; il sacrificio del toro rappresenta simbolicamente la morte rituale che l’uomo compie durante il suo percorso spirituale. Qui, per trasformarsi, deve abbandonare la parte vecchia di se stesso, simbolicamente morire, per avanzare lungo la strada della realizzazione personale. La scena della tauroctonia, ci ricorda la ciclicità del tempo e della natura in cui l’uomo è parte attiva. Nei misteri mitriaci, l’iniziato corrisponde alla figura del toro, che deve imparare a governare i propri istinti e le proprie pulsioni interiori. Così, uccidendo il toro, si fa morire metaforicamente la natura istintiva e passionale dell’iniziato. Dalla coda o dal sangue della ferita del toro morente nasce la spiga di grano, elemento di trasformazione, che simboleggia la nuova vita, la nuova nascita, ma che è minacciata dalla presenza del serpente, del cane e dello scorpione. Il serpente, nell’iconografia, è collegato all’aspetto lunare, alla sua ciclicità e alla terra, inoltre incarna le anime dei morti, rappresentando così gli antenati; nei dipinti e nei bassorilievi mitriaci esso rappresenta l’aspetto basso dell’uomo, il demonio nelle tradizioni religiose e l’inconscio dell’individuo, in chiave psicologica. Anche il cane rappresenta forme basse di natura interiore da cui l’uomo deve difendersi e così pure lo scorpione che, nell’attaccarsi ai testicoli del toro, esprime l’attaccamento alla materialità e alle passioni sessuali: tutta la scena può essere così letta come un avvertimento per il neofito sugli insidiosi pericoli che troverà lungo la strada della realizzazione spirituale. Essermi addentrata in questo misterioso culto dalle articolate implicazioni spirituali, culturali e storiche, mi ha portato a fare molte considerazioni; la prima fra tutte è che ci troviamo di fronte ad un culto maschile, in cui l’addestramento è il modo per superare i vari passaggi iniziatici, al fine di raggiungere una crescita evolutiva personale. In seguito, questa divenne la religione dei soldati romani, dei legionari, impostata su una stretta gerarchia di ruoli. Proprio per il favore dei militari, si diffuse in maniera straordinaria ovunque nell’Impero, tanto da minacciare alle fondamenta la supremazia dello stesso cristianesimo: non c’era città o castrum che non avesse il suo mitreo. L’argomento di vastissima portata è molto articolato, non del tutto risolto, e ancora tanti sono i pareri divergenti tra le varie interpretazioni. Lo studio dell’inglese Ulansey è quello che è più convincente, poiché vi si collega la nascita di questo culto al fenomeno della precessione, la cui spiegazione, a suo tempo, poteva essere interpretata solo come volontà divina. Proprio per la vastità dell’argomento, ho voluto porre l’attenzione solo sulla relazione tra l’ìconografia mitriaca e la scoperta di Ipparco. Attraverso l’analisi visiva della tauroctonia, ho cercato di illustrare le correlazioni individuate dai vari studiosi che si sono appassionati e si sono dedicati a trovare adeguate risposte su di un mistero che perdura da tantissimi secoli.
Inno al Sole
SALVE A TE O SOLE
CHE’ DA OGNI DI' TI, ATTENDO.
IL TUO PRIMO RAGGIO
MI ILLUMINA LA VESTE
TU UNICA ENERGIA E POTENZA
TU CHE RISCALDI E PORTI LUCE ALLA MIA MADRE TERRA
SALVE
Anna D’Errico-Gangheri
Bibliografia:
- Mithra: il mito della forza invincibile di Ruggiero Iorio Ed. Tascabili Marsilio Secreta
- I misteri del Sole di Stefano Arcella Ed. Contro Corrente
- Mithra : il Signore delle grotte di Reinholdm Merkelback Ed. ECIG
Da internet:
- Precessione degli Equinozi: implicazioni astronomiche e climatiche di Giuseppe Veneziano
- Osservatorio Astronomico di Genova
- La scoperta della precessione degli equinozi può aver dato origine al culto di Mithra di Francesco Lamendola Fonte : Arianna Editrice
- Il Mitreo di Capua antica di Salvatore Masucci