KARMA
di Nunzia Coppola Meskalila
L'individuo è parte integrante dell'universo, perciò il suo Tema natale indica la storia di una possibile evoluzione per rapporto a se stesso, alla collettività, all’ambiente, al sistema planetario ed al cosmo. Immergersi nella luce dei propri astri, equivale a prendere consapevolezza sia delle buone opportunità offerte dalla vita, sia delle inevitabili difficoltà. Le indicazioni del Tema karmico aiutano l’individuo a percepire la natura del proprio percorso, così da sperimentarne le insospettate potenzialità e quei limiti così ovvi da non essere percepiti. Gli archetipi, i sogni e i simboli possono essere potentissimi strumenti di conoscenza karmica; si tratta d'immagini nello sfondo comune del karma umanitario e rappresentano gli intrecci di antiche memorie collettive che prendono forma e consistenza nel racconto individuale. Ogni grafico natale è l'immagine della situazione celeste, è l'illustrazione dei raggi planetari che con le loro qualità e la loro quantità di luce irradiano la nativa o il nativo. Nello stesso tempo, questi raggi incontrano anche una fittissima rete d’archetipi interiori che parlano della vita, in maniera simbolica. Dalla relazione del consultante con l’astrologo nasce la possibilità di decifrare in modo conguente le antiche metafore dell’oroscopo, secondo l'incontro sincronico tra i significati tradizionali dei corpi celesti, gli eventi passati, le storie presenti e i possibili futuri nella vita della persona interessata.
Per viaggiare meglio nei meandri dell’Astrologia karmica, è necessario chiarire tre concetti fondamentali: samsāra, libero arbitrio e karman.
Il Samsāra è il ciclo eterno del divenire, è l’insieme dell’esistenza universale e individuale, retta dal Karma con i suoi corsi e ricorsi ciclici. In altre parole, è il percorso da uno stato di coscienza all’altro, è il processo di trasmigrazione da una vita all’altra, sino al raggiungimento della liberazione finale. Secondo il Tantra, l'Infinito si manifesta, attraverso la creazione d’innumerevoli universi e illimitate individualità, ognuna delle quali percorre varie vite e tanti tipi d’esperienze, fino a realizzare la natura dell'Infinito che esiste in sé. Ogni singola esistenza è un sentiero da percorrere per evolvere in modo consapevole e ridurre la sofferenza terrena. Non sempre, purtroppo, ci si riesce.
Vi sono varie ipotesi sulle modalità d’attuazione del passaggio da una vita all’altra. Questa è la preferita dalla Scuola tantrica di mia appartenenza, ma è comune a molte altre Scuole di pensiero: dopo il trapasso, l’individuo sperimenta, solitamente, uno stato di profonda confusione e non sempre è cosciente di aver valicato l’altra dimensione. I riti funebri mirano, infatti, ad offrire al defunto la possibilità di prendere consapevolezza dell’avvenuto passaggio. Si tratta, in effetti, di una vera elaborazione dell’auto-lutto e della separazione. Questa presa di coscienza, in una dimensione non più subordinata ai limiti spazio-temporali della vita terrena, può avvenire in un attimo o dopo giorni o anni o secoli o anche millenni. Nel frattempo, il cosiddetto corpo sottile viaggia o soggiorna in una dimensione ultraterrena in cui continua ad acquisire conoscenza ed a percepire le impressioni d’antiche esperienze, seppur senza la piena consapevolezza d’averle realmente vissute. È importante, quindi, coltivare impressioni positive perché anch’esse determinano le vite future, oltre che influenzare la vita presente.
Appena l’individuo prende coscienza dell’avvenuta trasformazione, iniziano a delinearsi le fondamenta del cambiamento successivo, vale a dire della nuova nascita. Nel preciso istante in cui si concretizza la possibilità di una tappa successiva, termina lo stato di sospensione e l’anima sente il bisogno impellente di riprendere il contatto con una serie di gestalt interrotte, rinascendo. L’input definitivo è strettamente connesso alla bramosia di fruire dei desideri accumulati nelle esperienze passate e magari, non realizzati o lasciati in sospeso. Allora, la forza magnetica derivante dall’incrocio del passato con le condizioni in atto, genera un’attrazione fortissima verso i futuri genitori. Questi ultimi, a loro volta, con la propria storia permetteranno al nascituro di realizzare il tipo di vita inerente alle sue necessità karmiche. Spesso, la forza d’attrazione si attiva nell’istante in cui la coppia prescelta è nel pieno dell’unione sessuale e quando vi sono tutte le premesse perché avvenga il concepimento. Infine, il karma dei due genitori s’intreccia con quello della creatura che sta per essere concepita. Al momento della nascita, gli astri presentano la configurazione corrispondente al progetto karmico del neonato.
Il libero arbitrio è la garanzia affinché ogni anima possa scegliere, indirettamente o direttamente, le esperienze che la condizioneranno nel bene e nel male, sia nella vita attuale sia nelle seguenti. La gestione o l’ignoranza del condizionamento e la schiavitù o la liberazione dalle conseguenze del passato sono alla base d’ogni reincarnazione ma anche d’ogni singola azione e di tutti i pensieri della vita presente. Basti pensare al modo in cui il pensiero può condizionare il corpo e viceversa, o a quanto il nostro stile comunicativo incida sull’eventuale risposta dell’interlocutore.
Secondo la cosmogenesi tantrica, l’universo si manifesta in un eterno ciclo di creazione e distruzione, ossia di trasformazione dell’Energia. In seno ai trentasei principi della Creazione e del Karma, vi sono cinque Kanchuka o corazze che limitano il nostro libero arbitrio: Kāla o limite temporale; Kala o limite spaziale; Rāga o limite volitivo; Vidiyā o limite conoscitivo; Niyati o limite causale. I confini di questi limiti sono personali, modificabili e reversibili ma restano pur sempre dei limiti, almeno sino alla Liberazione finale. Volendo, noi possiamo allargare o restringere questi confini. Niyati, il limite legato alle cause esterne, come gli eventi naturali, è il meno personale e perciò, il più difficile da gestire, e lo possiamo sperimentare in situazioni come le catastrofi naturali o avvenimenti simili. Rāga, il limite alla volontà e Vidiyā, il limite conoscitivo, sono i più personali e perciò, i più mutabili e flessibili.Alla nascita, ognuno di noi trova quello che ha scelto in tempi e condizioni diverse. Si tratta di un percorso molto ampio, i cui estremi, passato e futuro, s'intrecciano con il relativo presente. Questo presente è l'essenza stessa del libero arbitrio: salvo apparenti eccezioni, in ogni momento, noi possiamo fare delle scelte consapevoli, partendo da quello che troviamo "in situazione". Possiamo decidere di abbandonarci agli eventi, di ignorarli, di collaborare con essi o di contrastarli; possiamo decidere di essere al di fuori degli eventi, così come possiamo decidere qualsiasi altra cosa. Naturalmente, il libero arbitrio non ci permetterà di cambiare la successione delle stagioni e le condizioni climatiche, a nostro piacimento. In un rigidissimo pomeriggio invernale, possiamo però decidere se sopportare, stoicamente, il freddo o se avvolgerci in una calda coperta; possiamo scegliere se eseguire movimenti di riscaldamento, se accendere i termosifoni o il fuoco, se restare tappati in casa o uscire. Il modo in cui si decide di reagire al freddo e le azioni che ne conseguono, scaturiscono da una libera decisione, sia per chi vive sotto un ponte, sia per chi risiede in un confortevole appartamento. Insomma, in una situazione che dipende da fattori non causati dalla nostra volontà diretta, possiamo decidere in quale modo affrontare l'evento. Non dobbiamo, però, dimenticare che siamo esseri umani e che l'onnipotenza non ci appartiene. Come per tante altre realtà inerenti alla nostra condizione terrena, anche il nostro libero arbitrio ha un suo limite e benché, grazie alla consapevolezza, possiamo allargarne i confini, sicuramente, non possiamo eliminarli. In effetti, possiamo migliorare le condizioni della vita, possiamo prolungarla ma non possiamo eliminare la morte che, tra l'altro, è un transito obbligatorio. Insomma, noi possiamo migliorare le situazioni in cui ci veniamo a trovare ma sempre nei limiti delle nostre reali possibilità. Spesso, purtroppo, ci capita di sottovalutare o sopravvalutare le nostre capacità. In entrambi i casi, finiamo per peggiorare la situazione. Un qualsiasi percorso evolutivo, e tra questi l’Astrologia, purché confacente alla nostra natura, ci consente di conoscerci meglio e ci offre la possibilità di trovare un personalissimo adattamento creativo, per affrontare le situazioni emergenti nella maniera a noi più conveniente.
Il termine Karman, dalla radice sanscrita kr, significa “azione, compimento, rito, produzione, attività”. Nel linguaggio ordinario rappresenta anche il lavoro quotidiano. Il Karman è la Legge universale di azione-reazione cui nulla e nessuno può sfuggire, nemmeno gli Dei. Secondo questa legge, le azioni ed i pensieri sono il risultato delle energie che ne determinano la causa. Nello stesso tempo, le conseguenze delle azioni e dei pensieri diventano, a loro volta, le cause d’altri risultati che, a loro volta, producono altri frutti, e così via, in una catena ininterrotta. Naturalmente, il karma non è prodotto solo dalle azioni e dai pensieri ma anche dalle omissioni e dagli evitamenti.
Capita spesso di testimoniare ingiustizie inesplicabili: persone disoneste che, a dispetto d’ogni umana giustizia, conducono una vita felice e promettente, mentre creature innocenti, sono marcate dal dolore o dalla disgrazia, sin dalla nascita. In realtà, gli uni e gli altri raccolgono i frutti delle vite precedenti, mentre piantano quelli per le esistenze future. In altre parole, raccolgono e seminano karma.
Il termine karman o karma ha subito spesso interpretazioni arbitrarie ed erronee che ne hanno svilito l’essenza fondamentale. La stessa religione brahmanica e vedica, portata dai pastori-guerrieri ariani che invasero l’India, stabilì il rigoroso sistema delle caste, legittimandolo con il principio, secondo cui l'appartenenza ad una di esse era dovuta all'eredità karmica. E così, da principio di responsabilità e libertà, il karma fu reso funzionale alla conferma o alla negazione dei privilegi legati alla gerarchia sociale e natale d’appartenenza.Citazioni di tali principi d’appartenenza sono molto frequenti nelle Upanishad, i commentari ai Veda. In Occidente, il termine è stato spesso confuso con il fato, la sorte e il destino. I primi missionari sbarcati in India ed i colonizzatori di varia origine, avvalendosi dei propri schemi mentali, attribuirono al Karma il significato di mera reincarnazione, associata ad un giudizio ineluttabile, emanato dalla volontà divina per premiare o punire l’essere umano.In realtà, non si tratta di una premiazione o di un castigo determinato da una forza esterna o superiore, né della legge del contrappasso, ma di una personalissima coazione a ripetere (la vita stessa, il Samsāra con il suo ciclo di nascita, crescita, morte e rinascita), a volte assai dolorosa, che si riproduce, sino al momento della consapevolezza e del cambiamento evolutivo. In ogni vita, l’individuo porta il bagaglio delle precedenti esistenze ed esso lo accompagna durante il suo percorso alla ricerca di nuove soluzioni. In questo modo, ad ognuno è data la facoltà di assumersi le proprie responsabilità e di modificarne gli effetti, cambiando il proprio modo di agire e pensare. Ogni azione diventa una possibile sperimentazione per ampliare al massimo la mappa del proprio vissuto e del libero arbitrio, così da modificare le conseguenze del passato. Il karman è un principio cosmico assai equilibrato che aiuta l’essere vivente a confrontarsi con uno stesso problema, fino a superarlo. Secondo questo principio, la conoscenza e la liberazione sono subordinate al frutto delle azioni dell’individuo ma vi è sempre una possibilità di recupero; nessuno potrà essere condannato a soffrire in eterno all'inferno o in altri luoghi simili perché vi sarà sempre la possibilità di agire sul proprio karma, al fine di evolvere e progredire. Persino l’essere più esecrabile avrà sempre la chance di ritrovare il cammino della liberazione. In altre parole, si tratta di un percorso di speranza in cui non esiste l’eterna condanna. Il Karma è, infatti, un itinerario formativo che dura diverse vite e che ci permette di evolvere o meno, secondo il modo in cui usiamo il libero arbitrio nei suoi estensibili o restringibili limiti. Tutte le anime tendono all’unione con il Cosmo e grazie al karma possono disporre di un percorso graduale per tornare a Dio o all’Infinito da cui provengono.
Il karmann si basa su quattro principi fondamentali:
1. L’Energia sopravvive alla morte del corpo.
2. Ogni azione, pensiero ed omissione è sia causa, sia effetto.
3. Tutte le azioni, le omissioni ed i pensieri prodotti da un essere vivente nel presente, producono karma futuro e neutralizzano, diminuiscono o accrescono gli effetti del karma passato.
4. Ogni reincarnazione è una nuova possibilità d’evoluzione. Essa porta con sé i semi d’impressioni (vāsanā) e tendenze derivanti dalle esperienze di questa vita e delle passate esistenze. L’insieme di questi semi è il samshkara (da non confondere con Samsāra, illustrato in precedenza) e costituisce la mappa delle predisposizioni karmiche.
I fattori karmici che, correlandosi al passato, indicano gli intrecci di un certo tipo di esistenza, piuttosto che un’altra sono tre: Adyatmika, Adibhautika e Adidaivika.
Il fattore Ādyatmika (microcosmico, soggettivo, individuale) è direttamente correlato al sé interiore (atmika). L’origine e la successiva trasformazione del benessere e della serenità, delle difficoltà e dei problemi, è insita nella nostra mente, nei pensieri, nei sogni, nelle fantasie, nelle azioni e nelle omissioni. Gli stadi della consapevolezza sono il frutto di situazioni emergenti da periodi che abbiamo dimenticato, quali l’infanzia, le condizioni prenatali e in ultima o prima analisi, le esistenze passate.
Il fattore Ādibhautika (fisico, terreno, materiale, mondiale) è legato ad agenti esterni e spesso indipendenti dalla volontà o dal controllo personale sugli eventi, come le condizioni atmosferiche, i rovesci sociali e ambientali o altri elementi scatenanti. Questa componente karmica è la più vicina a Niyati.
Il fattore Ādidaivika (macrocosmico, celeste) è definito dalle influenze astrali. Daivika è la configurazione astrale in sintonia con le esperienze da vivere.Questa mappa siderale indica anche le emozioni e le azioni del singolo per rapporto al suo passato. Ognuno di noi è nato in un particolare momento e in un determinato luogo, e deve necessariamente affrontare le conseguenze di quest’evento. Ādidaivika è il fattore meno irreversibile e più regolabile: in teoria, i genitori che lo volessero, con l’aiuto dell’Astrologia, potrebbero pianificare il concepimento dei propri figli, in modo da offrire loro la possibilità di vivere in condizioni migliori. D’altro canto, la conoscenza della propria mappa celeste e un appropriato lavoro sulle progressioni o su altri elementi dinamici dell’oroscopo, offrono all’individuo la possibilità di modificare le attitudini che producono effetti deleteri.
Per quanto concerne il processo d’attuazione, tre sono i principi che concorrono alla realizzazione del Karma: il prarabdha o delle azioni che iniziano a dare i frutti; il kriyamana o delle azioni correnti; il samchita o dei residui d’azioni accumulate.
Prarabdha karma è l’insieme delle azioni pronte per dare i frutti. Prarabdha è la situazione che si trova al momento del concepimento e poi della nascita, con le esperienze passate più caratterizzanti e con le particolarità più determinanti: il corpo, il temperamento, le attitudini, le qualità, i difetti, le potenzialità, ecc.. In sintesi, si tratta di ciò che ha spinto l’anima a scegliere quel tipo di genitori e quel determinato ambiente. Quando le tendenze in situazione si manifestano, l’individuo ha la facoltà di scelta all’interno di esse e se usa l’intuizione, la coscienza e il discernimento per vivere saggiamente, potrà sempre avere la forza di evolvere con l’aiuto di scelte e relazioni consapevoli. In Astrologia karmica, i Nodi lunari e Venere sono indicatori di prarabdha. Lavorando, evolutivamente, sulla natura di questi fattori astrologici, tenendo presente il progetto di vita originario e l’imprinting natale, l’individuo può meglio comprendere le esperienze e le relazioni passate, così da attivare una maggiore realizzazione del processo di crescita.
Kriyamana karma, detto anche agami o vartamana o istantaneo, indica la possibilità di risoluzione o intensificazione del karma accumulato. Grazie ad esso, l’essere vivente può mantenere, migliorare o peggiorare la propria attitudine verso le esperienze della vita, ignorando, accettando o negando che esse abbiano origine dal modo in cui egli struttura il suo pensiero, le azioni, le scelte, le omissioni e gli evitamenti. Si tratta anche di tutto quello che si compie o non si compie nella vita attuale, e che fonda le basi per le prossime reincarnazioni. In astrologia karmica, Mercurio, Marte e Giove (soprattutto una loro eventuale relazione), sono indicatori di Kriyamana.
Samchita karma o Karma Cumulativo è formato dall’insieme dei residui d’azioni compiute in varie esistenze ma non ancora mature per dare frutti immediati. Questo tipo di karma è composto dal materiale non elaborato, che in questa vita e nelle altre, è stato stivato in una parte del subconscio e nella memoria genetica. Una volta attivato, samchita matura in fretta e partendo da ciò che emerge, di volta in volta, può causare esperienze traumatizzanti e inattese, ma anche meravigliosi lampi d’insight e azioni liberatorie, portando l’individuo alla consapevolezza. In Astrologia, Saturno è l’indicatore del Samchita in azione, mentre la Luna e il Sole sono indicatori del modo in cui la potenzialità di Samchita viene espressa, sin dalla nascita.
Per collaborare con il processo karmico e trascenderlo, ottenendo la liberazione dal Samsāra, gli asceti praticano varie strade, sino all’identificazione del proprio sé in ogni essere vivente. Una tra le strade per migliorare il proprio progetto, forse la più “semplice”, è il karma yoga o niskāmakarma, ossia il processo di liberazione dai vincoli e dai limiti generati dalle attività. Il karma yoga è un altro termine spesso travisato e male interpretato; molti lo confondono con il volontariato o con il lavoro fatto per il bene della comunità, di un ideale o del maestro, un tipo di disponibilità questa, assai nobile e preziosa, ma di tutt’altra natura, tanto che persino il nome è completamente differente; infatti, si chiama Sheva o servizio devozionale.Il Karmayoga, invece, è strettamente legato al distacco dal frutto delle azioni, piuttosto che alla rinuncia dell’azione stessa. I laici ne possono realizzare una forma semplificata, attraverso la consapevolezza interiore e il non attaccamento al proprio lavoro o ai suoi vantaggi, compresi i risultati e i traguardi da raggiungere. Si tratta, comunque, di un percorso molto impegnativo perché richiede la continua consapevolezza dei pensieri, delle sensazioni, delle emozioni e delle azioni quotidiane, oltre ad un approccio quasi sacro al proprio lavoro. Di solito, gli esseri umani lavorano per concretizzare un ideale ma anche per realizzarsi, per ottenere ricompense e profitti a favore di se stessi e dei propri cari, per nutrire le proprie ambizioni, per la ricerca del potere personale, per la semplice gratificazione e per tante altre ragioni. Con il trascorrere del tempo, molti rischiano di diventare schiavi del proprio lavoro e degli utili ricavabili o non, finendo per viverlo solo come fonte di benessere o di malessere, secondo i casi. Accade spesso che, dopo l’iniziale zelo e l’impegno appassionato, a poco a poco, alcuni finiscano per annientarsi nel lavoro, facendo scelte sempre più interessate e venali, pur di mantenere o aumentare lo standard ottenuto. L’idea del profitto o dell’economia energetica prende, così, il sopravvento su tutto il resto. Altri si alienano nella corsa verso le ambizioni, il successo o il benessere totale, fino alla schiavitù, all’annientamento della propria natura e all’indifferenza verso quella degli altri, compresi gli utenti, i colleghi o gli associati di vario genere. Un rischio che, prima o poi, può scaturire da quest’approccio, è il rallentamento o il blocco della propria evoluzione, anche al punto di capovolgere la situazione acquisita e produrre inadeguatezza e fallimenti, non solo dal punto di vista etico o spirituale ma anche da quello professionale e sociale. Il karma yoga può essere un ottimo strumento di prevenzione per questo tipo di degenerazione. Naturalmente, questa pratica non deve necessariamente trasformare gli individui in missionari al totale e cieco servizio delle imprese o degli utenti, anche perché in questo modo, si potrebbe addirittura capovolgere la situazione, producendo mistificazioni, ambiguità e dipendenze di vario genere.
Il laico che pratica il karma yoga, pur vivendo ogni attività lavorativa come un atto sacro, come mezzo d’evoluzione e come rito, chiede e riceve la sua giusta remunerazione, non rinuncia al suo guadagno, ma non subordina il proprio lavoro al solo profitto materiale o unicamente alla propria crescita personale. Nel programmare le attività lavorative e nell’espletare i suoi compiti, chi pratica karma yoga si concentra sulle persone verso cui è indirizzato il suo servizio e non sui tornaconti personali. D’altro canto, senza dover, obbligatoriamente, scegliere la vita spirituale e pur non identificandosi nell’adepto che santifica il proprio lavoro, quest’approccio dovrebbe far parte dell’etica professionale di ognuno, ed ancor più di chi esercita professioni basate sulla relazione d’aiuto. In primis, noi astrologhe e astrologi.