L'ANIMO UMANO HA BISOGNO DI BELLEZZA E GIOIA: COME COLTIVARE VENERE
di Darby Costello
Traduzione di Meskalila (Nunzia Coppola)

All’inizio del VI secolo, il vescovo di Padova scrisse una poesia per una coppia di sposi. Il poema racconta che Cupido si recò nel rigoglioso giardino della sua splendida madre, Venere, comunicandole la perdita del loro vecchio "impero" e l'avanzare "della fredda verginità" che si stava impossessando del mondo intero. Cupido, allora la esortò a rprendere il suo dominio: "Alzati, scrollati di dosso il sonno!". Lei rispose che non avrebbe ancora lasciato il suo giardino. Poi aggiunse: "Durante la sosta, tutti noi, i più forti, dobbiemo restare insieme. Le popolazioni del mondo devono imparare che la potenza di una Dea evolve, proprio quando tutti la ignorano".
Nel mondo odierno, "la fredda verginità " che relegava Venere nel suo giardino segreto è stata sostituita dall’ansia legata alla terribile ed estesa occupazionalità. Purtroppo, questo causa la perdita del rispetto per i poteri invisibili degli Dei e delle Dee. Oggi, finiamo per chiedere a noi stessi o ai nostri genitori e ai dirigenti d’impersonare gli Dei e le Dee che abbiamo perduto. Le nostre relazioni ne soffrono le conseguenze. In realtà, ne soffre anche la capacità umana di assaporare il piacere che nutre l’anima e di godere la bellezza del mondo così com’è. Il bisogno di cose sempre nuove, di persone altre, di trovare diversità in noi stessi, sembra essere una malattia dei tempi in cui viviamo.
Nella mia pratica di consultazione astrologica, ho avuto modo di afferrare questo senso di angoscia collettiva, sia in me stessa sia negli altri. Ho cercato di portarlo alla coscienza, piuttosto che lasciarmi sommergere dalla ansia generale che si propaga, liberamente, fino a centrare una persona, un gruppo o una comunità. Attualmente, viviamo in un mondo precario e mutevole che appare insicuro a tante persone. Gran parte del mio lavoro con i clienti consiste nel localizzare le difficoltà, le ansie, le preoccupazioni, i pensieri, le immagini e le sensazioni che invadono i giardini privati della nostra esistenza. RiIn che modo usciamo a prestare l'adeguata attenzione alla bellezza di Venere presente nella nostra carta? Come riusciamo a connetterci con la dimensione del suo regno in maniera da accrescere la gioia e la bellezza nella nostra vita e nel mondo intorno a noi? E inoltre, vale la pena farlo o si tratta di puro egoismo in un mondo pieno di confusione e di angoscia?
Per rispondere a queste domande, è utile tornare alle Dee associate al pianeta Venere, sin dai tempi in cui le Divinità viventi erano ancora connesse con i pianeti! Quattromila anni fa, la Mesopotamia già sapeva che la stella del mattino e quella della sera erano le stesse. In tempi differenti, le dee Inanna e Ishtar rappresentavano la Divinità del pianeta.
Nella tradizione stellare della nostra storia antica, queste Dee erano veramente potenti: tutto e tutti dipendevano da loro. Questo inno di Inanna risale a oltre 3000 anni fa:
“Alla fine della giornata, la stella radiosa, la Grande Luce che riempie il cielo,
la Signora della Sera, appare nei cieli. La gente di tutte le terre alza gli occhi verso di lei”.

L'inno prosegue, narrando che gli uomini e le donne si purificarono, mentre il bue, le pecore e tutte le creature viventi nei giardini, nella steppa, nei frutteti, nei canneti, sugli alberi, nei mari e nei cieli, obbedirono ai suoi comandi. Le donne anziane prepararono una festa per lei, e:
“La Signora si aggira per la terra. C'è grande gioia in Sumer. Il giovane fa l'amore con la sua amata”.(2)
Molto più tardi, nel secolo ottavo a.C., Esiodo scrisse che Afrodite, la Dea greca dell'amore e la più diretta antenata della nostra astrologica Venere, era nata da un omicidio brutale: suo padre Urano era stato violentemente smembrato e ucciso dal figlio Kronos, su istigazione di sua madre Gaia. Quando la schiuma delle membra recise di Urano, galleggiò sulle rive del mare, Afrodite (nata dalla schiuma), prese forma. Questo straordinario e oscuro inizio, ha creato qualcosa di portentoso:




W H Goss 7 ¼ inches, 18.4 c.m. c1870

La schiuma bianca circondò la carne immortale,
E in essa crebbe una ragazza ... La Dea uscì, bella e molto riverita ...
Il suo nome era Afrodite tra gli uomini e gli dei ...
Eros è il suo compagno; un dolce desiderio la segue sin dall’inizio ...
Ha quest’onore e ha ricevuto questo potere:
affettuoso mormorio di fanciulle, sorrisi, e giochi,
E dolce delizia, cordialità e fascino.(3)

Questa Dea assorbì le caratteristiche di Inanna e di Ishtar, le Divinità stellari mesopotamiche, e anche quelle delle dee orientali. In Grecia, però, Afrodite diventò qualcosa di unico: lei che nacque dal mare vorticoso con la schiumosa memoria del parricidio, non fu più un potere cosmico, ma qualcosa di nuovo e particolare, “la dea del rapimento”.(4)



Venus Anadymomène, Cornelis de Vos 1585-1651 Prado, Madrid

Da quel momento, attraverso Afrodite, è stata data una struttura, una forma e una vita propria alla bellezza che illumina la naturale attrazione provata dagli esseri viventi l’uno per l'altro. Nell’accezione greca di dirimere i fili del cosmo, in modo che ogni parte assuma vita e carattere unico, Afrodite fu separata dal suo mondo e le fu assegnato il reame della bellezza e dell'amore. Lei incarnò “l’estasi dell’abbraccio d’amore”.(5) Afrodite è la dimensione atemporale del piacere provato quando le cose potenzialmente creative s’interconnettono. Gli esseri viventi si rincorrono grazie a lei. Quando due esseri (umani, mucche, pesci, o anche piante) mostravano le potenzialità per la creazione, lei era lì. Lei era presente ed era la delizia intrinseca nella bellezza di tutto ciò.

Qualche secolo dopo, quando i Greci erano intenti a sviluppare i nuovi e complessi modelli per la comprensione della natura e dell'universo, il poeta e filosofo Empedocle dichiarò che Amore e Odio erano i due principi centrali nella creazione. Egli raccontò come la terra, ancorandosi nel porto perfetto di Afrodite e mescolandosi con varie sostanze, produsse sangue e carne.(6). Egli affermò che Afrodite aveva unito tutte le forme mortali con i colori nati dalla mescolanza del Fuoco, della Terra, dell’Aria e dell’Acqua.(7) Afrodite fu una regina e spinse gli umani ad avere pensieri d’amore e inclinazioni per la pace. Ella fu instillata nei mortali e chiamata “gioia”, Afrodite permise che le cose si unissero per amore(8) Che immagine meravigliosa!

Questi momenti di gioia sono fugaci come la bellezza della stella del mattino e della sera, poco prima che la giornata inizia e appena prima che la notte ritorna . I Greci sperimentarono la bellezza transitoria come attimo sacro tra la dura realtà del giorno e i pericoli del buio notturno. Afrodite incarnava questi momenti di meraviglia, di fugacità, di dissolvenza, anche di sparizione per lunghe epifanie tra il suo periodo di crepuscolo e l'alba. Lei divenne un transitorio ed effimero momento di gioia.

Ad Afrodite fu anche associato l’impulso verso la civilizzazione.(9) Quando le prime pulsioni e le prime emozioni furono modellate nell’arte, lei era lì. Lei non è solo procreativa, ma è presente anche nella gioia dell’istinto creativo, nella ri-creazione della creazione.

In puro stile greco, il suo mondo fu drammatizzato nella poesia e nel teatro per secoli interi. Dai poeti, Omero, Sofocle, Eschilo ed Euripide, si apprende di un suo lato terribile. Sentiamo parlare delle sue tremende capacità di vendetta, quando non è onorata e ci rendiamo conto che lei appare è orribile, quando l'amore va male. Ne sperimentiamo il lato tremendo, quando soffriamo perchè l’amore e la gioia scemano. Da Platone abbiamo appreso come sia possibile sublimare il desiderio per la bellezza fisica in quella eterna. Più tardi, con i poeti romani, soprattutto Orazio e Ovidio, abbiamo appreso che dolore e terribile tristezza si verificano, quando Venere scompare da una relazione. Amare e perdere sembrano una parte intrinseca del suo dominio.

Duemila anni fa, quando fu formulata l’astrologia dalla quale deriva quella dei nostri giorni, Venere conservò le caratteristiche delle antiche Divinità mitologiche, poi perse la piena magia del suo potere. Ella continuò a essere benefica, ma meno di Giove, il Grande benefico. Qualche volta, quando governava da sola, le fu assegnato pieno potere benefico, ma spesso fu ridotta a governare amore e cosmetici, causando più problemi che delizia per la maggior parte del tempo.

Potremmo chiederci come questo abbia influenzato il nostro atteggiamento verso l’amore, la bellezza e la gioia nel corso dei secoli. Venere adesso sembra ancora nascosta nel suo giardino, anche se è emersa con forza, per qualche momento, nel periodo medievale e poi nel Rinascimento italiano. Sarebbe meraviglioso se qualcuno di noi, volendo, potesse attirarla di nuovo! Sarebbe bello se potessimo onorarla, in modo che lei possa portare la sua mirabile bellezza, dritto nel cuore della nostra vita e della nostra astrologia.

Ognuno di noi ha un modo per coltivare i doni di Venere così che possano durare per l’intera vita. Ma lo vogliamo veramente? E come possiamo sviluppare la capacità di sopportare il tipo di perdita connessa con i suoi doni? Non abbiamo più il culto delle divinità stellari, ma come astrologi, dobbiamo onorare le dimensioni che ogni pianeta rappresenta. Che cosa significa onorare Venere? Significa onorare la bellezza transitoria della vita, l'alba, il tramonto, i fiori recisi, l'amore perduto, la bellezza delle cose che passano. Ricevere i suoi doni interamente, significa imparare a lasciare le cose che amiamo, quando scompaiono. Essere ricettivi alla bellezza degli altri e del mondo che ci circonda, significa che quando sperimentiamo pienamente le perdite, impariamo ad aspettare un'altra stagione e un altro fiore.

Sembra che stiamo vivendo in una civiltà ormai fuori controllo. Molti di noi si sentono vittime di forze esterne al potere individuale; e poiché non onoriamo più gli dei e le dee che una volta, credevamo governassero la nostra esistenza e, anche quella di chi ci governa, ci sentiamo impotenti. Nel Ventesimo secolo, siamo cresciuti, credendo di possedere l’autonomia sulle nostre vite, ma stiamo anche soffrendo per la perdita di tale credenza. Dalla congiunzione Saturno-Urano-Nettuno del 1989, un nuovo archetipo sociale è entrato in essere, un nuovo mondo ancora informe. Molti di noi sono sprofondati nel caos. La confusione che accompagna tutti i periodi di transizione, riguarda tutte le civiltà della terra. Come astrologi, noi dovremmo offrire comprensione e saggezza ai nostri clienti e a noi stessi in questo tempo di transizione, culturalmente caotico (Urano in Pesci in ricezione mutua con Nettuno in Acquario - la scintilla dell’individualità in ciascuno di noi si sente sopraffatta e sommersa dalle acque degli insondabili e caotici cambiamenti culturali di questi tempi.)

C.G. Jung ci dice: “L'individuo non ancorato in Dio non può, attingendo dalle proprie risorse, offrire resistenza alle lusinghe fisiche e morali del mondo. Per questo, egli ha bisogno dell’evidenza di un’esperienza interiore trascendente che possa proteggerlo dall’inevitabile immersione nella massa.(10)

Ci sono molti modi per perdere se stessi e molti modi per ritrovarsi. Ci sono molti modi per sperimentare una connessione con ciò che è eterno: una presenza divina nel nostro cuore. Ci sono molti modi per trovare il sentimento interiore dell’esperienza trascendente che ci fa tornare alla bellezza e alla gioia della creazione, dando valore al viaggio. Per gli astrologi, questo è possibile, recuperando Venere. Per comprendere il luogo, il modo e le condizioni specifiche in cui Venere appare nella nostra vita, bisogna contemplare la sua posizione nel nostro tema natale, nella progressione e nei transiti. Capire la nostra capacità individuale di ricevere, di accettare il buono, il vero e il bello della vita, la fa uscire dal suo giardino nascosto e la porta nel nostro. Come astrologi, possiamo osservare Venere nei nostri Temi individuali con l’intento di trovare i modi per farla uscire dal suo giardino segreto e portarla, nel mondo immaginifico dell'anima, in modo che ognuno possa trovare un accesso personale e originale verso quel giardino. Contemplando la nostra Venere, nel pieno del caos e dell’ansia, potremmo trascorrere più tempo con lei e accorgerci che custodisce la capacità della nostra anima di godere la bellezza e l’amore dell’esistenza. La bellezza è fugace, ma è sempre ricorrente, è eterna ma continuamente sfuggente; eppure, è pronta a ritornare ancora, una volta che abbiamo appreso a perdere ciò che è andato. Chi ha questa capacità, apporta qualcosa di grazioso - porta la grazia - a se stesso e a coloro che lo circondano: grande gioia in terra!. Che cosa di più meraviglioso può esistere nella nostra breve e preziosa vita?


Footnotes
1. Lewis, Allegory, 1979, p. 78 citing Ennodius, Carm. Lib.I, iv, lines 1-4 (ed. Hartel in Corp. Script. Ecclesiast. Vol. vi, pp. 29-52).
2. 'The Lady of the Evening' in Kramer, Samuel Noah and Diane Wolkstein's, Inanna, Queen of Heaven and Earth: Her Stories and Hymns from Sumer, (New York: Harper and Rowe, 1983), p. 101.
3. Hesiod, Theogany, pp. 192-206, p. 29.
4. Otto, Homeric Gods, p. 92.
5. Otto, Homeric Gods, p. 95.
6. Empedocles, Frag. 98.
7. http://kr.geocities.com/hyun_sinnayo/presoc.htm#Empedocles 'Presocratic Fragments and Testimonials' © James Fieser. This text file is adapted from passages in John Burnet's Early Greek Philosophy, 3rd edition, (London: A & C Black Ltd., 1920 [1892]), [hereafter Empedocles, Fragments], Frag. 71. [accessed 2 February 2006]
8. Empedocles, Frag. 22.
9. For Aphrodite's civilising influence see Paris, Meditations, pp. 16-19; and Friederich, Aphrodite, pp. 90-91.
10. Jung, C.G., CW 10: The Undiscovered Self, p 258.

BIBLIOGRAPHY
Empedocles, 'Presocratic Fragments and Testimonials' © James Fieser. This text file is adapted from passages in John Burnet's Early Greek Philosophy, 3rd edition, (London: A & C Black Ltd., 1920 [1892]), at http://kr.geocities.com/hyun_sinnayo/presoc.htm#Empedocles
Friedrich, Paul, The Meaning of Aphrodite (Chicago: The University of Chicago Press, 1978).
Hesiod, The Homeric Hymns and Homerica: The Theogony, II, 961, at http://omacl.org/Hesiod/theogony.html
Kramer, Samuel Noah and Diane Wolkstein's, Inanna, Queen of Heaven and Earth: Her Stories and Hymns from Sumer, 'The Lady of the Evening' (New York: Harper and Rowe, 1983), p. 101.
Lewis, C.S., The Allegory of Love: A Study in Medieval Tradition (Oxford: Oxford University Press. [1936] 1986).
Otto, Walter, F., Aphrodite, transl. Moses Hadas, (New York: Pantheon Books, Ltd., 1954).
Paris, Ginette, Pagan Meditations, translated from the French by Gwendolyn Moore, (Dallas, Texas: Spring Publications, Inc., 1986).