IL CICLO DELL’ORSA MAGGIORE
Dalla seminagione alla sepoltura
di Deborah Houlding
Traduzione di Meskalila Nunzia Coppola
In accordo con il tema annuale di questo Convegno, ho pensato possa essere interessante un dettagliato quadro sul modo in cui le costellazioni possono legare il passato collettivo con i futuri individuali. Generazione dopo generazione, le costellazioni sono state osservate per ottenere informazioni pratiche sul meteo, su luogo e sul tempo. Noi tutti avvertiamo un senso innato di riverenza verso le stelle, forse perché dobbiamo alzare la testa e guardare in alto per vederle. Le stelle, senza dubbio, si trovano in alto, perciò noi (che siamo inevitabilmente in basso), percepiamo la loro influenza, come fonte d’ispirazione. Per queste ragioni, quando dirigiamo il nostro sguardo al cielo, la visione ci fa comprendere il principio, secondo cui le stelle esprimono l’influenza di un potere naturale di ordine superiore. Questo ha contribuito ad attribuire al cielo notturno un meraviglioso e straordinario senso magico. Si tratta, in effetti, di uno schermo proiettivo, attraverso il quale noi celebriamo la gloria delle scoperte tecnologiche; nello stesso tempo, è il telaio mobile sul quale intessiamo i nostri valori spirituali. Le immagini delle costellazioni, maturate lentamente, sviluppate in vari secoli e raffigurate dalle differenti civiltà, rappresentano il manufatto celeste che esprime l’istinto emotivo della specie umana. In questo ricettacolo di simboli codificati, risiede la logica della matematica che ha dato alla storia il suo impulso iniziale, allo stesso modo in la spinta verso la spiritualità ha fatto pulsare le nostre vite.
In questa relazione, vorrei illustrare la
costellazione polare nord dell’Ursa Major, Orsa
Maggiore: il gruppo di stelle più antico e
diffusamente conosciuto, i cui archivi storici
permettono di testimoniare come le stelle abbiano
aiutato la specie umana a evolvere, anche
tecnicamente. In particolare, intendo spiegare in che
modo i significati attribuiti a queste stelle sono
diventati associazioni convenzionali per gli astrologi
occidentali.
Secondo me, un astrologo desideroso di acquisire
informazioni sul simbolismo delle costellazioni, deve prima obbligatoriamente intraprendere
gli studi adatti e poi assimilarne, mentalmente, le informazioni. In altre parole, affinché la
comprensione della conoscenza possa essere espressa in maniera efficace, essa deve passare
da un’estensiva contemplazione nel subconscio, allo stadio successivo in cui è illuminata dal
cuore: il proprio sé. Non sento, dunque, alcun bisogno personale per assegnare alle stelle
fisse un significato, inteso come obiettivo logico che esiste “là fuori”; si tratta, invece, di una
saggezza antica, capace di codificare la logica universale: quella che ci circonda dall’esterno e
ci parla dall’interno.
In realtà, molto di quello che si conosce sul significato astrologico delle stelle, è parte dei
miti. Per realizzare questi messaggi nel modo più appropriato, dobbiamo pensare e riflettere
sulle storie celate nelle stelle. Infatti, non possiamo pretendere d’interpretare il significato di
qualcosa che non capiamo, essenzialmente.
Gli astrologi devono considerare questo punto, quando assumono il ruolo d’interpreti del
simbolismo. D’altro canto, per una traduzione, chi vorrebbe avvalersi dei servizi di un
interprete che non capisce il linguaggio tradotto? Chi si avvarrebbe di un professionista che
conosce solo l’indispensabile per la conversazione, ma non ha mai sentito in precedenza,
ogni altra parola “articolata”? Nessuno accetterebbe tale interprete: anzi, ne nascerebbe la
convinzione che qualcosa di prezioso e valido sia andato perduto nel tentativo non riuscito
di comprendere il significato profondo delle parole contestuali.
Purtroppo, tale approccio ben si addice al modo in cui molti astrologi utilizzano il
significato assegnato alle stelle luminose. Troppo spesso, ci accontentiamo di frasi
stereotipate e commenti complicati, appoggiandoci felicemente sull’ipse dixit e non sulle
opinioni personali. Così, citiamo Brady o Robson, o perfino Cardano, che a suo tempo, aveva
citato qualcun altro …
Ora, vi mostro un esempio di questa tesi,
attingendo dal software di astrologia, Janus,
secondo il quale la stella Alioth, nella coda
dell’Orsa Maggiore:
“… indica pazienza e temperanza. Con i
pianeti malefici, può indicare cattiva fortuna
e delusione. Può essere vendicativa, se
provocata. Possiede la natura di Marte.”
Solo conoscendo la storia dell’Orsa
Maggiore, possiamo capire perché una stella
indicante pazienza e temperanza, sia
presentata come avente la natura di Marte. Le
definizioni tradizionali, infatti, sono poco attinenti con i principi associati a questa stella,
perciò la luce che può emergere dall’interpretazione è veramente scarsa. Una delle ragioni
per cui l’uso astrologico delle costellazioni e delle stelle appare tedioso e fatalista, è la
tendenza a cogliere solo un triste riflesso di quella che fu una volta l’architettura maestosa
della Divina Sfera Celeste. Una vera tragedia è perpetrata, dal punto di vista astrologico,
quando si utilizzano, unicamente, spezzoni di commenti appartenuti a qualcun altro.
Questi, dunque, sono i motivi che mi hanno indotta ad elaborare i temi inerenti alla
corrente conferenza: incoraggiare gli astrologi a ristabilire una comprensione genuina delle
stelle, anche quando si accingono a considerare una sola costellazione.
Prima d’iniziare a descrivere la costellazione Ursa Major, vorrei presentare le
caratteristiche principali di alcune immagini delle costellazioni e illustrarne alcuni punti
generali, su cui molti astrologi si pongono domande che non osano comunicare.
Per iniziare, avrete sicuramente notato
che alcune antiche immagini delle
costellazioni non coincidono con il modo in
cui sono state descritte, fisicamente. Per
esempio, avrete letto che la Vergine regge
un ramo di palma a sinistra e una spiga di
grano a destra, ma quando guardate
l’illustrazione, gli oggetti sono
rappresentati al contrario.
Le differenze appaiono molto rilevanti e
visibili, se compariamo un’antica
illustrazione del cielo settentrionale, nel
dipinto del pittore tedesco Albrecht Durer
del 1515, con quella eseguita 2oo anni dopo dall’astronomo francese, Phillippe de la Hire.
L’immagine di Durer è considerata la prima mappa astrale stampata in Europa, per cui è
ritenuta la più antica e originale, grazie alle informazioni che ha fatto circolare. Come potete
vedere, con il tempo, le dimensioni di alcune figure hanno subito ingrandimenti o riduzioni,
perché con il trascorrere del tempo, queste mappe sono state, via via perfezionate per
renderle più astronomicamente precise.
Notate come la direzione frontale verso cui è orientata l’immagine
dell’Orsa, sia rovesciata nelle due mappe. Nell’illustrazione di Durer,
l’Orsa domina Bootes in una posizione con la faccia rivolta in su;
nell’illustrazione di La Hire, invece, l’Orsa domina Bootes a faccia in giù.
Notate anche che Durer, nonostante cerchi di rendere visibili le teste, ha
disegnato le figure di schiena, mentre La Hire le presenta in posizione
frontale (ancora più rilevanti sono le figure umane).
Possiamo vedere nella mappa di La Hire, l’immagine delle costellazioni, così come
appaiono, quando guardiamo il cielo e le vediamo, come se fossero dirette verso di noi. La
precedente mappa di Durer (così come molte altre antiche carte del cielo europee), invece,
presenta le costellazioni dal punto di vista dell’occhio di Dio, come se noi stessimo
guardando verso di loro, da sopra o di là dalle stelle.
L’illustrazione di Durer essendo precedente, non coincide con l’immagine che realmente
possiamo vedere dalla Terra; perciò, per un uso pratico e nautico delle stelle, è necessaria la
capacità di riconoscere il loro raggruppamento. Quando noi guardiamo in alto per vedere le
stelle, dovremmo chiederci: “Perché Durer ha scelto questa prospettiva? Che cosa ha indotto
gli antichi cartografi stellari a presentare le loro informazioni tecniche in un modo, così
innaturale e anti-informativo?”.
La ragione è che Durer ebbe a
disposizione una sola fonte
d’informazione. Si tratta del più
incredibile manufatto posseduto
dall’umanità per capire, come le
costellazioni fossero immaginate ai tempi
di Tolomeo. Sto parlando del globo
Farnese, trovato sulla statua di marmo di
Atlante, il gigante che regge il mondo. Si
pensa che questa statua sia stata scolpita
intorno nel Secondo secolo, ma ora si
trova nel Museo nazionale di Napoli. Gli
antichi astrologi ellenisti non lasciarono
disegni per illustrare le ipotesi riguardanti la formazione delle costellazioni; per questo, le
immagini scolpite su questo globo, divennero il modello per la maggior parte delle antiche
mappe stellari; anzi, ispirò, artisticamente, tutte le illustrazioni contenenti rappresentazioni
grafiche riguardanti il cielo. Il risultato è che gli antichi astronomi-artisti furono, in qualche
modo, forzati ad accogliere una prospettiva in cui percepivano se stessi all’esterno del
Cosmo per guardarvi dentro.
Notate come la zona coincidente con il Polo Nord presenti un maggiore numero di
dettagli riguardanti le costellazioni, mentre appaiono scarni i dettagli concernenti il Polo
Sud, che resta opportunamente sulla testa di Atlante. In quei tempi, ben poco si sapeva sulle
costellazioni del Polo Sud, perché esse non potevano essere viste dall’Egitto, da Atene, da
Babilonia e dalle regioni da cui proveniva l’antica sapienza astronomica.
La situazione non cambiò molto, sino alla fine del Sedicesimo secolo. Vediamo, perciò, che anche l’illustrazione dell’Emisfero Sud di Durer, come fu conosciuta nel 1515, presenta pochissimi dettagli. Essa fu pubblicata quattro anni prima che Ferdinando Magellano ideasse il tentativo di circumnavigare il globo; in effetti, all’epoca, i cartografi europei avevano ancora molto da imparare sui cieli dell’Emisfero Sud.
La restante parte della mia relazione si baserà
sull’immagine del Diciannovesimo secolo,
dipinta da Sidney Hall, rappresentante l’Orsa
Maggiore, così come appare, quando la
guardiamo con molta attenzione e vi scorgiamo
le proporzioni esatte tra le stelle.
Le sette stelle più luminose formano
l’asterismo che tutti conosciamo, come “Carro”
o “Grande Orsa”. In questo gruppo, le stelle
sono ordinate sul dorso e sulla coda dell’Orsa
Maggiore, formando un grande gancio ben visibile che circoscrive il Polo Nord, facendo una
larga opposizione alla grande “W” di Cassiopea. Io la vedo come un grande punto
interrogativo, che suggerisce a noi astrologi un importante accadimento in quell’area del
cielo, così che dirigendo lo sguardo verso quelle stelle, possiamo chiederci “Che cosa
significa?”.
Possiamo ammirare un’immagine idealizzata
del Carro anche nel bellissimo quadro di Vincent
Van Gogh ”Notte di stelle”. È questo il più
importante asterismo nella storia
dell’astronomia. Una delle ragioni di questa
valutazione è che la sua grandezza e la sua
forma molto ben definita, rendono impossibile
non riconoscerne o osservarne la posizione.
Ancora più importante di tutto ciò, è la sua
caratteristica circumpolare. Questo significa che
“gira intorno al Polo”, e per quelli che come noi
vivono sopra la latitudine 40°N, la Grande Orsa è visibile in ogni stagione dell’anno. A
differenza delle costellazioni prossime all’eclittica, annualmente eclissate nel periodo in cui il
Sole si avvicina, oscurandole con la sua luce, l’Orsa Maggiore non ha alcun dileguamento
stagionale e non cade mai sotto l’orizzonte. Tutto questo la rende perfetta, come costellazione
da cui iniziare lo studio del riconoscimento dei gruppi stellari. Ovviamente, molte altre
costellazioni del Nord possono essere trovate in
rapporto a questa.
Osserviamo adesso le sette stelle principali del Carro.
1) Dubhe: la stella alfa, ossia la più
importante e rappresentativa del gruppo. Il suo
nome deriva dall’Arabo Dub, “Orso”.
2) Poi abbiamo Merak, il cui nome deriva
dall’Arabo Al Maraqq, “ lombo” o “fianco”.
3) Poi Phecda: Fakhdh, “Coscia”.
4) Segue Megrez: Al Maghriz, “radice”.
5) Alioth: il cui nome significa “grossa coda”.
6) Mizar: il cui significato è “cintola” o “cintura”, anticamente conosciuta come Anak al
Banat, ossia “Giovanette in lutto”.
7) E infine, Alkaid (o Al Qaid) “Leader”. Anticamente, fu conosciuta anche come
Benetnash con riferimento alle prefiche delle processioni funebri.
Ora, vediamo com’è rappresentato nei testi con i disegni a tratto, l’asterismo del Gran Carro. Ho incluso anche i nomi descrittivi delle stelle perché penso sia un peccato che gli astrologi occidentali fatichino ad abbinare queste stelle ai termini Arabi per i quali potrebbero non trovare i significati adatti. Gli astrologi arabi, a loro volta, evitarono di elencarli con i nomi greci perché a loro estranei; essi preferirono i loro termini equivalenti, e questo permise loro di afferrare il senso immediato del simbolismo connesso ad ogni stella. Dubhe, per esempio, ci svela immediatamente il suo significato, se ci accorgiamo che indica il dorso o la schiena dell’Orsa, e quindi simbolicamente, rappresenta il senso di responsabilità di cui essa si fa carico o le associazioni della nascita sul dorso.
In questa diapositiva, vediamo come la linea è
illustrata nelle mappe delle costellazioni e nelle
caratteristiche planetarie dei softwares di astrologia.
Notate la numerazione con caratteri greci che ora fa
parte del nome astronomico ufficiale di ogni stella. Si
tratta solo di un sistema numerico. Se io dovessi
numerare le stelle del Carro in successione, seguirei
la sequenza 1: Dubhe, 2: Merak, 3: Phecda …, oppure
A: Dubhe, B: Merak, ecc. I caratteri greci sono usati sia
come numeri, sia come lettere, e nei secoli Sedicesimo
e Diciassettesimo, questo era il sistema in auge perché il Greco (come il Latino) era un
linguaggio universale, attraverso il quale gli studiosi europei scambiavano le loro idee.
La convenzione secondo le lettere greche è
chiamata “Classificazione Bayer” perché segue
l’ordine stabilito da Johann Bayer nel catalogare le
stelle nel suo famoso testo del Diciassettesimo
secolo, Uranometria. Questo dimostra la priorità per
importanza che, di solito, fiancheggia la
magnitudine stellare, un termine che si riferisce
letteralmente alla luce di ogni stella. L’ordine delle
magnitudini somiglia un po’ all’ordine delle classi:
la prima classe è migliore della seconda e così via.
La classificazione di Bayer, comunque, non è un
indicatore affidabile per la magnitudine, perché l’alpha non è necessariamente la più
luminosa della costellazione, pur restando la più importante in ordine astronomico. La
parola “alpha” significa ‘no.1’, o prima e suprema; infatti, nell’Ursa Major, Dubhe è la stella
più importante, anche se non è la più luminosa, a causa dell’importanza della sua posizione:
è la stella luminosa che apre la processione delle stelle del Carro; ed è questo che permette
una facile identificazione della Polaris al Polo nord.
Il Polo è identificabile, volgendo lo sguardo verso
la grande Orsa insieme con la compagna più piccola,
Ursa Minor. È facile comprendere perché queste
costellazioni siano viste come creature della stessa
specie: hanno la stessa forma, ma in direzione inversa
l’una dell’altra.
La specularità della posizione ha permesso la
nascita di un importante strumento storico di
orientamento. La Grande Orsa, essendo più
distinguibile, permette una ricognizione facile
dell’approssimativa direzione nord, poiché le due stelle più luminose segnano una linea
prospettica che si estende direttamente alla Polaris, ossia la stella alpha dell’Orsa Minore.
Cerchiamo Dubhe e Merak, immaginando tra loro una distanza cinque volte maggiore di
quella necessaria per trovare Polaris. Per questo, Dubhe e Merak sono conosciute come le
puntatrici.
Polaris prende il nome dal latino Stella Polaris: “La
stella del polo”. Per migliaia di anni è stata la stella
più importante per la navigazione; infatti, una volta
localizzato il Polo Nord, ogni viaggiatore può trovare
il senso dell’orientamento di notte. Poiché la Terra ha
un trottolio di 26,000 anni intorno al proprio asse,
Polaris non ha sempre avuto quest’onore e lo perderà,
nel futuro. Attualmente, comunque, l’allineamento è
molto vicino: quasi ½°.
Possiamo vedere da questo diagramma, come il
Polo serpeggia intorno alla costellazione Draco.
Duemilacinquecento anni or sono, esso era identificato dalla stella luminosa Thuban nella coda del Drago, e tra duemila anni cadrà su Alrai, la stella del Pastore, appartenente alla costellazione Cepheus. Dal diagramma, possiamo vedere anche come Draco, il Drago o Serpente è veramente la costellazione più importante, quando è necessario affidarsi al cuore della regione Polare per lunghi periodi di tempo.
Il poeta romano Manilius illustrò il modo in cui il Polo può essere trovato con l’ausilio di
Ursa Major, che descrive l’arco maggiore: “Ursa Minor è più piccola, gira in un cerchio
minore, è di luminosità inferiore, ma è sicura nella guida”. La fonte di questo testo in versi,
proviene da una trasmissione risalente a Talete del Settimo secolo. Un
riferimento ancora più antico si trova nel testo di Omero, dove è descritto il
modo in cui la costellazione era usata in navigazione “con il Carro a nord, verso
sinistra, il navigante può sapere che si sta dirigendo a Est di notte”.
Ovviamente, le radici del simbolismo assegnato a questa costellazione sono molto remote, vi
è un’intima relazione tra le due costellazioni dell’Orsa, perciò in qualsiasi modo si
analizzino, devono essere comprese come unità integrata.
Dopo aver compreso questo, possiamo
considerare alcune influenze giacenti sullo sfondo
del significato individuale, attribuito alle stelle.
Iniziando con la stella alpha, Dubhe, possiamo
vedere il modo in cui la sua posizione
nell’immagine aiuta a rivelarne il significato
astrologico. Essendo localizzata sul dorso (per
qualcuno le spalle), Dubhe simbolizza l’abilità di
portare i pesi, il che accentua la caratteristica della
responsabilità. Tutte le stelle di Ursa Major sono
catalogate, come aventi la natura di – Marte, ma
poiché questa stella alpha è alta sopra di noi nel cielo ed ha un colore arancio, indica
un’attitudine coraggiosa nell’affrontare i problemi, prendendoli di faccia. La sua altezza
trasmette anche il senso di raggiungimento degli effetti. È quindi, una stella molto potente
nel bene e nel male. Può reggere bene contro le avversità, o distruggere e spazzare vie
l’opposizione.
Quest’abilità tagliente è anche, simbolicamente, sostenuta dalla sua posizione di stella che
guida l’aratro, strumento marziale, essenzialmente fallico (questa qualità è insita nel suo
penetrare nella terra femminile per fertilizzarla); ma indica anche la rapida distruzione di
qualsiasi cosa si trovi sul suo cammino. Il paragone quadra con quello che Reinhold Ebertin,
e Georg Hoffmann comunicano nei loro studi in “Stelle fisse e loro interpretazione”, dove
affermano: “È accreditata dal potere distruttivo di Marte” ed “è particolarmente distruttivo
in Temi mondiali, se si trova in congiunzione con Saturno”.
Inoltre, poiché Dubhe e Merak insieme sono le due lancette che indicano la Stella del
Nord, e poiché questa è percepita come Stella Guida (sia metaforicamente, sia per la
navigazione), entrambe le stelle sono associate alla guida spirituale e mentale. Eric Morse, in
“Stelle viventi”, descrive tutto questo, affermando “le persone influenzate da Dubhe o Merak
saranno eccellenti nel Counselling; e se non sono abili ad aiutare le persone, direttamente,
sanno loro indicare la direzione per ottenere la guida di cui hanno bisogno”.
Così, l’influenza di Merak è simile a quella di Dubhe, ma non detiene lo stesso potere, né
la ricerca di leadership. È una stella Beta, perciò assume un’enfasi sul “supporto secondario”,
essendo associata a coloro il cui intervento è usato per aiutare gli altri a incrementare il
potere.
Alcuni astrologi potrebbero pensare
che è incredibilmente irrazionale,
ipotizzare un effetto astrologico,
basandosi sulla posizione di una stella su
di una creatura immaginaria.
Storicamente, però, i filosofi astrologici si
aspettavano che il significato fosse
rivelato dall’associazione collettiva. Tra
l’altro, secondo l’opinione dei grandi
filosofi mondiali, l’anima è definita dalla
forma, la materia animata dà alla
creazione quella forma atta a permettere
l’espressione della sua qualità. Petrus Aureoli, filosofo del Tredicesimo secolo, fornisce come
esempio, una mucca: se la sua forma fosse allungata, come quella di un serpente, essa
sperimenterebbe un cambiamento riguardante l’istinto; cesserebbe di essere una mucca e
diventerebbe simile ad un serpente nella sua anima. Se accettiamo il principio astrologico,
secondo cui la forma riflette il significato, allora l’immagine delle stelle è ricca di significato e
non può mai essere deprivata del suo valore simbolico.
Comprendendo questo, possiamo
rilevare perché alla stella più luminosa
Alioth e alla sua vicina più prossima,
Megrez, sia associato un significato così
oscuro. Il loro significato è designato dalla
loro posizione vicina alla base della coda
dell’Orsa. Megrez, ricordate, significa
radice ed entrambe le stelle presentano
caratteristiche associate all’eliminazione,
alla distruzione e al rinnovamento.
Ebertin e Hoffman hanno sostenuto
questo nella loro ricerca, descrivendo
Alioth come “Di natura simile a Marte e distruttiva”. Essi elencano un numero d’influenze
critiche, come i pensieri suicidi, i pericoli durante la gravidanza e la cattiva fortuna generale.
Comunque, dopo averne descritto i terribili effetti, i due aggiungono che il loro risultato non
sia completamente affidabile e non dovrebbe essere utilizzato per la prognosi astrologica!
Alioth mostra una scia di colore rosso scuro, tonalità che contiene un significato marziano.
È segnalata come un’oscura stella trasformativa. Un modo rapido per identificare le
differenze tra Dubhe e Merak, ed Alioth e Megrez, consiste nel comparare la prima coppia
con l’espressione diurna e arietina di Marte, la seconda con l’espressione notturna
scorpionica. Ovviamente, Dubhe porta anche una bella dose di significati saturnini sul dorso
o sulle spalle, mentre stancamente trascina il suo fardello di responsabilità.
Ciò che ho comunicato, sino a questo momento, introduce il tema di Ursa Major, ma indica anche un’altra chiave da considerare – il moto circolare di rotazione che in realtà è il nucleo del simbolismo assegnato alle costellazioni. Tutte le rivoluzioni ricordano il ciclo di morte e rinascita; infatti, le ruote in moto sono, spesso, associate al fato.
Agendo come specchio cosmico sul cammino delle nostre vite e
circolando intorno ai cicli di nascita e morte, le due Orse girano
intorno al Polo, tracciando cerchi nel cielo, rivelando associazioni con le
ruote, i vagoni e gli oggetti concernenti l’idea di un arnese soggetto a roteare
o girare. Questa diapositiva con una fotografia a lunga esposizione, mostra il
sentiero stellare intorno al Polo, indicando il moto diurno delle Orse, così
come apparirebbe, se fossimo capaci di osservarlo, continuamente.
Ovviamente, durante ogni periodo di ventiquattro ore, poiché le stelle
spariscono e ricompaiono al tramonto, noi possiamo osservare solo una
porzione di questo movimento.
Tutto ciò è astrologicamente importante perché il significato tradizionale delle costellazioni, variando nel corso dell’anno, rivela l’alterazione della sua espressione nella prospettiva stagionale percepibile dai nostri sensi, come si presenta al tramonto. Questa è la sua “fase” o “apparenza” o quello che, anticamente, era indicata come “fenomeno”. Il termine fenomeno in lingua greca è il participio passato del verbo passivo phainomai, che significa “essere venuto alla luce” o “essere reso manifesto” (dalla stessa radice, nasce il termine attivo phaino che significa “brillare” ed è per questo che gli antichi Greci usarono il termine Phainon per Saturno e qualche volta per il Sole).
Allora, secondo il modo in cui al tramonto osserviamo l’aspetto stagionale della costellazione in quello specifico tempo, Ursa Major sin trasforma da aratro rivolto a est per simbolizzare la nuova vita primaverile, in carro funebre, rivolto a ovest per simbolizzare la fine della vita con l’entrata della stagione invernale. Quest’orientamento fondamentale è rinforzato dall’associazione della costellazione con la direzione Nord. Il tema principale nell’attribuzione dei significati individuali alle stelle, è legato alla tradizione del Polo Nord, considerato come l’agente e il portale, attraverso cui le anime umane passano per o dalla Terra. Porfirio lo associava al Segno zodiacale Cancro, affermando che esso evidenzia l’estremità nord del cielo. Ovviamente, la vera estremità del cielo è l’asse polare stesso, che trasmise miti di mondi, dove i mortali non potevano procedere, prima che lo zodiaco tropicale fosse stabilito. A tale proposito, tra i testi tradizionali, Christian Astrology di William Lilly, descrive i pianeti come settentrionali, quando hanno una latitudine nord. Il termine settentrionale 11 significa, semplicemente, “di sette” perché indica le sette stelle luminose del Gran Carro molto prossimo alla direzione nord; dunque, la parola sta proprio a indicare questo.
Continuando su questo tema, antiche fonti individuano in questo gruppo stellare una bara funebre, con le stelle del manico indicanti le prefiche in testa alla processione. Gli astrologi babilonesi, come si sa, leggevano l’influenza del “Carro” in associazione con le eclissi e i presagi riguardanti la morte dei re. Questa credenza divenne molto popolare in Bretagna, dopo la decapitazione del re Carlo I, quando la costellazione fu associata al carro che trasportò il suo cadavere dopo l’esecuzione. A quei tempi, la costellazione era ben nota, come “Carro di Carlo”, poiché già in secoli precedenti, la denominazione era stata originata dalla parola “anglosassone” churls che (come riccioli) presenta l’idea di arrotolare e girare con le conseguenti caratteristiche di vita e morte.
Per coloro a cui il temine non è familiare, “bier” è il ricettacolo sul quale il cadavere è deposto per la sepoltura. La parola deriva dall’inglese antico Bahre che ha la stessa radice di ‘bear’, e ‘barrow’ (ammalato). La radice europea è Bhergh, come in "iceberg", che essenzialmente significa ‘alto” e riflette il portentoso senso di potere associato al Polo Nord sopra il mondo. La parola si è poi trasformata in vari termini associati alle caratteristiche dell’Ursa Major, tra cui: orsa e sepoltura. Così, quest’associazione tra altezza dei cieli, oscurità del Nord e tremendo potere trasformativo, non solo generò la parola “bear”, ma le assegnò una reputazione così terribile che nei linguaggi europei fu proibito pronunciare questa parola, perciò venne rimpiazzata con frasi descrittive, come “quello con i capelli arruffati”.
In latino, la parola per “ bear” è ursus, al
femminile ursa, da cui otteniamo il nome classico
della costellazione unitamente al concetto che
rappresenta l’orsa femmina. Gli antichi Greci
estesero il significato, dimostrando che il termine
arktos ”orso” indistinto da arctic, significa nord.
Questo ci riporta al nome della terza stella
luminosa: Arcturus, (da Bootes) indicata come
“retroguardia dell’Orsa” a causa della sua posizione
davanti al Carro– da cui l’idea di Bootes "il
conducente" che spinge avanti il carro.
Gli antichi Celti usavano la parola derivata arto, da cui deriva il termine gallico per indicare
l’orso: arth. Questo ci riporta al nome celtico Arthur "Orso luminoso" (da arto ‘cervo + uther,
luminoso). L’antica leggenda del re Arthur sottende la conoscenza dello spostamento
precessionale del Polo, da Draco a Ursa Major. Lo studioso del Diciannovesimo secolo, R.H.
Allen diceva “Il re Arthur rappresentava il Grande Orso; … la costellazione che visibilmente
descrive un cerchio nelle regioni del Polo nord celeste, deve essere stata all’origine della
famosa tavola rotonda del Figlio di Pendragon … il popolo della Gran Bretagna per molto
tempo, lo chiamò “carro o vagone di Arthur’”. Pochi sono i dubbi, quando scopriamo che il
leggendario cognome di Arthur è Pendragon che significa “Testa del Drago”.
Secondo un poema del Decimo secolo, Arthur ottenne il titolo di “Custode del cancello”. Egli è uno dei numerosi eroi medievali la cui mitologia è, direttamente, associata alla storia dell’orso che sconfigge il drago. Un altro esempio ovvio è la leggenda germanica del Beowulf che conquista il drago. Più anticamente, il biblico “Libro di Giobbe” custodisce la leggenda di Behemoth – il più grande e potente animale terrestre– che combatterà contro una creatura simile al drago, alla fine del mondo. Questa illustrazione mostra un dettaglio ripreso da un quadro di William Blake su questo soggetto.
In una simile dottrina Hindu, le sette stelle luminose sono identificate come le abitazioni dei sette Rishi (saggi primordiali), mentre gli astrologi cinesi le vedono come rappresentazioni dei sette rettori (maestri) astronomici, che corrispondono alle sette aperture del cuore. La sapienza babilonese le associa ai sette Igigi (gli Dei dei luoghi alti), nella posizione di monitorare, costantemente, gli eventi sulla Terra, e a volte, rappresentati come le sette teste del vicino Draco, il Drago.
Un’antica reminiscenza di questo mito, appare nel racconto di Ovidio “Cadmo e il serpente di Marte”, simile alla leggenda greca di Ercole e Hydra. Molti di voi ricorderanno che ispirò una scena del popolare film degli anni Sessanta ”Giasone e Gli Argonauti”. Avendo sconfitto il grande Serpente di Marte (descritto da Ovidio, come “quello che serpeggia tra gli Orsi”) gli Dei ordinarono a Cadmo di popolare la sua città, seppellendo i denti del serpente. Egli ebbe il compito di “aprire la Terra con un aratro affilatissimo”. I denti, allora, emersero come sementi dal terreno, e rapidamente crebbero in uno scaglione di soldati armati. Essendo però sotto l’influenza di Marte, essi si attaccarono subito l’uno contro l’altro, così la maggior parte dello squadrone fu sbaragliata all’istante sulla stessa terra che aveva visto la loro apparizione. Dall’utero alla tomba, in un istante. Nella leggenda di Ovidio, molti particolari riguardanti i denti e le ossa, riflettono il tema della costellazione polare sulle ruote giranti, e sui cicli di generazione e decomposizione.
Il senso di morte e decomposizione è
profondamente inerente al significato astrologico
della stella che sto per considerare: quella sulla
punta della coda, usualmente chiamata Alkaid
negli scritti moderni, ma soprannominata nei
testi tradizionali con il titolo di Benetnash.
L’astrologo inglese del Diciassettesimo secolo,
William Ramesey, la incluse nel suo catalogo,
sotto vari nomi, tra cui “Il primo cavallo del
cocchio” e “L’ultima stella nella coda di Helice”.
Helice, intanto, era un nome usato per la Grande
Orsa da molte fonti tradizionali e deriva dalla
parola “greca” helix che ancora una volta, ci
rimanda al tema tipico della costellazione che gira o vortica intorno al Polo.
Il nome più popolare dell’ultima stella, Alkaid (o Al Qaid), significa ‘Leader’ o “chi sta
davanti”. Quando, infatti, l’aspetto stagionale diventa prominente in autunno (quando la
costellazione appare al tramonto con la coda rivolta verso l’orizzonte ovest), Alkaid è vista
come la prima delle tre prefiche incedenti davanti alla bara. A volte, queste tre stelle erano
rappresentate come cavalli; perciò, il nome della centrale Mizar, significa cintura e indica
quella tra i cavalli. In altri tempi, le tre stelle erano collettivamente conosciute come “le figlie
del feretro”, “le ragazze a lutto”, oppure “le prefiche assunte". Alkaid può essere l’ultima tra
le stelle importanti nella costellazione dell’Orsa, ma per rapporto all’aspetto della
processione funebre, diventa la stella guida del gruppo, dando forma al nucleo astrologico
dell’associazione con la morte, il dolore e la sepoltura.
Ovviamente, questo significato si estende anche a Mizar ed Alioth, perché tutte le tre
stelle presentano il simbolismo del lutto. Il significato è molto legato ad Alkaid, e sembra
essere supportato da una dettagliata ricerca, pubblicata da Reinhold Ebertin nel 1969. Egli
osservò i transiti dei pianeti superiori su questa stella, usando i dati risalenti ai secoli
precedenti, poi pubblicò i risultati in 40th Year Book for Cosmobiological Research. La sua
conclusione fu che Benetnash (la chiamava così) presentava una natura Marte-Urano-
Saturno, connessa a situazioni dove “molte vite devono essere compiante ”. Egli scrisse:
“Alla presenza di posizioni importanti nella mappa mondiale, Benetnash pretenderà vite
umane in calamità, come incidenti nelle miniere, crollo di case e ponti, frane, terremoti e
catastrofi causate dal clima.”
Mizar offre anche un’associazione distruttiva con gli incendi e le calamità di massa, ma
Ebertin e Hoffman aggiunsero che essa conferisce anche una certa creatività artistica insieme
alla fortuna mista. Come esempio di una sua importante posizione, essi riportarono
l’episodio del Graf Zeppelin, che per la creatività ottenne vari successi in aereonautica,
insieme al ben conosciuto disastro.
Quello che ora vorrei mostrarvi, è la visione di alcuni interessanti diagrammi che dimostrano come, il mondo antico e medievale si sia sintonizzato in modo del tutto naturale con l’orientamento dei cicli celesti, quasi a volerlo riflettere nei cicli della Terra. In questa prima diapositiva, notate l’orientamento del Carro, come ci appare al tramonto in primavera. L’Orsa è alta nel cielo, elevata sul Polo, e appare (come un neonato) prossima al reame spirituale dei Cieli. La sua coda punta verso l’esterno a Est, direzione della nuova vita e del vigore. Il diagramma medievale indica che quello strumento agricolo era designato per simulare le caratteristiche del Carro celeste a quei tempi; forse, in un desiderio d’invocare o lasciar discendere il suo potere.
Una caratteristica delle illustrazioni di antichi cocchi è che, quando volgono a Est in questo modo, rappresentano vigore, vita ed energia. Qui, per esempio, vi è un’illustrazione del seme-Dio Greco Triptolemus; solitamente, in quest’aspetto, è presentato mentre sparge semi di grano dal suo carro. Nelle antiche immagini dei carri bellici, quelli orientati verso Est, avanzavano pronti all’attacco; erano, infatti, la rappresentazione del pieno vigore e della preparazione alla vittoria.
Questa immagine egizia enfatizza tali qualità, innalzando la posizione del cavallo verso l’alto, quasi a dimostrarne virilità e potere. È un gesto fallico che si abbina alla posizione delle stelle del Carro come sono viste, quando appaiono in estate – ancora alte nel cielo, orgogliose e levate, verticalmente.
Ora, andiamo a comparare l’immagine del Carro con i disegni dei cocchi orientati ad Ovest, nell’atto di imitare la posizione delle stelle del Carro, quando appaiono in autunno e nel primo inverno. Questo accade, quando il catafalco (inteso come bara) scende verso la Terra e appare alla nostra vista, sotto il Polo, in basso all’orizzonte, con la coda puntata verso l’orizzonte occidentale, dove il Sole è appena tramontato.
Manilio indica proprio questa particolare posizione rivolta a ovest e nessun altra, quando afferma che le persone nate in questo periodo e con l’allineamento di queste stelle, hanno delle affinità con gli animali selvaggi e l’abilità di domare le bestie feroci. Egli riferisce che questo è il completamento della rivoluzione dell’Orsa, quando “con il muso in alto supplisce gli eterni passi nel suo precedente sentiero, mai immersa nell’Oceano, ma sempre girando in un cerchio.”
L’ultima stella da considerare è la Bianca Phecda, la
coscia. Essa è denominata “la coscia destra della Grande
Orsa o la prima ruota del vagone”; entrambi i nomi
suggeriscono associazioni con un punto ruotante in moto.
Questa stella dista in longitudine di solo mezzo grado
da Regulus del Leone, indicando che la sua influenza
tende ad essere ignota, in quanto effetto che fa da sfondo a
ciò che accade in quei paraggi. Phecda, comunque, ha una
storia speciale: alla coscia è sempre stata assegnata
un’importante simbologia perché permette il movimento verso l’alto e quindi, le aspirazioni
umane. Nelle creature capaci di camminare o di reggersi su due gambe, l’estensione della
coscia offre la capacità di allungare la statura e camminare dritti. Così, in vari modi, questa
stella sostiene l’influenza regale di Regulus nel simbolizzare il potenziale di elevare la
posizione tra l’ambizione e l’investimento di energia.
In rapporto a queste sacre associazioni della coscia, i testi antichi di molte civiltà
descrivono nei rituali che involvono l’offerta della carne di un animale sacrificale, indicano la
porzione dalla coscia destra, come parte riservata al sacerdote o come porzione speciale per
gli Dei.
L’identificazione di Phecda con la coscia è
particolarmente significativa perché conserva la memoria
dell’adorazione delle stelle del Carro da parte degli Egizi,
come Myshtyw, la “Coscia del Toro celeste”. Gli Egizi
identificarono la costellazione anche con uno strumento
agricolo per tagliare, ma molti antiche fonti si riferiscono
ad esso, come “zampa anteriore del toro”, “coscia di Seth”
o “gamba di “Apis”. Qui possiamo vederle, nel modo in
cui sono rappresentate nel famoso soffitto dello Zodiaco di
Denderah– dove appaiono, come gamba smembrata di un animale che penzola dal centro
del Cielo. Secondo un racconto mitologico, Seth nella forma di toro, uccise Osiride con la sua
zampa anteriore. Qualcun altro afferma che Horus abbia tagliato la zampa anteriore di Seth e
l’abbia poi lanciata in cielo, dove sarebbe diventata un simbolo di grande potere.
Dai geroglifici delle piramidi, apprendiamo di un rito funebre eseguito sul corpo del re,
conosciuto come cerimonia dell’“Apertura della bocca”. Esso includeva anche una sequenza
comprendente l’offerta di una coscia del toro. Questo è stato identificato come atto simbolico
in cui la costellazione associata al Polo nord agisce, come cordone ombelicale celeste, capace
di connettere lo spirito del re con quello del suo padre cosmico. L’asterismo che
riconosciamo come Carro, giocò due ruoli importanti in questo rito, dimostrando di nuovo
che la stessa costellazione può avere significati multipli, secondo i vari aspetti regionali.
Come Adze, le stelle prendono l’aspetto dello
strumento usato per aprire la bocca; come Myshtyw,
diventano la zampa del Toro celeste, usato per
l’offerta sacrificale e per alimentare lo spirito del re.
Gli Egittologi hanno recentemente scoperto che
quando la zampa rappresentava un’offerta spirituale,
era mostrata prima la coscia tagliata; quando, invece,
era vista come emblema della forza regale, portatrice
della capacità di sbaragliare un nemico, lo zoccolo
assumeva una posizione più importante.
Tutto questo ci aiuta a rilevare le connotazioni spirituali di Phecda, la stella della coscia
della Grande Orsa. A tale proposito, Ebertin e Hoffman osservano che in astrologia
mondiale, quando la stella è transitata da Marte, come potere distintivo, indica ribellioni
politiche e assassini.
Come esempio del modo in cui possiamo applicare queste conoscenze ai lavori sul Tema
natale, possiamo analizzare due carte molto simili in alcuni contenuti: l’oroscopo di Adolph
Hitler e quello di Mahatma Gandhi. Incredibili sono le configurazioni simili e le risonanze tra
queste due carte. Entrambi gli individui ispirarono movimenti politici d’influenza globale ed
entrambi presentano elevati contatti con luminose stelle del Carro.
Adolf Hitler nacque con Dubhe (allora a 13°38 dal Leone) in un arco di appena undici
minuti dal suo Saturno natale in Casa Decima. Ebertin e Hoffman posero l’attenzione sulla
pericolosità distruttiva di Dubhe in prossimità di Saturno; questa è sicuramente la stella più
forte nella carta di Hitler, essendo così elevata e strettamente in orbita. Saturno è l’almuten
dell’Ascendente Bilancia di Hitler ed è un pianeta cardine nella sua carta a causa del suo
quadrato con Venere governatore dell’Ascendente e con Marte, tra l’altro, strettamente
congiunti nella Casa Settima delle inimicizie manifeste (la Settima Casa indica tutte le
relazioni, ma è descritta dalla tradizione come ”l’angolo occidentale distruttivo”, quando,
come in questo caso, è governata da un pianeta di natura malefica). Saturno è anche il
dispositore della congiunzione Luna-Giove di Hitler, che gli diede l’abilità di ottenere
sostegni solidi e provocò esagerate ma forti reazioni emotive, attraverso le sue orazioni
pubbliche. Comunque, con l’influenza di Dubhe congiunta a Saturno e quadrata a Marte, il
messaggio di speranza di Hitler portava il seme della distruzione e dell’eliminazione per
rinnovare e ricostruire. Il suo TN mostra che, in qualsiasi circostanza, vi sarà un istinto per la
ricerca delle posizioni di potere, percepita come responsabilità personale che solo lui poteva
sostenere.
Mohandas Gandhi aveva lo stesso Ascendente di Hitler e la stessa congiunzione angolare
di Venere governatore dell’ascendente con Marte; eppure, mentre Hitler è ricordato come
portatore di Guerra, Gandhi è ricordato come benamato martire e simbolo del potere della
pace. Il parallelo diventa, particolarmente, rimarcabile perché la congiunzione Venere-Marte
di Gandhi è opposta quasi al grado al Segno e alla Casa di Hitler. Venere è governatrice
dell’Ottava Casa, e qui si trova in Prima, con il Grande benefico Giove nella cuspide della
Casa Ottava. Questo fa emergere le questioni della casa Ottava, ma non ci sorprende che con
il suo bisogno di guarire e mostrare compassione, Gandhi sia ricordato per aver sacrificato la
sua vita al principio della forza non violenta. Questa carta, comunque, mostra chiaramente
che Gandhi era un guerriero e che ha espresso lo spirito del guerriero. La Luna in elevazione
è quadrata alla congiunzione Venere-Marte e in congiunzione con Merak, la stella beta di
Ursa Major. Merak è associata con la leadership, la guida spirituale e l’abilità d’influenzare
gli altri o esprimere grande potere; ma lo fa dallo sfondo perché non si trova a suo agio con
un’attenzione troppo personale e diretta. Una Luna elevata, accesa e vivificata dall’influenza
della stella del Carro, mostra la tendenza a combattere per il popolo: Gandhi deve essere
stato stoico nella sua filosofia, ma per natura era di temperamento collerico. Innanzitutto,
questa Luna in Casa Decima, muovendosi dal quadrato di Marte a Giove, mentre regge il
potere terribile di Ursa Major, mostra perfettamente il segno del nome popolare con cui era
conosciuto Gandhi: Mahatma, ossia “La Grande Anima”.