TURTLE HEART
di Jim Lewis
Care e cari partecipanti, Turtle Heart preferisce l’azione e i riti. Non abbiamo un suo scritto per gli Atti, perciò abbiamo raccolto quello che ha lasciato nella rete web.
Abbiamo, infine, aggiunto un interessante articolo sull’Astronomia degli Indiani americani. Turtle Heart ha scritto il libro “La piuma dell’Aquila”, Venexia edizioni 2010.
Turtle Heart è un indiano americano appartenente alla tribù degli Ojibwe, conosciuti in Italia con il nome di Chippewa e Ahnishinabe, nato in Georgia nel 1949. Dopo aver svolto varie professioni nel settore medico, si è arruolato nell'esercito ed è partito in missione per il Vietnam, un'esperienza che lo ha portato a una profonda riflessione sull'umanità riconducendolo alla sua tribù d'origine, dove ha ricevuto dagli anziani l'istruzione e la pratica sui misteri e la religione indiani. Sacerdote della Pipa Sacra e custode dei sacri bundle, è stato eletto portavoce internazionale per la divulgazione dei riti cerimoniali tribali. Ha collaborato con docenti di diverse università americane e dal 2003 vive in Italia, nell'isola di Pantelleria, dove ha aperto un laboratorio artistico in cui scolpisce il legno e la pietra lavica, e dipinge sulle pendici del vulcano.
Strumenti e opere di Turtle heart
IL MESSAGGIO
Sono nato nella famiglia degli Ahnishinabeg, discendendo dalla linea di sangue di mio padre da cui ho ereditato tutte le sue tradizioni mentre attraverso la discendenza di mia madre ho invece avuto del sangue Gallese e Catawba.
Sono una persona molto indipendente. Innanzitutto il mio credo è quello di lavorare per un futuro legato all'antico e per questa madre terra la quale ha saputo dare a tutta la gente
tribale le loro originali istruzioni.
Accettando la responsabilità di capire chi furono i miei avi , mi sono posto quindi sotto la direzione dei membri della mia famiglia tribale. Non tutti mi hanno amato per avere effettuato questa scelta ma tuttavia dovunque abbia vissuto o sia passato ho sempre raccolto amore, supporto e guide.
Ho ricevuto alcun compenso personale per questo lavoro. Tutto il denaro raccolto è riservata e utilizzati per le spese di funzionamento del giro del mondo. Una varietà di spese sono coinvolti in un grande progetto internazionale. Questa è la realtà pratica di un tale progetto.
Ho ricevuto insegnamenti da più di quaranta anziani della tribù nel corso di un periodo di 30 anni. E' stato quando ero un ragazzo che mi è stata consegnata la Sacra Pipa. Dal momento in cui ho iniziato a viaggiare con la Sacra Pipa mi è stata anche affidata un'educazione di cui faccio tesoro e che spero di riuscire a poter condividere con altri. Io ed i miei maestri abbiamo deciso che potrei a modo mio condividere ciò che abbiamo imparato insieme.
Il cerimoniale del mio lavoro non proviene da programmi politici, governativi o etnici e neppure da alcuna autorità. Questo insieme di idee ed oggetti sacri, che sono gli strumenti del mio lavoro, fu creato dagli antenati uomini e dai loro figli maschi e si accorda con i diritti di libertà .Sperano che quanto fanno sia giusto e di questo se ne assumono la loro propria responsabilità.
Seguendo le tradizioni storiche e spirituali ed i rapporti con la cultura Ahnishinabe del Nord Woodlands, ho iniziato una lunga ricerca con la visione di procedere a portare la Pipa Sacra per tutta la circonferenza della madre terra. Molti dei nostri più antichi maestri sacri fecero questa scelta e ritornarono dopo tantissimo tempo e con tantissime esperienze che poterono arricchire la vita di tutta la gente Ahnishinab. Io sono un figlio di quest’antica famiglia.
Non faccio parte di nessun’altra alleanza o di nessuna altra organizzazione o governo tribale. Tramite il lavoro, tutto è spirituale, tradizionale e con i diritti elargiti alla nascita dai miei anziani. Non esistono autorità tribali che possano o dovrebbero dire chi può essere un bambino degli Ahnishinabe. Io non accetto o percepisco alcun denaro o servizi da qualsiasi tribù o da qualsiasi governo.
È stata mia opinione che l'insieme dello stress e dei problemi di quasi tutte le religioni tribali , cultura, lingua e rituali ha creato della confusione, del dolore e della rabbia. Ci sono inoltre un sacco di confusione e di cattiva informazione che entrano ed escono dalla moderna società . A volte sento che le popolazioni tribali stanno annegando in un oceano di cattive informazioni, cacciati dagli squali delle buone intenzioni intellettuali o stanno morendo di fame in un deserto d’indifferenza sociale.
Credo che la Sacra Pipa, insieme alle molte istruzioni originali stanno galleggiando in un mare di fango, in un'acqua torbida e con un cielo grigio. La lunga vita condivisa con i miei Maestri, ci ha portati a credere che una potente cerimonia fatta da un solo uomo potrebbe riuscire a portare nuove informazioni ed aprire nuove e necessarie possibilità a tutti. Dico tutti.
Come custode e protettore della Sacra Pipa four direction unity bundle ho la responsabilità di poter utilizzare il cerimoniale che contiene le istruzioni per rispondere al mondo ed al viaggio all'interno di me stesso, con tutti i miei rapporti. Ho tale diritto assoluto e senza dubbi.
Io sono un volontario che ha accettato questa responsabilità 25 anni fa attraverso la mia tribù . faccia a faccia, respiro contro respiro e con gli occhi ben aperti. Noi crediamo che questa sia una cerimonia creata e sostenuta dagli insegnamenti originali e dai diritti della visione personale, che è il diritto di tutte le persone che detengono gli oggetti sacri tribali e che si pongono prima dei volti vivi degli anziani della tribù.
Ritenevo di essere un buon candidato per questo lavoro e questo è il perché decisi di intraprendere lunghi viaggi per tutti gli Stati Uniti alla ricerca di anziani delle tribù e dei loro insegnamenti. La mia formazione mi ha portato a molte comunità tribali ma possiedo nello stesso tempo anche una ben fondata istruzione nella società moderna. Sotto la guida dei miei insegnanti ho studiato parecchie religioni del mondo così come pure la sua storia, la medicina, l'arte e molta della sua miglior letteratura. Io mi sono creato questo cammino educativo, sono uscito ed ho viaggiato per trovare i maestri che me lo potessero dare.
Il viaggio del mondo della Sacra Pipa all'interno del "Four Directions Unity Bundle "è un'estensione di queste idee , dei diritti e delle speranze di quegli anziani e maestri delle tribù che mi hanno parlato solo di verità che io ho creduto ed accettato.
Il mio lavoro si svolge molte volte in solitudine, muovendomi nei viaggi su questa madre terra. Quando faccio incontri e lavoro con altre persone è sempre in piccoli gruppi e nell'arco di diversi giorni. In questo modo il lavoro ha il tempo di potersi sviluppare e quindi produrre i suoi più ricchi dettagli che nascono dal prendere del tempo reale, di alcuni giorni, di sedersi e capire che cosa è questa cerimonia del mondo e ciò che può compiere.
Non è mai stato necessario o richiesto il permesso di nessuno, tranne noi stessi. Sono soddisfatto di come ho vissuto prima, sotto la direzione dei miei Anziani Nativi Americani , che sono gli ultimi e le sole autorità competenti per la Sacra Pipa e le Cerimonie "Four Directions Unity Bundle".
La piuma dell'aquila è per gli Indiani simbolo di potere e conoscenza, che richiama al rapporto simbiotico con la Natura e i cicli del tempo lunare. Questo rituale è uno scrigno che racchiude il linguaggio per comunicare con la Terra, vero e proprio organismo vivente, tramite le antiche tradizioni ojibwe e gli insegnamenti sacri degli Indiani anziani, nella loro dolorosa lotta per la sopravvivenza e il riconoscimento dei loro diritti.
Solstice of Summer Twenty Twelve
My poetry just comes straight out of me in a rush.
I believe they come spontaneously from my spirit.
The old Indians had a line in an old song, I have always remembered;
"A song comes unasked out of my body, a mark of my spirit"
The wind and the sun
Are staring in silence at each other.
Time is melting the stones beneath my feet.
It is a harder season, where
Our cup and bowl are full, filled up
And cold,
Feeding yet another dreamless night.
So we sat down
We started singing this old song
Time had stuffed in our memories.
And we believed in a better day,
Inside the same skin we have lived in all along.
The gifts and prayers of the Old Indians
Were spread out all over the table.
I could feel their old memories bumping against my bones.
I sat in the silence, in the darkness of the night.
And could feel all these things.
I SACRI RITI
RITO DELLA SACRA PIPA: sta alla base di tutti i successivi riti ed è una pratica quotidiana di preghiera. Il fornello della pipa rappresenta la Madre terra, il cannello nostro Padre. Questo sacro “strumento” fu portato tra il popolo Lakota dalla “donna bisonte bianco” che lo consigliò in ogni occasione religiosa e quotidianamente per ringraziare di tutto ciò che la vita ci dà.
RITO INIPI: è il sacro rito della purificazione. La capanna sudatoria è sacra, rappresenta l’universo ed in essa tutto è contenuto. Erbe sacre come salvia, erba dolce, cedro, ginepro sono utilizzate durante la cerimonia, sia bruciate sulle pietre roventi, sia “sfregate” sul corpo di ogni partecipante.
Le pietre incandescenti al centro della capanna irrorate con acqua fresca producono vapore purificatore; all’interno della capanna si prega per il popolo, per i propri cari, per se stessi e ci si purifica dalle negatività per rinascere e affrontare nuovamente le difficoltà quotidiane.
RITO DELLA “PUBERTÀ FEMMINILE”: La cerimonia celebra il sacro passaggio dall’adolescenza all’età adulta. Le giovani donne ricevono istruzioni dalla madre, dalle zie, dalle nonne e dalla “donna sacra”. Il rito rappresenta anche il veicolo attraverso il quale si crea un “legame spirituale” con “la donna bisonte bianco”. Il tutto avviene in una capanna speciale.
RITO PER LA RICHIESTA DI VISIONI: è effettuato dai giovani guidati da un uomo di medicina per ottenere una visione, per chiarire il significato di un sogno, per chiedere consiglio alle forze superiori in momenti difficili. Si sceglie una collina sacra dove il partecipante, sotto l’attenta guida dell’uomo-medicina, resta per 4 giorni senza acqua, senza cibo, senza vestiti, solo con la sua sacra pipa ed una pelliccia di bisonte. Al termine dei 4 giorni, segue un rito inipi e, dopo aver fumato la sacra pipa, il medicine- man lo aiuterà ad interpretare la visione.
RITO DELL’APPARENTAMENTO: celebra l’entrata all’interno della famiglia di un nuovo individuo cui sono date indicazioni precise sui suoi doveri verso i nuovi membri della sua famiglia. Un uomo guida la cerimonia, utilizzando la sacra pipa, un crine di cavallo, una piuma d’aquila e la salvia sacra. Prima della conclusione, il nuovo membro e il capo famiglia esprimono il loro consenso sui doveri reciproci e dichiarano di accettarsi l’un l’altro.
RITO DEL “LANCIO DELLA PALLA O SFERA”: è utilizzata una palla confezionata con pelle di bisonte, dentro la quale sono inseriti peli del bisonte stesso. Una giovane è posta in mezzo al campo sacro e file di persone sono disposte ai 4 punti cardinali. La ragazza lancia la palla a turno in ognuna delle 4 direzioni, iniziando sempre da ovest. Ogni persona afferra la palla, offrendola ai 4 quadranti dell’universo, quindi verso lo “zenit”, per poi rilanciarla alla ragazza. La palla rappresenta la forza del “grande spirito” e le 4 squadre di persone sono le entità dei 4 quadranti dell’universo e del mondo. Afferrando la palla, afferrano con essa anche la conoscenza.
RITO DELLA CUSTODIA DELL’ANIMA: quando muore un familiare, si trattiene il suo spirito per un periodo da 6 a 12 mesi, fino a quando, con un rito appropriato, è reso alla sua origine. I parenti del defunto offrono parte dei loro averi ai bisognosi, in memoria del morto. Una ciocca di capelli è tagliata dall’uomo di medicina dalla parte frontale della testa del defunto. Poi, avvolta in pelle o stoffa, è conservata per quattro giorni. Dopo un periodo da 6 a 12 mesi, in un apposita capanna, l’uomo di medicina, usando la sacra pipa, prende il fagotto con i capelli e libera lo spirito di “colui che non è più con noi”. Finisce il tempo delle lacrime e i familiari ricorderanno con gioia il defunto, in quanto è lontano dalle sofferenze della vita.
IL CERCHIO DELLA MEDICINA: il cerchio rappresenta la continuità della vita e della morte, senza inizio e senza fine; il cerchio ha i quattro quadranti dell’universo, ognuno abbinato a un colore sacro:
OVEST - NERO: rappresenta il “Grande Spirito” nel momento in cui i raggi del sole e la vita scompaiono. La preghiera dell’ovest, dove si trova lo spirito del tuono è: “O Grande Spirito, quando l’oscurità arriva, noi preghiamo per ciò che abbiamo avuto e per le benedizioni ricevute dal profondo del tuo amore”.
NORD - ROSSO: rappresenta la levata del grande spirito, espresso dal sole, portatore della vita e grandi doni per tutte le creature. La preghiera è la seguente: “O Grande Spirito, mentre noi preghiamo per vederti ed udirti, guida le nostre vite, e proteggici dalle forze negative. Grazie Grande Spirito, per i benefici della tua preziosa guida. Noi siamo perduti senza di te.”
EST - GIALLO: rappresenta il Grande Spirito che fa fiorire la vita e la natura, offrendo i doni della terra. Il Grande Spirito esorta l’essere umano a condividere i preziosi doni che sbocciano e che ringrazi per ciò che quotidianamente avrà. La preghiera dell’est è: “Grande Spirito, guidaci nei tempi difficili, affinché la nostra avidità non distrugga i tuoi preziosi doni. Fa che questi non siano danneggiati e rendici consapevoli di tutti i bisogni dei nostri fratelli in ogni tempo”.
SUD - BIANCO: rappresenta il Grande Spirito come padre che provvede ai suoi figli per i bisogni quotidiani. Indica la purificazione che avviene con la “danza del sole”, il rito della sudorazione e il digiuno. La preghiera del sud è: “O Grande Spirito, donaci la tua forza per guarire noi e la terra, per essere tuoi amici ogni giorno. Noi attendiamo pazienti un tuo segno. Grazie O Grande Spirito.
di Oriano Spazzoli
http://planet.racine.ra.it/testi/ruote.htm
«Eravamo un popolo senza leggi, ma eravamo in ottimi rapporti con il grande spirito, Creatore e Signore del tutto. Ci giudicavate dei selvaggi. Non capivate le nostre preghiere; né cercavate di capirle. Quando cantiamo le nostre lodi al Sole, alla Luna o al vento ci trattate da idolatri. Senza capire ci avete condannati come anime perse solo perché la nostra religione è diversa dalla vostra.»
(Capo indiano del XIX secolo).
Con questa breve trattazione non ci prefiggiamo lo scopo di formulare un giudizio impossibile sulla scienza indiana o, peggio, di tracciarne un improponibile confronto con la nostra; vogliamo soltanto riflettere su di uno degli aspetti del rapporto della cultura indiana con la natura, elemento centrale della loro vita e della loro cultura. Per gli indiani la natura è la vita stessa, e per questo è sacra in tutte le sue forme, amiche od ostili, ed il suo culto è espressione della loro gratitudine nonché di una grande fantasia e sensibilità poetica.
È chiaro che le spiegazioni dei fenomeni naturali, e quindi anche dei fenomeni astronomici per i popoli dell’America settentrionale si confondono con la religione e la mitologia, e oggi ci fanno sorridere ma non possiamo non riflettere sul fatto che popoli che sono vissuti per secoli legati a tradizioni antichissime, così lontane dal nostro modo di vivere quotidiano, abbiano acquisito dall’esperienza e conservato un patrimonio di conoscenze e capacità assai profondo. Allo stesso modo non si può non convenire che il rigore analitico e matematico (che caratterizza la nostra scienza) è qualità umana non antitetica, ma complementare alla fantasia e alla capacità di cogliere gli aspetti poetici della natura.
La storia della civiltà degli Indiani d’America parte dal momento in cui, oltre 40.000 anni fa, in due successive ondate alcune popolazioni dell’Asia attraversarono l’istmo di Bering (oggi sommerso dall’oceano) e discesero nel continente Americano occupandolo dall’Alaska fino alla Terra del Fuoco. I popoli che si insediarono in America del Nord diedero vita a Culture diverse, succedutesi nel tempo e in parti diverse del continente: dall’antica Cultura di Kociss (Utah), alla Cultura dei Mogollon (Nuovo Messico), in cui comincia ad essere praticata l’agricoltura, agli Hohokam (Arizona), abili artigiani incisori, agli Anasazi (gli “anziani”) costruttori di case in mattoni (le “kivas”) in Arizona, i quali furono costretti a migrare verso il 1300 d.c., per la siccità e per le invasioni di Apaches e Navajos, cui successero le culture delle pianure, Adena e Hopewell, che si diffusero nella valle del Mississippi da cui ebbero origine molte “famiglie” note (Cheyenne, Arapaho, Crow, Pawnee, le varie famiglie Sioux ecc.).
RELIGIONE
Per gli Indiani tutti i fenomeni che non possono essere spiegati con l’esperienza quotidiana o con sue dirette applicazioni rientrano nella sfera del soprannaturale (ciò è per essi la “medicina”); l’origine del mondo e delle sue varie forme, i mutamenti cui è soggetta la natura (come, ad esempio, i moti periodici degli astri), i pericoli improvvisi, la malattia e la morte rappresentano la manifestazione di una entità spirituale. Questa spesso si concretizza in diverse forme (animali, alberi, astri), ma in qualche caso non viene identificata materialmente ma venerata, secondo una visione del mondo panteistica, come un unico Grande Spirito che è parte di ogni cosa. L’uomo può comunicare con il soprannaturale mediante le visioni e i sogni, i cui protagonisti sono le sue stesse materializzazioni; il protagonista di una visione diventa “spirito-guida” individuale.
Nella pratica religiosa esistono due figure fondamentali: lo sciamano e il sacerdote, anche se molto spesso esse vengono incarnate dalla stessa persona. Lo sciamano, o “uomo-medicina” (il termine “medicina” in questo contesto non ha il significato che ha nella nostra tradizione, ma quello di “mistero” o “soprannaturale”), è colui che è stato dotato dalla natura di una capacità particolare di comunicare con il mondo soprannaturale mediante le visioni nonché di dimostrarne l’esistenza con la pratica della magia (lo sciamano deve avere astuzia, fantasia ed una personalità inquieta, tormentata, attratta più dal mistero dell’oscurità, del sogno o della morte di quanto non lo sia dalla vita; è credenza popolare indiana che ancora nel grembo materno egli non sogni la sua vita futura come si crede accada normalmente, ma sogni il modo per evitare di nascere). Il sacerdote è il “ministro del culto”, conoscitore e maestro del cerimoniale rituale.
La conoscenza del cielo e dell’origine e delle peculiarità degli astri, è quindi tra le prerogative dello sciamano, il quale scopre la correlazione tra i moti del sole e l’alternarsi delle stagioni, e cerca di interpretare i movimenti della luna nonché il sorgere e il tramontare di alcune delle stelle più luminose (Rigel, Aldebaran, Sirio...), o della sacra Stella del Mattino (Venere), cui gli indiani del Sud-Ovest (Pueblos) e alcune famiglie delle pianure (Pawnee) dedicano un culto particolare.
L’OSSERVAZIONE ASTRONOMICA
Citiamo qui alcune delle prove dell’attività osservativa svolta dai popoli autoctoni dell’America settentrionale, identificate come tali grazie al lavoro paziente di archeologi che si sono tra l’altro avvalsi di consulenze scientifiche competenti:
1. i cumuli di terra (mounds) risalenti alle antiche culture Adena (che realizzò le strutture più semplici tra il 1000 a.C. e il 200 d.C.) e Hopewell (che sostituì la cultura Adena), avevano forse un valore religioso e talvolta erano utilizzati come monumenti funerari eretti per distinguere la tomba di uno sciamano o un notabile del villaggio (burial mounds); in certi casi la loro altezza arriva ad alcune decine di metri e ciò le rende simili alle piramidi azteche e maya e, come per queste ultime, anche per esse si sta cercando di verificare l’esistenza di eventuali allineamenti astronomici (già scoperti per cinque serie di Mounds in prossimità di altrettanti villaggi del Kansas); tale somiglianza rappresenta una delle prove di contatti della cultura Hopewell con i popoli mesoamericani avvenuti intorno all’anno 1000. In particolare nei pressi dei resti della città di Cahochia, che sorgeva in un’ampia regione circondata da mounds, si trova un vero e proprio osservatorio solare, in origine costituito da alcuni pali piantati in cerchio nel terreno, intorno ad un palo centrale in modo tale che traguardando verso il palo centrale da ciascuno di essi si individuavano le posizioni del sorgere del sole ai solstizi, agli equinozi, o in momenti intermedi (come avviene per le grandi pietre delle strutture megalitiche dell’Europa settentrionale, come Stonehenge, ed anche per questo motivo ai resti del cerchio fu attribuito dagli archeologi il nome di Woodhenge, dall’inglese wood, bosco).
2. Alcune delle antiche costruzioni in muratura delle culture Hohokam e Anasazi (un esempio è costituito dalle kivas, case per lo più di forma rotonda costruite con mattoni di fango essiccati al sole, gli adobes e utilizzate per convegni o cerimonie religiose e talvolta utilizzate come veri e propri osservatori astronomici), rivelano allineamenti astronomici, come ad esempio la Casa Grande Hohokam, un gruppo di kivas rettangolari comunicanti tra loro, nel quale è stato possibile rilevare l’allineamento di alcuni ingressi con le posizioni del sorgere o del tramontare del sole ai solstizi nonché della luna al momento della massima o della minima declinazione (+i, -i) (ricordiamo che la declinazione è l’altezza angolare di un astro sull’Equatore celeste e che maggiore è la declinazione, più spostato verso Nord appare il punto in cui sorge l’astro; ne risulta un maggiore arco descritto da esso nella volta celeste e una “culminazione più alta sull’orizzonte”). Gli allineamenti in questione sia riguardano l’intera pianta della costruzione nel suo insieme, sia la disposizione di feritoie, finestre e porte; in tal caso sono realizzate con il metodo degli “stipiti alternati”, che garantisce la possibilità di individuare una direzione dell’orizzonte traguardando ad esempio attraverso uno stipite di una apertura esterna e quello opposto di una apertura più esterna (metodo utilizzato anche nelle costruzioni sacre Maya).
3. Gli Anasazi (chiamati dagli Spagnoli Pueblos, parola che indica i villaggi in muratura in cui essi vivevano al tempo della conquista europea) per un lungo periodo della loro storia erano vissuti anche in abitazioni, dette cliff dwellings, scavate nelle pareti rocciose dei picchi e delle Mesas dell’Arizona (montagne dalle pendici rocciose e scoscese e appiattite alla sommità), e presso una di queste, nel Chaco Canyon, in cima ad una collina, il picco Fajada, è stata ritrovata una strana incisione sulla roccia costituita da due petroglifi a forma di spirale sulla parete rivolta ad est, di fronte a tre pesanti lastre di pietra poste di fronte ad essi in modo tale che la luce del sole al mattino, filtrando attraverso le lastre, formi due strette lame luminose una delle quali al solstizio estivo spostandosi con il movimento del sole attraversa il centro della spirale maggiore, mentre l’altra attraversa il centro della spirale minore agli equinozi ed entrambe scorrono in direzione tangente alla spirale maggiore da parti opposte di essa il giorno del solstizio invernale; durante i periodi intermedi le due lame attraversano cerchi interni diversi delle due spirali: tutto ciò fornisce un sofisticatissimo calendario solare (tale scoperta fu fatta nel 1977 e si deve ad Anna Sofaer, una archeologa dilettante che si avvalse tra l’altro della collaborazione di Rolf M. Sinclair, fisico della National Science Foundation).
È evidente che lo sciamano-astronomo che fu artefice di questa opera notò dapprima come attraverso quelle pietre, ammassate confusamente dalla natura, la luce filtrasse formando due cunei sottili sulla parete rocciosa antistante, poi studiando attentamente, giorno dopo giorno, il moto delle lame di luce dovuto al moto diurno del Sole, lavorò le pietre per assottigliare la forma delle lame e quindi tracciò con estrema cura e precisione le due spirali. Gli stessi Pueblos e le singole kivas presentano allineamenti con punti dell’orizzonte significativi dal punto di vista astronomico, come accade ad esempio per la grande pianta a D del villaggio Anasazi denominato Pueblo Bonito, forse il più grande insediamento Anasazi, il cui lato rettilineo è aperto e orientato nella direzione Nord-Sud, mentre la parete che delimita la D lungo il suo lato curvo volge la concavità a Est come per raccogliere e concentrare il più possibile all’interno del Pueblo la luce del sole al momento del suo sorgere; inoltre la parte settentrionale della parete curva è rialzata allo scopo sia di proteggere il villaggio dai freddi venti del Nord, sia di concentrare maggiormente la luce del Sole all’interno durante i mesi autunnali e invernali (nei quali il Sole è più basso all’orizzonte verso Sud).
Pueblo Bonito nel Chaco Canyon
4. Il fisico americano John Eddy si è dedicato per lungo tempo allo studio di particolari disposizioni di pietre lasciate sul terreno a formare un cerchio con linee rette radiali che partono approssimativamente dal centro e che permettevano, all’epoca della loro costruzione, di individuare non solo le posizioni del sorgere e del tramontare del sole ai solstizi e agli equinozi, ma anche quelle del sorgere e del tramontare della luna ai punti estremi settentrionale e meridionale e delle stelle più luminose (Sirio, Betelgeuse, Rigel, e Aldebaran; questi oggetti, ritrovati in grande quantità in una zona assai ampia estesa tra il Colorado e le fredde regioni settentrionali al confine con il Canada, sono stati denominati “ruote della medicina” (dove il termine “medicina” è inteso nel senso già specificato sopra). Una delle più note di queste strutture è quella ritrovata in un pianoro su di una delle cime del massiccio del Big Horn nel Nord del Wyoming, a 3.000 metri di altezza. Qui gli Sciamani seguendo i movimenti degli astri potevano determinare i tempi esatti in cui il loro popolo doveva compiere i riti propiziatori stagionali. In particolare era importante osservare il “levare eliaco” delle stelle, ovvero il loro primo apparire a Est immediatamente prima dell’alba, che nel caso di Aldebaran annunciava l’imminente solstizio estivo, seguito a ventotto giorni di distanza dal levare eliaco di Rigel, che a sua volta precedeva di altri ventotto giorni quello di Sirio; quest’ultimo anticipava la fine dell’estate e, nel caso della ruota del Big Horn, l’inizio di quel periodo in cui, a causa della neve e del gelo non sarebbe più stato possibile agli “osservatori delle stelle” raggiungere il luogo di osservazione.
Occorre ricordare che il pur lento moto di precessione dell’asse di rotazione della Terra (dovuto all’attrazione gravitazionale della Luna sulla Terra e al fatto che la Terra non è una sfera ma è leggermente schiacciata ai poli e si comporta quindi come una trottola inclinata, il cui asse di rotazione si muove descrivendo una superficie conica), ha determinato nei secoli una variazione delle posizioni degli astri nel cielo, quindi anche dei tempi del loro levare eliaco; in tal modo l’intervento degli astronomi e la loro conoscenza dei tempi caratteristici di tale spostamento ciclico (il cui periodo è 27.000 anni circa) hanno reso possibile una datazione di tali costruzioni, poi confermata con metodi diversi. Si è dunque scoperto che queste strutture, risultato di osservazioni precise e sistematiche, furono realizzate in un arco di tempo della durata di oltre un millennio (la ruota del Big Horn risale al 1700 d.C. circa, mentre un’altra ruota trovata nella Moose Mountain, a sud-est di Regina, nella regione canadese del Saskatchewan, risale circa al 100 d.C.), e ciò dimostra quali profonde radici avesse nella cultura indiana la pratica dell’osservazione astronomica.
GLI ANASAZI E LA SUPERNOVA DEL 1054 d.C.
Destò meraviglia e curiosità la scoperta, presso due diversi antichi insediamenti Anasazi in Arizona (presso le rovine di un antico “pueblo” a White Mesa e su di una parete del sistema del Navajo Canyon) di graffiti su pietra identici, raffiguranti una stretta falce di luna crescente e vicino ad essa una stella molto luminosa; scartata l’ipotesi che il petroglifo potesse ritrarre un allineamento tra Venere, “stella del mattino” con la Luna evento non così raro da meritare una simile rappresentazione, non rimase che constatare che potesse raffigurare una stella straordinaria, una Supernova (l’esplosione di una stella di grande massa alla fine della sua vita) che brillò repentinamente nel cielo. Molti elementi fanno oggi ritenere che questa stella così immortalata dagli Anasazi sia stata la famosa supernova del 1054 registrata negli annali cinesi e che diede origine alla nebulosa del granchio, ed in particolare, tra questi, il fatto che essa, così luminosa (magnitudine -6) da essere visibile anche di giorno, il 14 Luglio di quell’anno venne a trovarsi a 2 soli gradi d’arco di distanza dalla luna, allora nella fase di “luna nuova”.
IL CIELO NELLA LA RELIGIONE E NELLA MITOLOGIA
Il principale rapporto tra il cielo, con i suoi moti apparenti, e la religione consiste nel già citato legame esistente tra le feste religiose stagionali ed il movimento del Sole nella volta celeste, la cui osservazione sistematica rendeva gli sciamani in grado di determinare con esattezza i tempi opportuni per lo svolgimento delle stesse. Ne è prova la grande quantità di antichi osservatori solari trovati. Tutto ciò contribuisce a rendere il Sole una delle divinità principali anche presso la civiltà degli indiani d’America come in tutte le culture legate a tradizioni antichissime; nella mitologia religiosa indiana il Sole diventa il dispensatore di luce e di vita, ma anche Colui che può distruggerla. Per i Natchez (che popolavano il basso Mississippi) era la divinità suprema e costituiva il simbolo della massima autorità politica e sacerdotale del popolo nonché della casta dominante. Tra i popoli delle pianure della regione centrale degli odierni Stati Uniti d’America, ad esso è dedicata la cerimonia votiva più importante di tutto il rituale indiano: la “Danza del Sole”, comune a tutte le famiglie indiane delle pianure (Sioux, Pawnee, Crow...), che in molti casi prevedeva il terribile rituale dell’hock swinging (descritto dettagliatamente dal pittore-giornalista americano R. Catlin che fu il primo bianco autorizzato ad assistervi, e immortalato nel film “Un uomo chiamato cavallo”). In esso, tra l’altro, colui che formulava il voto, dopo quattro giorni di digiuno assoluto, e dopo lunghi e complessi preparativi, si autolesionava facendosi conficcare nella pelle del petto dei cavicchi appuntiti e dello spessore di un dito, veniva poi agganciato alla sommità di un alto palo centrale tramite delle corde, sollevato da terra e fatto ruotare lentamente fino allo sfinimento per il dolore, sopportato stoicamente per ore invocando il Grande Spirito con lo sguardo rivolto ai feticci collocati alla sommità del palo o direttamente al Sole.
Nella mitologia il rapporto tra gli indiani e la Natura (e quindi il cielo) si esprime nel modo più vario e ricco di colore e poesia. Gli antropologi suddividono la mitologia indiana in tre diversi temi fondamentali: l’origine del mondo (la cosmogonia), i miti dell’eroe furfante (tra cui quelli che hanno come protagonisti il vecchio uomo-coyote o il corvo, che rivestono la doppia funzione di eroi fondatori e di ladri astuti), i miti sulla natura.
Vediamo ora alcuni tra miti indiani sulla creazione più curiosi: per i Pueblos, ad esempio, il cielo non ha un ruolo attivo nella nascita del mondo ma esso si forma nelle viscere della terra, per la stessa legge di natura per la quale dai semi ha origine la vita. Ma la vita che si crea nelle caverne sotterranee è un immondo e oscuro miscuglio di tutte le sue forme; il mondo viene liberato dalle tenebre grazie all’intervento dei Gemelli della Guerra, capostipiti della razza umana, i quali risalgono il fusto di un alto albero da loro seminato, portando con sé gli animali sacri: il ragno, il falco, il coyote, la rondine e la locusta e liberano il loro popolo. Giunti in superficie il coyote libera le stelle, il ragno tessendo la sua tela disegna la luna, il falco con il battito delle sue ali dirige le acque verso l’oceano, ed il popolo, ucciso un cervo bianco costruisce il sole con la sua pelle.
Secondo una leggenda Wasco poi, Coyote, in compagnia di quattro lupi ed un cane, notò che ogni notte essi volgevano lo sguardo verso un punto del cielo buio; per tre notti egli chiese ad uno di loro che cosa vedesse, senza ottenere risposta. Alla fine il lupo più giovane gli indicò un punto nel cielo in cui si trovavano due orsi Grizzly, e Coyote, per raggiungerli lanciò molte frecce nel cielo in modo che la prima si conficcasse nella volta celeste, e le successive si conficcassero in quella precedente in modo da formare una scala su cui tutti potessero salire per poter osservare gli orsi da vicino. Quando i lupi ed il cane furono saliti in cielo e Coyote li vide fermi e assorti, pensò di immortalarne l’immagine nel cielo in modo da formare l’insieme di stelle della “tazza” (il grande carro), in cui il manico è formato da tre lupi dei quali quello centrale tiene il cane vicino a sé (la stella doppia Mizar e Alcor) mentre gli orsi formano il lato della tazza allineato con la stella polare (Dubhe e Merak). Quindi Coyote, divertito, proseguì la disposizione delle stelle nel cielo in varie configurazioni.
I Pawnee invece affidano al cielo un ruolo di primo piano nella creazione del mondo: per loro la divinità principale è Tirawa, sposato ad Atira, “volta del cielo”. Egli è padre e signore dell’universo e comanda i movimenti degli astri; in tal modo impone il matrimonio tra la stella del mattino con quella della sera, dal quale nasce la donna, e del Sole con la Luna, dal quale nasce l’uomo, al quale poi vengono affidati i “fagotti” dei feticci rituali e le regole dei cerimoniali religiosi. In particolare gli vengono impartite le direttive per la costruzione delle “case” in cui si dovevano svolgere le cerimonie: esse per la tribù Wolf dovevano avere un soffitto a forma di volta (in analogia con la volta celeste) sorretta da 4 colonne che simboleggiavano le 4 stelle più importanti, la stella rossa (forse Antares), la stella gialla (Capella nella costellazione dell’Auriga), la stella bianca (Sirio) e la stella nera (qualcuno pensa si tratti di Vega, che tuttavia non si può definire in alcun modo “nera”, ma l’interpretazione più veritiera, anche alla luce della traduzione letterale delle testimonianze originali, che parla di “grande stella nera sparsa intorno”, afferma che doveva trattarsi di un grosso bolide esploso disgregandosi in uno stillicidio di meteoriti), con un’apertura nel centro collocata esattamente sul fuoco centrale (per fare uscire il fumo) consacrata alle stelle che man mano venivano a trovarsi allo zenith (“i Capi che siedono in Consiglio”).
L’ingresso era rivolto verso Est, mentre dal lato occidentale si trovava un altare; tale allineamento permetteva alla luce del Sole e della stella del mattino al loro sorgere di illuminare un teschio di bufalo collocato vicino al fuoco. Oltre a ciò la disposizione dei villaggi doveva riprodurre la volta celeste, in modo che ogni villaggio corrispondesse ad una stella del cielo, e fosse ad essa consacrato. Al sorgere di una stella sacra per un certo villaggio, in esso si svolgevano i cerimoniali propiziatori opportuni grazie ai quali l’astro avrebbe assicurato prosperità e fortuna agli abitanti.
La mitologia Pawnee è complessa e contiene molti riferimenti al cielo; in particolare è oggetto di culto la stella del mattino (il pianeta Venere, nella loro mitologia erroneamente distinto dalla stella della sera) cui è dedicato un rito che prevede il sacrificio di una giovane prigioniera, la quale viene dipinta di rosso e di nero ad indicare il confine tra il giorno e la notte segnato dall’astro e viene trafitta con le frecce che la invieranno verso Stella del Mattino, suo sposo celeste.
Anche i Pueblos venerano la stella del mattino (che fa parte delle “divinità naturali”, o “kachina”); essa identifica una divinità maschile protettrice dei cacciatori, che viene invocata perché conceda al popolo gli animali cui potersi nutrire (nella mitologia spiega al cacciatore mitologico Giovane Freccia il motivo che non riesce più a uccidere cervi perché una strega malvagia ha rapito e ucciso la sorella Donna Gialla, divinità della Luna).
Vi sono poi tanti motivi par cui anche la Luna sia oggetto di osservazione e di culto; il fatto che la luna piena illumini la terra al punto da consentire la caccia anche nelle ore notturne, la sorprendente corrispondenza tre il ciclo lunare e il ciclo biologico femminile, il fatto che la gestazione prima del parto abbia una durata di nove lunazioni. Tutto ciò determina il fatto che le divinità della Luna siano imparentate o talvolta identificate con divinità protettrici della caccia (Kochinako o “Donna Gialla” dei Pueblos è sorella di Giovane Freccia), ma siano anche spesso divinità femminili o responsabili della creazione della donna (come in un magnifico mito della creazione Sioux così narrato dallo sciamano Leonard Dog Crow:
«E quindi venne il momento di creare la donna.
Allora non c’era la Luna; era ancora il periodo della sacre novità. Il Sole convocò ancora tutti i pianeti e le creature sovrannaturali, e quando furono riuniti, il Sole con uno dei suoi vividi lampi, si tolse un occhio. Lo gettò sul vento della sua visione in un certo luogo e divenne la Luna. E su questo nuovo globo, quel pianeta “occhio” creò la donna.
“Tu sei un pianeta vergine, una fanciulla Luna” le disse “Ti ho toccata e fatta con la mia ombra, voglio che cammini sulla terra”, e quando lei chiese “Come potrò camminare su quella terra?” il Sole creò il potere e la ragione della donna, impiegò il fulmine per costruire un ponte tra la Luna e la Terra e la donna camminò sul fulmine...
Essa camminò sul lampo, ma essa camminò pure su una vena di sangue che andava dalla terra alla Luna.
Questa vena era una corda, un cordone ombelicale che andava dentro il suo corpo, e per mezzo di esso lei è sempre collegata con la Luna. Ed a lei furono dati i nove mesi della creazione)».
Il cielo per i Pawnee è anche l’aldilà; ad esso salgono le anime dei morti; alcune anime di guerrieri o cacciatori morti sono divenute stelle o gruppi di stelle. In particolare le anime dei codardi e dei malati (la codardia è vista come una malattia in quanto come la malattia rappresenta una menomazione per un guerriero), percorrono la Via Lattea, e sorvegliati dalla Stella del Mattino, vengono condotti dalla Stella della Malattia (forse la stessa Antares) verso la Stella del Sud.
Molte leggende indiane riguardanti la natura hanno come protagonista il cielo non solo presso i Pawnee, ma anche presso molte altre popolazioni: l’identificazione tra stelle ed eroi mitologici ha un suo esempio nella storia del grande capo Lunga Fascia, identificato nella costellazione di Orione, il quale riunito il suo popolo presso le due stelle dei gemelli, dopo averle consultate, lo condusse di vittoria in vittoria lungo la Via Lattea. Dalla sua morte il suo corpo riposa nelle Pleiadi (ammasso aperto nella costellazione del Toro), ed il suo cuore nel Presepe (altro ammasso aperto nella costellazione del Cancro).
Per gli indiani Chinook (popolo del Nord-Ovest) invece la cintura di Orione (le tre stelle allineate al centro della costellazione) e la spada (gruppo di stelle a semicerchio che seguono Bellatrix, cioè la mano) sono due canoe.
La stella Arturo, brillante stella arancio localizzabile prolungando l’arco del timone del grande carro, viene identificata con il grande cacciatore Falco Bianco, mentre Alphecca, la stella più luminosa della corona boreale è la sua sposa.
Gli indiani del New England (Mohicani, Massachusset, Delaware), considerano le tre stelle del timone del Grande Carro tre cacciatori impegnati nella caccia all’orso; la stella centrale, che è doppia (Mizar e Alcor), è vista come il cacciatore che regge la pentola in cui cucinare l’orso. La caccia ha buon esito all’inizio dell’autunno, quando il sangue dell’orso ucciso arrossa le foglie degli alberi.
Tra i Pueblos del gruppo linguistico Tewa si racconta la storia di Cacciatore di Cervi e di Fanciulla Grano Bianco, due giovani bellissimi che non avevano occhi che l’uno per l’altra e che, cresciuti insieme con il loro amore si sposarono; ma un giorno Fanciulla Grano Bianco si ammalò e in tre giorni morì. Si dice che dopo la morte l’anima vaga sulla terra per quattro giorni e che in essi può apparire in sogno a coloro che può avere offeso per chiedere il loro perdono. Gli abitanti del villaggio per liberare sé stessi e consentire all’anima di accedere al Regno dei Morti, devono accordarle il perdono con una preghiera; ma Cacciatore di Cervi era così disperato che venne meno a questo dovere.
Un giorno mentre si aggirava intorno al villaggio, notò, vicino ad un cespuglio una piccola fiamma accesa. Si avvicinò ad essa e con grande sorpresa vide davanti ad essa la sua donna; ella lo implorò di lasciarla andare nell’Aldilà, ma lui si rifiutò e anzi volle che lei tornasse con lui a casa. Fanciulla Grano Bianco inizialmente cercò di convincerlo a desistere, in quanto ella ormai era morta, ma alla fine commossa cedette e accettò di tornare da lui. Quando gli abitanti del villaggio la videro si spaventarono e cercarono di dissuaderlo, ma non vi riuscirono.
A poco a poco, però il bell’aspetto di lei mutò, la pelle divenne grigia e si disseccò, e cominciò ad emanare l’odore delle cose morte ed egli prima cominciò a volgerle le spalle nel letto, poi a vegliare tutta la notte sul tetto della sua capanna, finché un mattino non apparve una creatura imponente, avvolta in una pelle di daino bianco, e armata di arco e frecce che con voce profonda annunciò di essere stato inviato dal regno dei morti a ristabilire l’ordine che i due giovani sposi avevano sovvertito. quindi scagliò una freccia parallela al suolo verso occidente che li trasportò nel cielo nel quale avrebbero continuato ad inseguirsi e cercarsi come avevano fatto in vita (e come oggi fanno Mercurio e Venere, quando appaiono a occidente poco dopo il tramonto). Cacciatore di Cervi divenne una stella molto luminosa (Venere) e Fanciulla Grano Bianco una stella più tenue e tremolante (Mercurio).
BIBLIOGRAFIA:
• Giuliano Romano: “Archeoastronomia” (da “Astronomia: alla scoperta del cielo” vol. 5 pp. 1705-1753) - Ed. Curcio
• Philippe Jacquin: “Storia degli Indiani d’America” - Ed. Mondadori
• Robert H. Lowie: “Gli Indiani delle pianure” - Ed. Il Saggiatore
• R. Erroes - A. Ortiz: “Miti e leggende degli Indiani d’America” - Ed. Mondadori
• Hamilton A. Tyler: “L’Alce Sacro: i miti della natura degli Indiani Pueblo” - Ed. Rusconi
• J. Cornell: “I primi osservatòri” - Ed. Feltrinelli