PRENDIMI L'ANIMA: L'OROSCOPO COME VISSUTO PSICHICO
di Grazia Bordoni
Prendimi l’anima
Prendimi l’anima è un bel film del 2002 di Roberto Faenza che racconta l’incontro e la segreta simmetria che ne scaturì tra Carl Gustav Jung e Sabina Spielrein. Quando Meskalila mi ha invitato a partecipare a questo congresso che propone argomenti suggestivi e a me estremamente cari, la prima associazione che ho fatto è stata proprio questa. La seconda associazione invece è stata con una relazione di Roberto Sicuteri, presentata al primo congresso tenutosi a Venezia eoni fa, dove si parlava appunto dell’oroscopo come reale psichico e vissuto cosciente. E mi è venuta questa sintesi che, a mio avviso, racchiude l’essenza della pratica astrologica. Almeno, del genere di astrologia che io amo e che mi sforzo di realizzare.
Come è noto, l’intreccio celeste che ci rappresenta e che ci accompagna dal momento in cui veniamo alla luce può essere letto su tre piani: sul piano psichico, su quello fisico, su quello del destino. Ogni singolo elemento del tema natale ha questi differenti livelli di lettura e di espressione: e, dunque, è fuor di dubbio che rappresenti davvero per ognuno di noi il nostro reale psichico e il nostro vissuto cosciente. Ci sono poi scuole o particolari branche astrologiche che magari privilegiano un livello a scapito degli altri, ma va bene, fa parte del nostro essere umani, per fortuna ognuno può scegliersi il modus operandi che preferisce e prosperare nel proprio settore. Ma è altrettanto fuor di dubbio che l’analisi astrologica abbia tutti gli strumenti necessari per arrivare a leggere l’anima dell’individuo che il disegno davanti a noi così bene rappresenta e descrive. Ma attenzione, perché questa può essere un’operazione densa di pericoli. Perché la prima cosa che dobbiamo capire è che lettura di un tema natale non è mai un’operazione a senso unico.
Uno scambio inevitabile
Anche chi ha visto soltanto qualche episodio di CSI o altre serie analoghe sa che sulla scena del delitto si trovano tracce della vittima e anche dell’assassino, per quanto abile sia quest’ultimo. Perché quando c’è un contatto avviene sempre uno scambio: è una legge che governa tutte le relazioni umane, di qualunque genere siano. E lo scambio avviene anche quando si esamina un oroscopo, a maggior ragione se ciò avviene attraverso un consulto, tra l’astrologo e il consultante, tra l’astrologo e il tema, in assenza di un consultante in carne ed ossa. Perché, comunque, un tema ci parla, comunica con noi che lo esaminiamo, suscita emozioni e in qualche modo ci cambia, magari impercettibilmente, ma ci cambia. Entriamo sempre e comunque in una situazione di segreta simmetria che bisognerebbe essere preparati a gestire. Perché il rischio è appunto quello che qualcuno finisca non solo con il leggere l’anima, ma anche con il prendere l’anima dell’altro: l’astrologo l’anima del consultante, il consultante l’anima dell’astrologo, in un meccanismo perverso che richiede la complicità di entrambi. Il problema del potere sull’altro riguarda anche l’astrologo: ne vediamo esempi tutti i giorni anche tra i mini consulti che avvengono nei gruppi interni a Facebook o nelle mailing list: il piacere di possedere si intreccia con il piacere di essere posseduti in una reciprocità che si autoalimenta tanto che alla fine è difficile capire chi sia veramente il plagiatore e chi il plagiato.
Per tornare a Jung e a Sabina Spielrein, fu proprio attraverso quella esperienza che Jung comprese in prima persona, sulla propria pelle, l’importanza del controtransfert che esemplifica bene la legge dello scambio: se tra analista e analizzato di instaura un legame emotivo, quella sorta di innamoramento che l’analizzato prova per l’analista e che assume mille sfaccettature, il legame non è mai a senso unico, ma qualche cosa succede anche nel cuore e nell’anima dell’analista, oltre che dell’analizzato. Sono fenomeni che chiunque si occupi di relazioni tra esseri umani dovrebbe conoscere e saper gestire: anche l’astrologo, dunque, perché parafrasando quanto appena detto, con la lettura di un tema natale qualche cosa succede anche nel cuore e nell’anima dell’analista-astrologo e anche l’analista-astrologo deve esserne consapevole e preparato alla gestione di tale meccanismo.
Un guida al counseling
Recentemente ho ritrovato un vecchio file con la traduzione in italiano del libro di Bernard Rosenblum “La guida dell’astrologo al counseling” che tratta molti temi inerenti proprio queste dinamiche interpersonali e la loro gestione. La pubblicazione sul blog di Armonics ha riscosso grande interesse e ha posto di nuovo al centro del dibattito il problema della preparazione dell’astrologo al rapporto con chi lo consulta.
So che molti storcono il naso quando si tocca questo argomento e dicono che l’astrologo dovrebbe limitarsi a fare l’astrologo senza invadere altri campi. Soprattutto senza voler fare lo psicoastrologo – o qualche cosa di analogo. Può essere vero. Ma allora bisognerebbe definire con precisione quale è il campo di indagine dell’astrologo. Deve limitarsi a descrivere ciò che vede nella carta astrale? Deve restare sul piano fisico o su quello del destino senza toccare quello psichico? Ma parlare di destino – specialmente se si entra nel campo previsionale – non rischia di avere un forte impatto proprio sulla psiche del consultante? Certe visioni (e pre-visioni) catastrofiche hanno creato stati d’ansia parossistici in molte persone che poi peregrinano da un astrologo all’altro in cerca di nuove verità, possibilmente meno angoscianti. Per contro, certe previsioni trionfali hanno provocato euforie non giustificate che si sono poi trasformate in depressione e senso di inadeguatezza nel momento in cui non si sono realizzate. E quindi torniamo al problema iniziale della preparazione dell’astrologo che non può, a mio avviso, essere solo tecnica.
Ma quanti si pongono questo problema? E quanti, una volta postosi il problema, fanno qualche cosa per affrontarlo o risolverlo? Ricordo qui un preciso appunto che faceva anche Meskalila su Facebook, mi sembra: il counseling non si improvvisa, bisogna studiare, prepararsi. E su questo, a mio avviso, non ci piove.
Eppure.
L’astrologia fa uno strano effetto sulle persone. Appena uno mastica un po’ il linguaggio specifico della materia, si impadronisce della tecnica, si convince magicamente di essere depositario della verità, sente di essere un grande astrologo, magari il miglior astrologo degli ultimi 150 anni, e si autorizza da solo a sparare sentenze che spesso sono soltanto colossali scemenze. Anziché utilizzare ciò che ha appreso come fonte inestimabile di autoconoscenza, usa le sue conoscenze come strumento di potere o di auto celebrazione. Capisco che possedere un mezzo del genere possa in qualche modo inebriare chi magari non ha altri mezzi per autogratificarsi ma i danni diretti e collaterali sono pazzeschi, molto peggiori dei supposti danni fatti dalla tanto vituperata astrologia commerciale che, invece, è fondamentalmente innocua proprio per la sua giocosa genericità. Penso a persone che si dissanguano economicamente per andare a trascorrere il compleanno in capo al mondo credendo, con ciò, di poter curare malattie gravissime o di poter comunque cambiare un destino già scritto – senza accorgersi del fondamentale paradosso insito in tale convinzione.
La psiche nello Zodiaco
Ma se l’oroscopo è il vissuto psichico di ognuno di noi, ogni volta che lo si tocca, che lo si legge, si tocca comunque anche la psiche dell’altro, la sua mente. E la mente ha un potere enorme sul corpo e forse anche sul destino. Pensiamo alle malattie psicosomatiche che distruggono il corpo. Pensiamo alle malattie mentali che inducono a commettere azioni magari distruttive verso sé o verso gli altri. Sappiamo che in alcuni casi la mente riesce a dominare il corpo: ci sono fenomeni di autoguarigione che possiamo chiamare miracoli e pensare a un intervento divino o possiamo chiamare fenomeni psichici di cui non conosciamo ancora i meccanismi. Molto banalmente mia madre, tabagista incallita per oltre 70 anni della sua vita, intossicata quindi di nicotina fin nel midollo, a un certo punto smise di fumare. In preda alla demenza senile aveva dimenticato le sigarette e il fumo: eppure il corpo non diede alcun segnale di crisi di astinenza.
La mente guarisce, la mente colpisce. Proprio di recente due amici miei pochissimi mesi dopo la morte del coniuge amatissimo si sono a loro volta ammalati di cancro, fatto che ha stimolato in me una serie di riflessioni su questi amori così forti che, spezzati, inducono il partner superstite ad ammalarsi in un evidente quanto inconscio desiderio di non sopravvivere al compagno perduto.
A ben vedere, lo Zodiaco ce lo dice.
Che Venere simboleggi tanto la sfera affettiva quanto lo stato di salute è ovvio e (spero) universalmente accettato. Che l’amore vissuto e ricambiato porti a uno stato di benessere totale è altrettanto ovvio. Non per nulla quando si è innamorati si ha la sensazione di camminare tre metri sopra il cielo, di essere onnipotenti e immortali.
Il primo domicilio di Venere è in Bilancia dove aspira alla perfezione dell’unione affettiva e all’impeccabilità dell’aspetto esteriore, specchio di uno stato di salute ugualmente perfetto. E’ una Venere che si realizza compiutamente nello staccarsi dall’egopatia della casa I per trovare un equilibrio nel rapporto con l’altro-casa VII. Di fronte alla Venere bilancina c’è Marte: è dunque l’egopatia che può danneggiare Venere bilancina, impedirle di realizzare l’unione, così come una sessualità mal vissuta, fine a sé stessa, può danneggiare la relazione affettiva e spezzare l’unione.
Il secondo domicilio di Venere è in Toro: qui aspira alla stabilità, al benessere, alla continuità anche materiale e carnale del rapporto, alla sua realizzazione concreta e nella materia. Qui Venere assume il ruolo di dea protettrice e ispiratrice della vita: siamo sull’asse seconda-ottava, l’asse appunto della vita e della morte. Venere taurina è la pienezza della vita, calata com’è nell’esplosione della natura, nella forza della germinazione e della creazione della vita (è la stagione degli accoppiamenti!). Ma di fronte a sé ha Plutone, il distruttore, il dio degli inferi, dell’Ade, significatore di morte. E’ la morte che spezza il legame, la morte che toglie l’amore in una sottrazione che genera debolezza fisica, malattia. Perché arriviamo alla terza posizione di Venere nello Zodiaco, che la tradizione colloca nel segno dei Pesci. Qui Venere aspira ad andare oltre, a trapassare, a raggiungere una dimensione altra. Ma per farlo deve cambiare, deve trasformarsi (è nel segno di Nettuno). Però ha di fronte a sé Mercurio-ragione che la invita a razionalizzare, appunto, a prendere coscienza della realtà: siamo sull’asse sesta-dodicesima casa, l’asse appunto della malattia e degli ospedali. Dunque Venere, per andare oltre, per divenire amore trascendente, amore divino, universale, puro spirito, deve accettare la realtà della casa sesta, farsi umile, accettare la propria limitatezza di essere umano e mortale, deve accettare la realtà che anche l’amore finisce, che deve farsi piccolo piccolo per concentrarsi sulle necessità quotidiane e da lì partire per tuffarsi nell’oceano pescino e mutare, evolversi. Ecco dunque la possibile spiegazione che lo Zodiaco ci offre: chi vive un amore perfetto e si realizza completamente nell’unione resta però impantanato nella realtà corporea, non riesce a elaborare la mortalità, e quindi la fine dell’unione, e si ammala.
Il Re che balbettava
Un tema natale, dicevo, può essere letto su tre piani, quello fisico, quello psichico e quello del destino. Nel bel film “Il discorso del Re” di Tom Hooper, uno straordinario Colin Firth – giustamente premiato con l’Oscar - interpreta Giorgio VI d’Inghilterra, padre dell’attuale sovrana Elisabetta II. Un personaggio particolare, di cui non sapevo quasi nulla perché i miei ricordi infantili riguardavano piuttosto il fratello, colui che fece il gran rifiuto, il Re che per amore aveva rinunciato al trono, una cosa troppo romantica per non colpire l’immaginazione pubblica e soprattutto quella dei mass media che per decenni hanno continuato a riproporne la storia. Un Re riluttante, è stato definito Giorgio VI, che non aveva alcuna voglia di salire a un trono a cui non era destinato, ma che accettò per senso del dovere e per consapevolezza del proprio ruolo istituzionale e che fu, invece, un ottimo Re, molto amato dai sudditi che aveva rifiutato di abbandonare durante i lunghi anni di guerra, preferendo condividerne il destino e decidendo di restare a Londra per tutta la durata del conflitto, non sottraendosi neppure a frequenti visite al fronte.
Albert Frederick Arthur George era il figlio cadetto di un altro figlio cadetto. Un ramo collaterale che non aveva prospettive di trono. Invece suo padre, Giorgio V, era salito al trono in seguito alla morte del fratello maggiore, ma lui, Bertie, come lo chiamavano in famiglia, probabilmente non immaginava che gli sarebbe toccata la stessa sorte e comunque non la desiderava né se l’augurava. Suo fratello David, il futuro Edoardo VIII, era bello, spigliato, adorato da tutti, dalle donne in modo particolare. Bertie era lontano anni luce dalla vita avventurosa e spericolata di David: e balbettava.
La balbuzie è un problema di comunicazione. Le cause sono molteplici e non ben definite: in parte possono anche essere diverse da individuo a individuo. C’è, sembra, una componente genetica che cause esterne in qualche modo possono scatenare fino all’insorgenza del disturbo.
Le biografie di Giorgio VI e il racconto cinematografico ci mostrano alcune di queste possibili cause scatenanti: nato mancino, da bambino era stato costretto a imparare a usare la mano destra, dovette per molto tempo portare un apparecchio ortopedico per correggere le gambe non perfettamente diritte. Il padre lo riprendeva severamente per la balbuzie e incoraggiava gli altri figli a prenderlo in giro quando balbettava. Per la cronaca, il film racconta del lungo sodalizio e dell’amicizia tra il futuro Re riluttante e il suo logopedista australiano che riuscì a metterlo in grado di pronunciare discorsi ufficiali senza balbettare, come in ogni caso richiedeva il suo ruolo di membro della famiglia reale.
Se la balbuzie è un problema di comunicazione, da un punto di vista astrologico deve essere descritto da Mercurio. Ed è questo l’elemento su cui voglio concentrare la mia attenzione perché particolarmente significativo in questo tema.
Mercurio si trova in Sagittario, nel secondo campo, congiunto al Sole e opposto a Plutone e a Nettuno. Riceve dunque un’opposizione dal governatore dell’ascendente in Scorpione e dal secondo governatore del segno in cui si trova e che è anche il secondo governatore del Sole. E’ dunque un’opposizione piuttosto dura (e quella con Nettuno è anche alquanto stretta). E visto che stiamo parlando di governatori occupiamoci di Giove, che governa il Sole e Mercurio, e che governa anche il terzo campo, il settore appunto della comunicazione. Giove è culminante, il che va benissimo per un futuro Re, ma riceve una quadratura da Venere, governatrice dell’ottavo campo, e da Saturno che non governa alcun campo ma che è il signore del segno che il terzo campo intercetta.
Direi che ce n’è più che abbastanza per diagnosticare un problema di comunicazione!
E questo è il livello fisico. La comunicazione-Mercurio è confusa, incerta, inafferrabile (opposizione di Nettuno), fonte di tormenti, di paure, di angoscia (opposizione di Plutone) e provoca quindi un senso di destabilizzazione, di instabilità personale, di autosvalutazione (casa seconda). Giove è sì il mezzo che porta al vertice della realizzazione personale, ma è fonte di frustrazione affettiva (quadrato di Venere) e di scarsa autostima (quadrato con Saturno nel primo campo). Per completare il quadro della manifestazione somatica del simbolo, aggiungo che l’opposizione Plutone-Mercurio lungo l’asse secondo-ottavo campo ben descrive il cancro ai polmoni che portò Giorgio VI a una morte prematura.
Ma Mercurio e il campo terzo simboleggiano anche i fratelli: qui siamo sul piano del destino. E vediamo quindi un fratello importante ma inafferrabile (probabilmente rappresenta un modello irraggiungibile), che lo tormenta irridendo la sua balbuzie e che nello stesso tempo rappresenta un potere opprimente, angoscioso – dopo tutto è quello che gli scarica la patata bollente del trono in un momento storicamente difficile per poi defilarsi dalla scena pubblica. E’ il fratello che mina la sua sicurezza (casa seconda), che gli toglie la terra da sotto i piedi. E’ il fratello che lo priva della sua vita tranquilla e relativamente poco esposta in quanto cadetto costringendolo a fare qualche cosa che non desidera, per cui non si sente adeguato (Giove, governatore del terzo campo, culminante quadrato a Venere e a Saturno nel primo campo). Il trigono che Giove forma con Marte è probabilmente quello che permette ad Albert di reagire, nonostante le difficoltà, di lottare per superarle. E’ forse quello che, sul piano fisico, gli permette di combattere efficacemente la balbuzie. Marte governa il settimo campo e probabilmente spiega anche l’importantissimo ruolo svolto dalla moglie: fu lei, la futura Queen Mum che abbiamo tutti conosciuto, a trovare il logopedista giusto e a sostenere sempre incrollabilmente il marito in ogni momento della loro vita in comune.
E veniamo al piano psichico. Mercurio è anche la capacità percettiva, la capacità di intellegere situazioni, ambienti, persone. E’ la capacità di capire, di mettere in relazione. Una funzione fondamentale per la realizzazione dell’Io, dal momento che Mercurio è il pianeta più vicino al Sole da cui non si allontana mai più di 28°. E che cosa deve capire il Mercurio del futuro Re? Innanzi tutti quali sono i suoi valori, su quale terreno poggiano i suoi piedi, quali sono le sue risorse vitali – i valori di casa seconda – e poi deve capire come realizzare sé stesso, qual è il suo valore come persona (congiunzione con il Sole in casa seconda). Operazione resa difficilissima dall’opposizione di Nettuno e di Plutone: un immaginario irrequieto e mal controllato (Nettuno in Gemelli e in campo ottavo), un bisogno di protagonismo sotterraneo, confuso e colpevolizzante (Plutone in Gemelli e in campo ottavo) rendono problematica la comprensione della realtà, dell’ambiente casa seconda, ma rendono problematica anche la comunicazione con quella realtà, con quell’ambiente, rendono difficile e angosciante ogni tentativo di realizzazione autonoma dell’Io-Sole. E quindi la comunicazione si blocca, la parola stenta a uscire.
Naturalmente poi su tutto ciò incidono anche altri fattori: una figura paterna che confonde e che fa paura (Sole opposto a Nettuno e a Plutone), relazioni familiari castranti (nodo nel quarto campo quadrato a Plutone e quadrato a Marte), un narcisismo frustrato che diventa senso di inadeguatezza (Venere in campo I quadrata a Giove culminante), giusto per accennarne alcuni.
Potrei, potremmo tutti andare avanti nell’analisi, scavare ancora più a fondo.
Ma a questo punto io mi pongo sempre molte domande.
E adesso?
La domanda che mi pongo praticamente da quando ho incominciato a occuparmi di astrologia è sempre la stessa e non ha ancora trovato risposte certe.
Fino a che punto l’astrologo può scavare in un tema?
E non mi riferisco al mezzo tecnico-astrologico che è sicuramente potentissimo. Mi riferisco a quanto detto nella lunga premessa. Se l’oroscopo è il reale psichico e il vissuto cosciente di una persona, un’indagine su di esso comporta un cambiamento (il famoso scambio) tanto in chi riceve quanto in chi compie l’analisi. L’astrologo è pronto ad accogliere questo scambio, a farlo suo, ad accettarlo come elemento di crescita, di evoluzione? Difficile, senza consapevolezza e preparazione specifica. E chi riceve l’analisi è pronto ad accettare il cambiamento? Come può l’astrologo capirlo? Fino a che punto l’astrologo può mettere a nudo l’anima contenuta nell’oroscopo? Fino a che punto l’astrologo è consapevole del fatto che rischia di prendere l’anima del consultante? Come può sapere l’astrologo quando fermarsi nella sua analisi perché ci sono limiti segreti della psiche che non devono essere valicati? Difficile, senza una preparazione specifica.
Ora, è ovvio che lo studio di un personaggio pubblico, ancor più se si tratta di un personaggio storico, è per lo più emotivamente asettico e con un livello di rischio bassissimo. Anzi, diventa spesso fonte preziosa di esperienza e di studio. Ma lo studio con una persona reale, in carne e ossa, spesso seduta davanti a noi, è ben diverso. Richiede sensibilità, intelligenza, prudenza: qualità che, purtroppo, vedo molto raramente espresse sul campo. Ed è la ragione, per cui, a mio avviso, l’astrologo serio dovrebbe avere anche una buona preparazione psicologica. Non è facile, lo so, ci sarebbe un lungo discorso da fare sulla mancanza di corsi preparatori ufficiali e riconosciuti, ma qualche cosa si può fare individualmente e privatamente, come fa anche il Cida con la sua scuola. In ogni caso, un lavoro personale in tal senso potrebbe, molto semplicemente, incominciare da un’approfondita analisi del proprio tema condotta da un astrologo di lungo corso e continuare con sporadiche sedute di supervisione, portando all’astrologo di lungo corso, una propria esperienza di consulto o di studio.
In attesa di altre soluzioni, questo potrebbe essere un inizio.