I SUMERI
di Alba Fascetti, Alfa Petrolati, Lorita Rossini
PREMESSA
La scelta dei temi trattati deriva da varie riflessioni emerse durante l’iter formativo e attraverso il graduale approfondimento di questa particolare e affascinante disciplina: l’astrologia.
Con questa parziale presentazione, le allieve del corso intendono dimostrare, in primis a loro stesse, che l’osservazione e la fedele trascrizione degli eventi di quell’epoca lontana da parte dei
ricercatori che si sono succeduti nel corso della storia, ha permesso a tutti di beneficiare di un ricchissimo patrimonio culturale. La ricerca, ovviamente, non è esaustiva e quindi, presenta solo alcuni aspetti dell’antica civiltà sumerica, soprattutto per quanto concerne l’astrologia. I tre temi sono stati, semplicemente, disposti nell’ordine che segue:
- I Sumeri e l’invenzione della scrittura (Alba Fascetti), come desunta dalle tavolette di argilla, rinvenute negli scavi archeologici condotti nell’area mesopotamica e ricche di informazioni sulla civiltà sumerica;
- Mito e Religione presso gli antichi Sumeri (Alfa Petrolati), una tappa di avvicinamento allo sviluppo della materia astrologica;
1. I SUMERI E L'INVENZIONE DELLA SCRITTURA
Si deve proprio ai Sumeri l’invenzione della prima scrittura del mondo. Questa enorme rivoluzione nella storia dell’umanità rappresenta la possibilità di comunicare sensazioni e informazioni ad altri che sono lontani nel tempo e nello spazio.
Enlil, dio supremo del Pantheon numerico si rivolge alla sua sposa Sud con queste parole:
“L’arte della scrittura, le tavolette decorate con la scrittura, lo stilo, la superficie della tavoletta …. la testa del chiodo ….. sono appropriatamente nelle tue mani”. All’origine della civiltà è la scrittura, quasi dono nuziale del Dio.
Nell’introduzione a “L’elogio dell’arte della scrittura”, si evince l’orgoglio degli scribi sumeri nei confronti di questo straordinario strumento, ascrivibile al genio di un re sumero (Enmerkai). Così, infatti, si esprime lo scriba:
“L’arte della scrittura è la madre degli oratori, il padre dei maestri; l’arte della scrittura è appassionante, non ti sazia mai; l’arte della scrittura è difficile da imparare, ma colui che l’ha appresa avrà il mondo in mano ….” Nel poema epico “Enmerkar e il signore di Aratta” è descritto lo storico evento, che funge da spartiacque culturale con il periodo precedente:
“poiché il messaggero aveva la “lingua pesante”e non era capace di ripeterlo, il Signore di Kullab (Uruk )impastò l’argilla e v’incise le parole come in una tavoletta; - prima nessuno aveva mai inciso parole d’argilla – ora quando il dio sole risplendette, ciò fu manifesto: il Signore di Kullab incise le parole come in una tavoletta ed esse furono visibili”.
Per la delicatezza del messaggio che il messaggero doveva riferire, fu necessario ricorrere a un mezzo diverso dalla trasmissione orale. L’invenzione della scrittura segnò un salto evolutivo di grande valore per l’essere umano; scopriamo perché:
- L’argilla fu il primo materiale scelto per la scrittura cuneiforme dal 3000 a. C. al 50 d. C. (date delle prime e delle ultime tavolette scritte, fino ad oggi rinvenute), ma i segni diventavano visibili, solo esponendo la tavoletta alla luce radente emanata dal dio-Sole.
- La scrittura esige un atteggiamento nuovo della mente umana e dei suoi organi percettivi: non più l’orecchio per la trasmissione “orale”, bensì l’occhio che diventa il vero protagonista.
- Inevitabile passaggio: dal colloquio, alla scrittura solitaria.
- Non ultimo, l’impatto psicologico, come ci fa notare lo stesso scriba:
“Il Signore di Aratta scrutò la tavoletta: la parola detta ha forma di chiodo, la sua struttura trafigge; il Signore di Aratta scruta la tavoletta.”
La parola “detta”, dunque, ha ora forma di chiodo e trafigge come un’arma, penetrando nella mente dell’interlocutore-lettore. C’è un rapporto “magico” tra parola e segno: la scrittura cuneiforme (a forma di chiodo) creata come unica forma possibile per colpire l’occhio, divenuto il nuovo organo di percezione.
Esiste, dunque, una relazione tra il “simbolo-parola” (il significante) e la “parola detta” (significato). Oltre che per motivi diplomatici (il caso descritto dallo scriba), la scrittura adempie soprattutto compiti di natura economica (contabilità, agrimensura, registrazione del passaggio di beni, ecc.).
Ma in cosa consiste, esattamente, la scrittura cuneiforme?
I concetti sono trasmessi, rappresentando graficamente i suoni delle parole. I simboli scelti per indicare le parole sono per lo più “pittografici”, quindi tra immagine e concetto c’è un rapporto diretto e univoco. Gradatamente, si passa a un sistema “ideografico” in cui il simbolo grafico, oltre a rinviare al concetto astratto, è anche legato al suono fonetico della parola e quindi, è il frutto di un elaborato processo mentale: il simbolo non è semplicemente la raffigurazione della parola “detta”, ma è lo stesso “verbo mentale” che è stato impresso nella tavoletta. L’assemblaggio dei “chiodini” è la parola stessa, uscita dalla mente e a questa ritor-nata con la forza di un’arma che penetra nel corpo.
LETTERATURA SUMERICA
La letteratura sumerica è la più antica che si conosca. Le prime tavolette cuneiformi furono, probabilmente, scritte in sumerico e risalgono alla fine del IV millennio a.C.; per diversi secoli riguardarono testi economico-amministrativi e liste lessicali. I primi testi che si possono annoverare come letterari sono di contenuto mitologico e datano intorno al 2600 a. c., anche se la maggior parte dei testi letterari sumerici di cui disponiamo sono datati 2000-1900 a. C.
Biblioteche furono erette in molte città e all’interno dei templi. Le donne - al pari degli uomini - imparavano a leggere e scrivere. Ai tempi dei Semiti era ancora richiesta la conoscenza della lingua sumera ormai estinta, e di un complesso e cospicuo sillabario. I sistemi di scrittura, la scienza e la matematica dei Babilonesi contribuirono, grandemente, alla produzione letteraria. Buona parte della letteratura babilonese derivava da traduzioni di originali sumeri, mentre l’antica lingua agglutinativa [tale da esprimere i rapporti grammaticali, giustapponendo elementi diversi in una sola parola] di Sumer fu a lungo la lingua della religione e della legge.
I testi sumerici, suddivisi per generi letterari (concetto estraneo alla cultura sumera che classificava i testi secondo i modi e gli strumenti usati nella loro recitazione), includono anche quelli che, pur non essendo classificabili nella letteratura propriamente detta, rivestono un particolare rilievo culturale. Un altro concetto estraneo alla cultura sumerica è quello di autore. Le tavolette terminano spesso con un “colofone” che fornisce informazioni sulla tavoletta stessa: per lo più le persone ad esso associate (lo scriba che l'ha materialmente realizzata, il possessore o il committente della tavoletta), l'eventuale appartenenza della tavoletta a una raccolta di testi, i contenuti letterari (il titolo, una frase riportata), il numero delle righe, l'occasione o lo scopo dell'opera, ma non l'autore del testo.
Tra i molti scritti rinvenuti, figurano anche testi amministrativi, liste lessicali, testi giuridici, inni a divinità, testi mitologici, testi di contenuto cosmogonico, testi riguardanti le divinità, poemi epici, testi storici, inni regali, tenzoni, tutti testi non squisitamente letterari, ma che hanno contribuito notevolmente alla conoscenza della lingua sumera, consegnando alla storia le vicende che hanno caratterizzato la civiltà sumerica.
I testi in assoluto più numerosi rinvenuti in lingua sumerica riguardano argomenti di carattere economico-amministrativi e, in particolare, le varie fasi del lavoro agricolo, l'allevamento del bestiame, la filiera tessile, la lavorazione dei metalli e le assegnazioni di derrate alimentari al personale amministrativo.
Una seconda categoria di testi è costituita dalle liste lessicali, ritrovate in numero cospicuo. Si tratta di elenchi di vocaboli raggruppati per argomento: liste di uccelli, pesci, animali terrestri, toponimi, professioni, pietre e unità di misura. Forse redatte per uso didattico nelle scuole per scribi, sono allo stesso tempo uno strumento per garantire l'uniformità della scrittura e una forma di organizzazione e trasmissione delle conoscenze.
Sono scritte in lingua sumera anche le più antiche raccolte di leggi di cui siamo a conoscenza: il Codice di Ur-Nammu e il Codice di Lipit-Ishtar.
Altra forma letteraria sono i numerosi inni a divinità e a templi. In alcuni inni è la divinità stessa che parla in prima persona. Esistono anche composizioni in cui l'inno a una divinità sconfina nell'inno regale o nella descrizione di un’attività umana. Per esempio, l'inno alla dea della birra Ninnasi offre lo spunto per un’accurata descrizione tecnica di tutte le fasi di lavorazione della birra.
Una serie importante di testi narra vicende che hanno per protagonisti divinità: la Triade suprema (formata da An, dio del Cielo, Enlil, dio della Terra, ed Enki, dio della Saggezza) e gli altri dei.
Un gruppo abbastanza numeroso di testi descrive accoppiamenti di divinità e la conseguente generazione di altri dei, o i viaggi di questi nelle varie città sumeriche, fornendo informazioni sul rapporto tra le tradizioni mitologiche e i culti locali.
Alcuni dei componimenti più interessanti e suggestivi descrivono, invece, aspri scontri tra divinità. In uno, in particolare, il più lungo dei testi pervenuti (727 versi), si narra dello scontro tra il dio Ninurta (costruttore di dighe e canali per l'irrigazione e inventore dell'agricoltura) e il mostro Asag che, nella lotta, è aiutato da alcune pietre. Il dio vincitore si rivolge a ogni pietra, maledicendola o benedicendola, fornendo l'occasione per esporre le conoscenze mineralogiche dei Sumeri.
Interessanti anche un paio di brevi scritti riguardanti lo stato del mondo, prima che avvenisse la separazione tra cielo e terra e quelli che descrivono tale separazione e il successivo accoppiamento della Terra con il Cielo.
Nel testo noto come "Diluvio sumerico", è descritta la decisione di una divinità di donare agli uomini due ingredienti essenziali: la regalità e l'agricoltura. Segue la decisione divina di distruggere l'umanità con il Diluvio. Solo il re Ziusudra è avvertito e si salva. Non ultimo, “Discesa di Inanna agli Inferi”, uno dei testi sumerici più noti e suggestivi. In esso è descritto il tentativo della dea di impadronirsi del Kur, ossia dell'Oltretomba.
I poemi epici sono, invece, composizioni che, pur ricche di riferimenti a divinità, hanno per protagonisti personaggi umani. Si tratta di undici poemi, la cui stesura risale al periodo della Terza dinastia di Ur, alla fine del III millennio, che hanno per argomento la mitica Prima dinastia di Uruk. Essi sono raggruppati in quattro cicli, ciascuno caratterizzato dal suo protagonista: Enmerkar, Lugalbanda, Dumuzi, Gilgamesh.
È stato il primo poeta d'amore della storia universale a descrivere, in lingua sumera sull'ar-gilla, l'incontro d’amore tra una dea e un pastore: Inanna, la dea, quella notte amò come se fosse mortale e Damuzi, il pastore, quella notte fu immortale.
I fatti narrati nel ciclo di Gilgamesh saranno poi ripresi nella “Epopea di Gilgamesh”, di epoca babilonese, pervenuta in condizioni migliori.
Tra i generi letterari presenti nella letteratura sumerica vi è anche quello delle tenzoni, testi in cui si confrontano due entità, esponendo le ragioni per preferire l'una o l'altra. Si tratta di un genere molto utile per affinare le capacità linguistiche e argomentative degli scribi e per trasmettere contenuti didascalici. Un genere ripreso e perpetuato in molte letterature di epoche successive. Per esempio, nel prologo della "Disputa tra Palma e Tamarisco" è descritto il motivo per cui gli dei avevano deciso di creare gli uomini: gli dei, stanchi di essere duramente impegnati nel lavoro, avevano creato gli uomini perché lavorassero al loro posto.
Oltre a opere puramente letterarie, ve ne sono altre di diversa natura, tra le quali alcune raccolte di lettere, in parte ufficiali e in parte private, le più importanti delle quali sono le lettere di Hammurabi.
Si possono far risalire le origini della filosofia babilonese all’antica saggezza Mesopotamica che incarna certe filosofie di vita, soprattutto l’etica, che si riflettono nella religione mesopotamica, dando vita a forme diverse di letteratura, dai dialoghi alla poesia epica, al folclore, agli inni, alle liriche, alla prosa.
Durante i secoli VIII e VII a. C., gli astronomi Babilonesi cominciarono a dedicarsi agli studi filosofici e non è da escludersi che la filosofia babilonese abbia influito su quella greca, soprattutto ellenistica, le cui analogie sono desumibili dal testo babilonese “Dialogo sul Pessimismo”.
Infine, degno di nota è il “Manuale Diagnostico” scritto nell’XI secolo a.C.; si fondava su una serie di assiomi e ipotesi mediche, incluso l’assunto della moderna medicina che, attraverso un accurato esame e studio dei sintomi di un paziente, è possibile risalire alla malattia, alla sua eziologia e al suo decorso, nonché alle possibilità di guarigione del paziente.
LA LINGUA DEI SUMERI
Il Sumero (eme-ĝir, eme-gi “lingua dei nativi”) era la lingua anticamente parlata a Sumer nella regione della Mesopotamia Meridionale, a partire almeno dal IV millennio a. C.. All’inizio del II millennio a. C., fu gradualmente sostituita come lingua parlata dall’Accadico, ma rimase in uso come lingua sacra, cerimoniale, letteraria e scientifica della Mesopotamia per altri due millenni, ovvero fino al I secolo d. C.. Fu poi dimenticata fino alla sua decifrazione nel XIX secolo. Non appartiene ad alcuna famiglia linguistica.
La cronologia della lingua scritta può essere suddivisa in cinque periodi:
Sumero arcaico: 3100-2600/2500 a. C.
Sumero Antico o Classico: 2600/2500 - 2300/2200 a. C.
Neo-Sumero: 2300/2200 - 2000 a. C.
Tardo Sumero: 2000 - 1800/1700 a. C.
Post-Sumero: 1800/1700 - 100 a. C.
In alcune cronologie, viene omessa la fase del Tardo Sumero e i testi scritti dopo il 2000 a. C. vengono catalogati come Post-Sumeri. Il termine “Post-Sumero” si riferisce all’epoca in cui la lingua era ormai estinta e sopravviveva, soltanto, grazie ai Babilonesi e agli Assiri, come lingua liturgica e classica (per scopi religiosi, artistici e d’istruzione superiore). Tradizionalmente, si fa coincidere la sua estinzione con il tramonto della terza Dinastia di Ur, l’ultimo stato Sumero predominante in Mesopotamia, intorno al 2000 a.C. Abbiamo la fortuna di avere molti testi letterari e liste lessicali bilingui Sumero-Accadico, risalenti alla Scuola scribale di Nippur del periodo Tardo Sumero.
I testi Accadici scritti in caratteri cuneiformi sono stati, gradualmente, decifrati dalla scoperta delle iscrizioni di Behistun nel 1835.
Subito fu ipotizzata l’origine non-Semitica del cuneiforme. Le lingue semitiche, infatti, erano strutturate secondo forme consonantiche, mentre il cuneiforme era sillabico, perché collegava le consonanti con vocali particolari. Inoltre, nessuna parola Semitica fu rinvenuta per spiegare il valore sillabico attribuito a segni specifici.
La scoperta d’iscrizioni non-semitiche nei siti Babilonesi del Sud, suggerì che una lingua non semitica, il Tureno, avesse preceduto l’accadico in Mesopotamia e che questa lingua avesse sviluppato la scrittura cuneiforme.
Nel 1869, per designare questa lingua, fu proposto il nome “Sumero”, basandosi sul noto titolo “Re di Sumer e di Accad”. Se Accad si riferiva alla porzione semitica del Regno, Sumer poteva descriverne l’annesso non semitico.
Lo sbalorditivo numero e la varietà di valori fonetici che i segni potevano avere nel sumero, resero difficile la comprensione della lingua e si palesò l’idea che il sumero non fosse una lingua naturale, ma piuttosto un codice segreto (un linguaggio criptico); per più di un decennio, eminenti Assiriologi dibatterono questa tesi. François Thureau-Dangin, che lavorava a Parigi al Louvre, contribuì notevolmente alla decifrazione del sumero, con numerose pubblicazioni.
Finalmente, nel 1944, un sumerologo di fama, Samuel Noah Kramer, fornì un riassunto dettagliato e fruibile della decifrazione del sumero nel suo Sumerian Mythology.
Seguirono, infine, le pubblicazioni di dizionari e grammatiche divenute testo base per gli studenti di sumero, anche se restava la difficoltà di tradurre il sumero.
La maggior parte delle informazioni contenute nella relazione sono state desunte dalle seguenti fonti:
Sito internet wikimedia.org Sumer
Mortgat Correns, U., La Mesopotamia
Cohen, S., Enmerkar and Lord of Aratta
Pettinato, G., EDbla. Un impero inciso nell’argilla
Fioritto, N. Decifrazione della scrittura cuneiforme
2 - MITO E RELIGIONE PRESSO GLI ANTICHI SUMERI
INTRODUZIONE
Sino al 1869, quando Jules Oppert ipotizzò per la prima volta l'esistenza di una perduta lingua e di un perduto popolo di Sumer, è stato difficile avere dati certi sulla “religione” Sumera, fiorita in Mesopotamia (terra tra le acque) tra Tigri e Eufrate intorno al 4.000 anni a. C.. Sul finire del XIX secolo, le prime città di quel popolo cominciarono a essere riportate alla luce e le congetture iniziarono ad assumere valore scientifico.
Nel 1877 una spedizione archeologica francese individuò Lagash, la prima località sumera.
Tra il 1887 e il 1900 anche alcuni archeologi americani furono attratti dai ruderi della civiltà di Sumer e riportarono alla luce la città di Nippur, una delle località religiose di maggiore importanza. Oggi i cumuli di Nippur, con le loro Ziqqurat in rovina, s’intravedono già a 150 km a sud-est di Baghdad.
Come già accennato nel capitolo curato dalla Fascetti, il passaggio dalla tradizione orale a quella scritta, avvenne tramite la compilazione di tavolette in cui si accennava per la prima volta alla Creazione e al diluvio. L’elaborazione delle prime leggi, la costruzione di edifici a più piani, le conoscenze astronomiche, matematiche e geometriche, inoltre, permisero al primo popolo di lasciare tracce delle loro notevoli osservazioni. I miti della creazione insiti nella Cosmogonia sumera comprendevano miti e leggende che raggruppavano le diversità etniche, perché ogni città era indipendente, aveva il proprio mito, la propria religione e il proprio sovrano, che aveva potere assoluto ed era chiamato Lugal, Uomo saggio. Le città in continua lotta tra loro, si unificarono in quella che oggi individuiamo come Mesopotamia, sotto Sargon, il Grande re degli Accadi. Al centro di ogni città-stato sumera, su colline artificiali, sorgeva un tempio monumentale detto Ziqqurat o piramide a gradoni.
La sua forma esterna, simile a una torre, era composta di tronchi di piramide, sovrapposti a più piani. La sua forma ascensionale simboleggiava il desiderio dell’uomo di avvicinarsi al cielo. Sette rampe (ognuna rappresentante una costellazione e di colore diverso) portavano alla sommità piatta sulla quale i sacerdoti, veri e propri custodi dello Ziqqurat, celebravano cerimonie e scrutando i corpi celesti, ne traevano auspici e profezie. Gli alti basamenti servivano a impedire in caso d’inondazione, che le acque dei fiumi invadessero l’interno delle sue stanze sacre. Internamente, la struttura nelle zone più vicine al suolo, veniva utilizzata come un vero e proprio magazzino, dove veniva stivato il raccolto che poi i sacerdoti ridistribuivano alla popolazione. Nella parte più interna del tempio, era posta la statua della divinità. Ai lati della navata centrale si trovavano corridoi sui quali si affacciavano le stanze per i sacerdoti. Infine, c’era un palco con una tavola d’argilla per i sacrifici animali e vegetali. Tutta l’area della città-stato era consacrata a un Dio che era il patrono protettore della città La Ziqqurat era anche il centro politico ed economico della comunità. La distruzione del simulacro sacro o il furto della statua portata in esilio dal nemico era, infatti, molto temuto perché lasciava la città in balia del vincitore.
Ricostruzione al computer (CAD) della ziqqurat di Sialk. Basato su studi archeologici I Sumeri avevano una religione politeista (dal greco poly+teoi, “molti dei”) e veneravano una schiera di divinità legate alle tradizioni. Anche tra gli Dei c’era una rigida gerarchia che li suddivideva in divinità superiori e inferiori che si affiancavano nelle varie lotte continue.
Oltre ai 600 tra Dei Maggiori e Minori, veneravano anche oggetti sacri.
Secondo una tradizione Sumera, gli Dei avrebbero plasmato gli umani dall’argilla, per poi utilizzarli come servitori. Quando gli Dei erano adirati con gli umani, scatenavano terremoti e alluvioni.
I MITI SUMERI
Mito della creazione
Le tavolette di Ninive relative al poema Enuma Elish riportano i miti religiosi sumeri sulla creazione del mondo. Secondo una prima interpretazione, l’eroe Marduk sconfisse la dea Tiamat (ricordata come "il Mostro del Caos"). Gli Assiri attribuirono, invece, al dio Assur la morte di Tiamat; così è possibile pensare che Assur e Marduk fossero in realtà la stessa divinità
All'inizio, Apsu e Tiamat erano le divinità dei due oceani, il dolce e l’amaro. Da essi nacquero Lahmu e Lahamu, fratello e sorella, marito e moglie, e Anshar e Kishar, che sorpassarono i loro genitori in forza, bellezza e abilità. Anshar e Kishar, oltre a molti altri dei, generarono Enlil, il dio del vento e Anu, il dio del cielo, il quale generò a sua volta Enki o Ea, il dio della sapienza e della magia, assai più grande del padre. Anu, benché fosse in teoria il sommo, aveva un'influenza minima sulla vita umana. Enlil, il suo braccio destro, governava la Terra. Si narra che il vecchio Apsu (compagno di Tiamat), non riuscendo a dormire per il troppo rumore che facevano i giovani, decise di ucciderli, ma Tiamat sconvolta, replicò che non si poteva distruggere ciò che si era creato. Apsu fu irremovibile e uccise figli e nipoti. Ea, il più grande degli Dei, ricorrendo alla magia, lo uccise e lo trasformò in una montagna che divenne la sua sede. Proprio lì nacque Marduk/Assur, dio del Sole e della vegetazione, il più grande degli dei, protettore di Babilonia. Nel frattempo, Tiamat aveva meditato sul destino dello sposo Apsu e il suo cuore era colmo d'ira. Decise perciò di attaccare gli dei e distruggerli. Perfino Ea fu preso dal terrore. Alla fine, soltanto Marduk osò affrontare Tiamat in combattimento e, con l'aiuto di un forte vento che soffiava nella bocca della dea per impedirle di chiuderla, Marduk scoccò una freccia che le s’infilò in gola e la raggiunse al cuore. Quando Tiamat fu morta, Marduk tagliò in due il suo corpo, creando con una metà il cielo e con l'altra la terra. Marduk fu esaltato come Re degli dei. Il mito prosegue: An sovrintendeva il cielo, Enlil ed Enki, suoi figli, regnavano rispettivamente sulla terra e sugli abissi. Il primo aveva più potere del fratello, che aveva come figlio Marduk. An creò gli altri dei e ingiunse loro di lavorare la terra, ma questi si rifiutarono, perché troppo faticoso. Allora, creò l’uomo che pure si rifiutò di lavorare. Qui s’inserisce il mito biblico del paradiso terrestre e della cacciata da parte dell’uomo e della donna. La prima modifica babilonese al testo sacro stava nel punto in cui Enlil propose di mandare sulla terra la pestilenza ed il diluvio per punire la ribellione umana, ma Enki fece salvare Atramhasis su un’arca.
Mito di Gilgamesh
Altro mito fondamentale per i Sumeri fu quello di Gilgamesh re di Uruk, diretto discendente di Dumuzi, probabile re sumero, vissuto a Uruk intorno al 2700 a.C., che sperimentò la mortalità umana e compì un viaggio verso la conoscenza perfetta. Per un terzo uomo e due terzi dio, egli sconfisse anche Enmebaragesi, re di Kish, e fu in lotta con la sua discendenza.
Tra le sue imprese, Gilgamesh avrebbe ucciso un toro divino, inviato sulla terra dalla dea Inanna, che opprimeva il proprio popolo.
Nel poema epico di Gilgamesh emerge il principio della morte fisica. L'eroe Gilgamesh, dopo aver visto morire il compagno Enkidu, partì alla ricerca di Ut-Napishtim, al quale era stato svelato da Enlil il segreto dell'immortalità, dono che gli dei mesopotamici celavano agli uomini: Ut-Napishtim era perciò l'unico uomo che possedesse la vita eterna. Egli parlò a Gilgamesh di una pianta che dava l'eterna giovinezza. Gilgamesh trovò la pianta che gli fu sottratta da un serpente; allora fu costretto a intraprendere la via del ritorno e ad affrontare l'ineluttabilità della morte.
La stessa concezione appare nel mito di Adapa che rappresentava il genere umano: Adapa offese Anu, il dio del cielo, e si recò da lui per spiegargli il suo atto, dopo aver ricevuto da Ea, dio delle acque, l'avvertimento di non bere, né mangiare nulla. Anu rimase colpito da Adapa al punto di offrirgli il cibo e l'acqua della vita, ma Adapa li rifiutò senza rendersi conto di perdere l'immortalità. Gilgamesh ottenne dagli dei degli inferi che lo spirito di Enkidu ritornasse a parlargli della condizione dei defunti. Per i Sumeri l'aldilà era un triste, oscuro paese abitato da esseri "vestiti d'ali" che si cibavano di terra e di creta.
CONSIDERAZIONI
Nel primo mito, i Sumeri esaltano Babilonia, come “porta di dio”. Le gesta degli dei (Marduk, Assur,Tiamat rinviano alla creazione e al diluvio universale, alla morte e alla rinascita, temi cari ai Sumeri.
Nel secondo mito, attraverso la morte fisica dell’amato amico, Gilghamesh compie il viaggio che ha come meta la conoscenza perfetta.
Inoltre, proprio grazie a questi reperti, si evince storicamente la centralità di Babilonia rispetto alla città di Ninive. L'aver riunito in un unico centro tutto il potere, politico e religioso, fu per quei tempi, davvero una bella rivoluzione, e grazie appunto alla grandezza del pensiero babilonese, venne a crearsi un modello che segnò una nuova linea di pensiero, accettata e ripresa da molte culture successive. Per rafforzare questa nuova tendenza, i re di Babilonia si definivano pastori di popoli, amministratori di giustizia e servitori degli dei. Ogni anno, a Babilonia, il sacerdote e tutta la popolazione celebravano due festività importanti: la prima “inizio del nuovo anno” e la seconda “inizio della Primavera”, proprio ad avvalorare il mito della morte e della rinascita. I Sumeri, però, avevano un atteggiamento religioso differente perché erano più propensi a mantenersi in buona salute, piuttosto che conseguire l'immortalità. Queste cerimonie erano iniziate solo dal re, accompagnato sempre dai sacerdoti. A un certo punto, un sacerdote schiaffeggiava il re per ricordagli la sua mortalità; se il re piangeva, era di buon auspicio, perché il dio Marduk, riconoscendo la sua devozione, avrebbe concesso un anno florido. In caso contrario, la popolazione avrebbe dovuto affrontare un anno di sventure.
Marduk con Ishtar e Nabu costituiva la trinità babilonese. Il primo è il padre di tutti gli dei. Ishtar venerata come Innin, era la grande madre di tutti e simboleggiava colei che dava calore, fertilità e sicurezza all’uomo. Nabu era il figlio di Marduk ed era molto vicino all’uomo. Era colui che accompagnava la processione nella festa dell’Anno Nuovo, segno di rinascita e purificazione, che avveniva con l’aiuto di Ishtar. Accanto a questa triade c’erano altre divinità. Gli scritti assiri e babilonesi mostrano chiaramente che il popolo attribuiva i cambiamenti politici avvenuti in Mesopotamia ai sommovimenti nel regno degli dei. (fonte: http://spazioinwind.libero.it/popoli_antichi)
Indubbiamente, i Sumeri hanno il merito di aver unificato la diversità delle divinità esistenti, pur rispettandone l’unicità. In effetti, si parla per la prima volta di una città -stato, dove il re e sacerdote vanno di pari passo, uno al servizio dell'altro e viceversa. In seguito, i sacerdoti caldei ritennero che gli esseri celesti esercitassero la loro influenza mediante la forza delle stelle, associando pianeti, Segni, stelle e costellazioni a particolari divinità, come testimoniano sculture e amuleti o talismani adoperati nelle preghiere rituali. Bisogna dar merito ai Sumerie ai loro discendenti, perché - pur avvalendosi di strumenti di misurazione primitivi e non possedendo alcuna nozione matematica - hanno potuto compiere i complicati calcoli necessari per prevedere le eclissi e la retrogradazione dei pianeti, quali sono stati ritrovati, ad esempio, sulle tavolette del periodo di Sargon d'Agadè, scoperte nella biblioteca di Nìnive.
Estratto da Astrologia Iniziatica Scienza dei Magi (c) 2009 Associazione Archeosofica- Alessandro Benassai
EPILOGO
Tutto il materiale, in parte riportato e in parte da noi elaborato, ci fa comprendere quanto tempo, lavoro e dedizione, intere popolazioni abbiano dedicato a tutto ciò che ci circonda. Non dimentichiamoci che stiamo parlando dell’inizio dei tempi, quasi come una favola si potrebbe dire “ C’era una volta…” qualcuno che alzò gli occhi al cielo e vide per la prima volta…. Si, perché trattandosi del 3000 A.C.ca, si avevano a disposizione davvero poche cose semplici e le annotazioni che di volta in volta andavano aggiungendosi alla scrittura cuneiforme, hanno creato un patrimonio. Anche la più piccola osservazione, è diventata basilare, perché è comunque sempre un punto da cui partire, seppur per una riflessione o argomento di studio, sempre senza dimenticare la nostra natura umana, con tutti i nostri pregi e difetti. dove qualche volta, gli stessi difetti, sono stati smussati o magari, sono stati fonte di nuove scoperte. Confidando in una benevola condivisione, auguriamo a tutti una proficua lettura.
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