L’UNIVERSO È LA MIA TRIBÙ: LE STELLE IN ASTROLOGIA
di Christian Konig
Gli umani sono divisi in differenti clan e tribù, appartengono a città e nazioni. Tuttavia, io trovo me stesso straniero a tutte le comunità e sento di non appartenere ad alcun insediamento. L’universo è la mia nazione e la famiglia umana, la mia tribù.
Khalil Gibran
Tutto inizia dal punto. Un punto non è un piano e non ha una dimensione spaziale. Questa è la definizione che Euclide diede circa 2000 anni fa. Un punto è una circonferenza con raggio zero. Il punto equivale al Nulla. Vedi il punto? Questa è casa.
Siamo noi. Su di esso, chiunque abbia vissuto o di cui tu abbia udito parlare ha vissuto la propria esistenza. L’aggregato di tutte le gioie e le sofferenze, migliaia di fiduciose religioni, ideologie, dottrine economiche, tutti i cacciatori e cercatori, ogni eroe e ogni codardo, i distruttori ed i creatori di civiltà, re e contadini, ogni giovane coppia innamorata, tutti i santi e tutti i peccatori nella storia della nostra specie, hanno vissuto lì, in questa minuscola particella di polvere, sospesa in un raggio di sole. La terra è un palcoscenico molto piccolo nella vasta Arena cosmica...Il nostro pianeta è una solitaria macchiolina nel grande ed avvolgente buio cosmico.
Carl Sagan
Il punto nasce dal nulla e crea il tutto. L’intero universo emerge da un punto: il Big Bang.
Nel 1950, George Giardie fondò la scienza della “Chimica Cosmica”. Provò che l’intero universo è un’unica entità organica. L’intero cosmo è un’entità organica in cui ogni cosa è connessa. Quando una singola parte cambia, il tutto cambia, e noi siamo parte di questo tutto. Inoltre, noi aspiriamo all’universo. Il filosofo sociale Eric Hoffer (1902-1983) definì questo anelito “del ritorno a casa”, qualcosa che ci ricondurrebbe e ci attrarrebbe lì da dove veniamo. E di certo, noi tutti siamo, in maniera alquanto concreta, l’universo. Gli atomi del nostro corpo vengono dal “di dentro” di stelle estinte. Siamo per il 97% polvere di stelle.
Come cittadini dell’universo, siamo una piccola foglia di un immenso albero. Non c’è differenza tra il nostro ramo e gli altri rami, poiché tutti i rami vengono dalla stessa radice. Ogni cosa fa parte di un tutto più ampio, e, in quanto cittadini dell’universo, dovremmo abbracciare anche astrologicamente il cosmo intero.
Mentre l’astronomia si muove verso il futuro alla velocità della luce, l’astrologia rimane incastrata nel passato. Questa è stata un’amara necessità poiché avevamo bisogno di apprezzare e capire le nostre origini, il nostro patrimonio. Project Hindsight, Robert Zoller, Rob Hand, Ben Dukes, Sharon Knight e Chris Brennan: grazie!
In astrologia, la maggior parte di noi delinea pianeti. Guardiamo solo fino ai confini del nostro sistema solare e difficilmente oltre ad essi. Noi astrologi siamo pigri. Delle cose oltre il nostro sistema solare, diciamo: “Sono troppo esotiche per me. Ho già abbastanza da fare con i pianeti”. Nel ventunesimo secolo, ci comportiamo come chi disperatamente si aggrappa all’idea che un campo possa essere meravigliosamente coltivato con un carro. Perché mai ricorrere a certi marchingegni moderni?
Tolomeo e Keplero non erano solamente astrologhi, erano anche scienziati e lavoravano al livello delle conoscenze dei loro tempi. Se Tolomeo fosse vivo oggi, userebbe tutti gli strumenti e le conoscenze della moderna astronomia ai fini astrologici. Stelle, nebulose, galassie e ammassi stellari: cosa significano? Che relazione hanno con noi e noi con loro? Come possiamo interpretare astrologicamente lo spazio cosmico? Come siamo connessi noi ed i nostri clienti con l’universo?
Le radici dell’astrologia odierna delle stelle fisse affondano nel passato. Nel I sec D.C., le stelle erano viste come misteriosi punti di luce che non cambiavano mai posizione in relazione le une con le altre, in un organizzato ordine eterno. Ecco perché si chiamano Stelle Fisse, in opposizione ai pianeti, stelle “vaganti” o mobili, i quali cambiano continuamente posizione nel cielo. Le stelle fisse appartenevano ad un ordine superiore a quello dei pianeti. I pianeti descrivevano gli affari e le cose mondane, mentre le stelle fisse governavano il destino divino. A quei tempi “fato” significava qualcos’altro; ecco il motivo per cui le interpretazioni fatalistiche delle stelle fisse ci irritano così tanto oggigiorno.
La suddivisione delle stelle in costellazioni è stato un tentativo di collegare l’irraggiungibile universo con la realtà terrena attraverso il mito. Così gli astrologi dei vecchi tempi provavano a capire il cosmo. Noi stiamo facendo la stessa cosa, oggi. Diamo nomi alle immagini del telescopio Hubble “Nebulosa Testa di Cavallo”, “I Pilastri della Creazione”, “La Nebulosa Farfalla” e “L’Angelo di Neve Celeste”. Cerchiamo anche di riordinare l’universo, dando nomi ed etichettando nebulose infinitamente distanti e strane. Le colleghiamo a qualcosa di familiare; in passato si chiamava la costellazione Orione, oggi utilizziamo altre etichette. Abbiamo bisogno di fare ciò perché l’enorme distanza tra noi e i corpi celestiali causa i brividi. Ma i tempi sono cambiati e così la nostra conoscenza. Oggi, sappiamo che questi misteriosi punti luminosi sono Soli, molto simili al nostro Sole. E sono tutt’altro che fissi, si muovono. Sono esseri cosmici con un inizio e una fine.
Tuttavia, uno legge spesso che una stella ha, per esempio, la natura di Mercurio o di Giove. Stiamo ancora lavorando con questo vecchi metodi interpretativi perché non ci siamo interessati ai nuovi metodi di interpretazione. Piuttosto facciamo riferimento alla “saggezza” degli antichi. Gli scienziati moderni sono i nemici perché trattano noi astrologi in maniera spietata. Ma se conosciamo e capiamo le stelle molto meglio oggi a livello astronomico, perché ci ostiniamo a trattarle come pianeti? Perché non le lasciamo essere ciò che sono?
Per diventare astrologicamente cittadini dell’universo, dovremmo innanzitutto capire le stelle, le nebulose e le galassie. Conoscendo le loro vite, automaticamente possiamo dedurre le interpretazioni astrologiche delle stesse.
I parallelismi tra gli esseri umani e le stelle sono incredibili. Come noi, le stelle nascono, crescono, vivono la loro vita per poi morire. Questo processo riflette perfettamente il triplice principio universale di creazione, conservazione e distruzione. Ogni stella si trova in uno di questi tre stadi di vita, a seconda delle proprie caratteristiche fisiche. In astrologia conosciamo questa triade come cardinale, fisso e mobile. Qualunque stella può essere ricondotta ad uno di questi tre principi, che nell’Induismo sono i tre aspetti del Divino: Brāhma, il Creatore, Vishnu il Conservatore e Shiva, il Distruttore.
Proseguiamo per questo viaggio.
Le nuove stelle nascono da nebulose giganti, costituite principalmente da idrogeno. La gravità fa sì che la nebulosa si condensi in una nuvola di gas e polvere nell’arco di milioni di anni. Quando la densità è sufficiente, collassa proprio a causa della sua stessa gravità. Nasce così un precursore della stella, una protostella, Quando il gas condensa attorno alla protostella, la forza gravitazionale della sua materia si trasforma in energia cinetica e calore. Dopo 30 milioni di anni, il centro della protostella è così denso e caldo da far accadere qualcosa di magico: i nuclei di idrogeno, i protoni, si fondono per dar vita all’elio. Quando si accende questa fornace nucleare, nasce una giovane stella, che genera da sé la propria energia. La fusione nucleare crea una forza opposta alla forza di gravità stabilizzando così la nuova stella. È un processo difficile da osservare poiché gas e polvere avvolgono la protostella come un bozzolo che assorbe tutta la luce. Se la fusione nucleare non avviene, nasce una nana oscura, una via di mezzo tra una stella e un pianeta. La nebulosa da cui nasce una stella rappresenta il principio generativo della creazione. Nasce qualcosa di nuovo da questo impulso iniziale. Per noi sulla terra, rappresenta l’inizio del ciclo delle quattro stagioni.
Quando si tratta di delineare astrologicamente degli oggetti in questa fase, il
principio cardinale primordiale è sempre coinvolto: il creare qualcosa di nuovo, senza però assicurare ciò che è stato raggiunto. Queste stelle hanno a che vedere con l’assertività e con la soppressione del vecchio. Mettono le cose in moto e affrontano un lavoro pionieristico e di sviluppo. La costellazione di Orione, per esempio, contiene le stelle più giovani che siano state trovate ad oggi.
Una stella che abbia terminato questa fase viene definita “sequenza principale”; brucia in maniera costante. L’energia rilasciata si diffonde nello spazio e forse una piccola parte ci raggiunge qui sulla Terra. Noi vediamo le stelle nel cielo notturno. Questa è la fase che la maggior parte di noi può concepire di una stella: un sole che brucia ed irradia in continuazione, consumando il cibo cosmico procurato dalla nebulosa madre.
La stella ora ha la sua vita di fronte. Ma quanto durerà questo carburante? Questo dipenderà dalla grandezza; più grande è la stella, più sarà l’energia che dovrà consumare e più corta la sua vita. La formula per determinare il consumo energetico di una stella è il fattore per cui se la stella più grande del nostro sole consumerà “per tre volte”. Quindi se la stella è solo il doppio del sole, non consumerà il doppio, ma 8 volte l’energia (2 alla terza).
I grandi giganti blu hanno vita corta, mentre piccoli inconsistenti “nani rossi” brillano per un periodo ben più lungo. Il nostro Sole è il mezzo d’oro con una vita di circa 10 miliardi di anni.
Nella propria sequenza principale, una stella passa attraverso la nascita, la giovinezza e la maturità, proprio come un essere umano. La stabilità e la costante manifestazione sono le caratteristiche tipiche di questa fase, la quale corrisponde al principio della fissità. Ed ecco che l’espressione “stella fissa” inizia ad aver nuovamente senso, poiché, per la maggior parte della loro esistenza, le stelle sono in questa fase di equilibrio.
Nell’interpretazione astrologica delle stelle nella loro “fase principale”, questa influenza stabile e consolidante è sempre coinvolta. Le stelle conservano ciò che è presente, sicuro e stabilizzano lo status quo, per poi portarlo al suo climax. Vega è una di queste stelle.
L’energia nucleare della fusione viene dispera nello spazio freddo in forma di calore e luce.
Ad un certo punto anche l’idrogeno viene consumato. Nel nucleo, l’elio, “la cenere”, è fusa in elementi più pesanti. Il nucleo della stella si contrae mentre il suo “guscio” si espande. Queste stelle che si espandono sono chiamate giganti e possono essere rosse o blu, e, a seconda del loro colore, avranno un differente destino.
Il nostro Sole raggiungerà questo stadio tra circa 5 miliardi di anni, la sua superficie raggiungerà l’orbita di Marte e divorerà Mercurio, Venere e la Terra. Le stelle di grandezza simile a quella del nostro Sole irradiano una luce rossa in questa fase, diventano giganti rossi. Per esempio, la stella Betelgeuse, della costellazione di Orione, è un gigante rosso. I giganti rossi terminano la propria esistenza in maniera delicata, gentilmente: delicatamente rilasciano le loro atmosfere nello spazio. Questo crea un guscio di gas attorno alla stella, quella che viene chiamata la nebulosa planetaria. Questa non ha niente a che fare con i pianeti, è così chiamata perché visti con un vecchio telescopio, questi gusci gassosi assomigliano agli anelli di Saturno. Oggigiorno si possono riconoscere molte diverse forme, da clessidre ad ali di farfalle.
Quando non rimane più nessun guscio, rimane solo il nucleo nudi e bollente. Questo è il nano bianco, il quale si raffredderà sempre più e brillerà sempre meno...Benvenuti al cimitero delle stelle. Ad un certo punto il nano bianco si trasforma in nano nero.
Si potrebbe sospettare che l’universo non sia abbastanza vecchio perché ci siano nani neri. Un nano nero è un cadavere composto da carbone cristallizzato. Carbone cristallizzato? Niente altro che Diamante. La stella è morta, ma si è trasformata in un diamante cosmico.
D’altro canto, le stelle che hanno una misura superiore al nostro sole di almeno otto volte, hanno un’uscita di scena molto più spettacolare. Vengono chiamate giganti blu, e la loro massa è talmente enorme che ad un certo punto il loro stesso nucleo collassa, causando un’enorme esplosione, una supernova, la quale sprigiona una quantità enorme di energia. La sua radiazione distrugge tutto quello che trova sulla sua via, lasciando dietro di sé una nuvola di materiale stellare, simile alle nebulose planetarie, ma molto più caotica. Questo nucleo diventa o una stella neutrone o un buco nero. Una stella neutrone è un piccolo sole formato da neutroni schiacciati e pressati che ruotano ad altissima velocità. Il buco nero invece è uno degli oggetti più compatti che si conoscono, con una forza gravitazionale enorme. Inghiotte tutta la materia: gas, polveri e stelle. Neppure la luce può sfuggirgli.
Dunque, una nebulosa planetaria o i rimasugli di una supernova sono un processo di dissoluzione e ridistribuzione. Qualcosa finisce, ma contiene già in sé il seme del nuovo. Astrologicamente questo è un principio mutevole. La vecchia stagione è finita, tuttavia la nuova deve ancora iniziare.
Questa energia è sempre coinvolta nell’interpretazione astrologica delle nebulose planetarie e dei resti delle supernove. Il bagaglio di esperienza vuole essere utilizzato, donandosi completamente, si disperde. I resti di supernova più conosciuti sono quelli della Nebulosa del Granchio, nella costellazione del Toro.
Quando l’universo era giovane c’erano solo idrogeno ed elio, ma noi respiriamo ossigeno, le nostre cellule sono costituite da carbonio ed il nostro sangue necessita di ferro. Questi elementi più complessi si formarono molto più tardi all’interno dei giganti. Esplosioni di supernova o nebulose planetarie li hanno poi sospinti verso il nostro angolo di universo. Questi materiali formarono il nostro Sole e la Terra, e da essi si sviluppò poi la vita. Noi umani non avremmo potuto esistere nell’universo ancora giovane. Pianeti come la Terra non avrebbero potuto esistere. Una stella morente contribuisce sempre al far emergere nuove generazioni.
Quindi gli atomi che compongono il tuo stesso naso, si originarono in una stella. Miliardi di anni fa, si generò una stella gigante, la quale poi generosamente esplose nello spazio. Dalle sue offerte si formarono le nebulose planetarie, i resti di supernova e tutti gli elementi che compongono la Terra con tutte le sue piante e animali. Dobbiamo la nostra esistenza alle passate generazioni di stelle. Siamo davvero figli delle stelle, parte dell’universo. Quando ti guardi allo specchio domani, ditti “Ciao Stella”. Ad un certo punto mi prenderò una maglietta con la scritta “Io ero una Supernova”.
Come fanno gli astrologi a sapere questo? Usano la spettrometria, tecnica che fu sviluppata a partire dalla metà del diciannovesimo secolo. Ma di cosa si tratta? Quando una stella ha stabilizzato la sua sequenza principale, il suo colore rimane costante: emette un certo spettro di luce per la sua intera vita. Le stelle ci mandano continuamente messaggi sotto forma di luce e colore. Tutto quello che noi dobbiamo fare è interpretare questi messaggi. Se diffrangeremo la luce di stella con un prisma, otterremo lo spettro caratteristico per quella stella. Da questo potremmo trarre conclusioni sulla sua composizione chimica e temperatura. Essendo che molte stelle hanno uno spettro molto simile, furono raggruppate in sette classi spettrali, le quali accolgono il 99% delle stelle: O, B, A, F, G, K and M. Le lettere non hanno alcun significato, il loro utilizzo è semplicemente convenzionale. L’ordine può essere facilmente ricordato con un gioco di parole, la frase in inglese “Oh Be A Fine Guy, Kiss Me”.
Le stelle con temperature più alte appartengono alla classe spettrale O, seguite da B A F G K e M, le cui stelle hanno le temperature più basse. Le stelle con temperature maggiori emettono una luce blu, quelle con temperature minori una luce rossa. O e B vibrano nella gamma blu e ultravioletta, mentre le stelle della classe M vibrano nella gamma rossi e infrarossi.
Adesso potreste pensare, si, bene, molto interessante, ma cosa c’entra questo con l’astrologia? Nessuna mappa, niente ...perché dovrei ascoltare tutto questo?
Quando approfondii le classi spettrali, mi accorsi subito che erano sette. Sette è un numero speciale, se chiedi alla gente quale sia il suo numero preferito, la maggior parte risponderà 7. Questo è stato dimostrato da esperimenti psicologici. La lingua e le espressioni idiomatiche ne sono prova: siamo felici “al settimo cielo”, o la crisi dei 7 anni (come il titolo originale del film con Marilyn Monroe “The Seven Year Itch” “Quando la moglie va in vacanza”). James Bond è 007 non 006. Dio creò il mondo in sette giorni, la Chiesa Cattolica riconosce sette sacramenti e sette peccati mortali. Nel pellegrinaggio alla Mecca, Hajj, la Kaaba va percorsa in cerchio sette volte. Il Buddha ricercò la sua salvezza per sette anni. Il candelabro ebraico, menorah ha sette braccia. Nell’Induismo ci sono i sette declivi delle montagne del mondo e la Bhagavad Gita ha 700 versi. Biancaneve vive con i sette nani, oltre le sette montagne. Ci sono sette pianeti visibili, sette raggi nell’astrologia esoterica, sette chakra principali e sette classi spettrali.
Mi sono dunque chiesto: che ci sia una connessione qui? Si, c’è, come dice l’antico ermetico assioma “così in cielo così in terra, così in terra”. Così dentro, così fuori. Così su grande scala, così su piccola scala. Ogni cosa è connessa a tutto il resto. I sette principali chakra sono una riproduzione in piccolo delle sette principali qualità delle energie cosmiche. Forse questi sette tipi di luce sono collegati ai sette principali centri energetici? Dopotutto, noi umani non siamo che il riflesso del cosmo che ci ha generati.
È una coincidenza che il rimo chakra vibri in rosso, proprio come la classe spettrale M? È una coincidenza che sia il secondo chakra che la seconda classe spettrale K vibrino in arancio? E ancora, che sia solo coincidenza che il plesso solare, ovvero il terzo chakra, e la classe spettrale G siano gialli? Ma ora troviamo un’apparente deviazione: il quarto chakra vibra in verde mentre la classe spettrale F è giallo-bianca. Non è che l’intera analogia crolli qui? No. Se una stella vibra principalmente nello spettro del. Erre, è difficile per i nostri occhi distinguerla dal bianco. Il verde si trova esattamente a metà dello spettro visibile, così vediamo rossi, giallo e blu e alla fine quesì non risulta verde, ma giallo- biancastro. Quindi la stella vibra in verde, ma per via della nostra fisiologia oculare noi vediamo giallo-bianco. Al chakra della gola è assegnato il colore blu, la classe spettrale analoga vibra in blu-bianco. Il terzo occhio è indaco, classe spettrale B è azzurro. Il chakra della corona vibra in viola, la classe spettrale O risplende di un ricco blu, perché noi non possiamo vedere i raggi ultravioletti.
Mentre perseguivo questa idea in maniera più approfondita, mi resi conto che il libro dell’Ecclesiaste aveva ancor una volta ragione: “niente di nuovo sotto il Sole”. Nel 2012 l’astrologo messicano Carlos Duarte ebbe un’idea molto simile alla mia nel suo The Messier Catalog Revealed.
Attraverso l’analogia del sofisticato sistema di chakra e le classi spettrali, possiamo assegnare ad ogni chakra umano una stella e dunque affrontare il suo significato astrologico. Per esempio, una stella della classe spettrale G è associata al terzo chakra. Il nostro sole appartiene a questa classe spettrale. Possiamo abbinarlo (sorpresa, sorpresa!) al plesso solare: la spinta vitale e la forza creativa nella vita. La stella blu Mintaka, nella cintura di Orione, appartenente alla classe spettrale O, risuona con i temi del settimo chakra: illuminazione e il fondersi con l’essere universale.
Tuttavia, c’è un ulteriore livello dove dovremmo usare la conoscenza astronomica per scopi astrologici. Come gli umani, la maggior parte delle stelle non vive da sola, ma in relazioni a due, chiamate sistemi binari. Spesso sono in tre o in quattro, un ménage-à-trois o una piccola comunità residenziale. Circa due terzi delle stelle vivono in questa forma di relazione. Una stella doppia consiste in due stelle che orbitano attorno alla stessa massa, la quale funge loro da centro. A volte una terza stella che passa nelle vicinanze può interagire con la coppia e coinvolgerle in una complessa danza cosmica. Dalla Terra vediamo solo una stella. Le stelle doppie o multiple simboleggiano le esperienze della sfera personale, delle relazioni a due.
Gli ammassi stellari aperti invece sono sistemi molto fluidi e variabili, i quali possono contenere di rado più di un migliaio di stelle. Sono tutte nate dalla stessa gigantesca nuvola molecolare. Sono ancora tutte molto giovani e non vivono più di un miliardo di anni. Negli ammassi stellari aperti, tutte le stelle appartengono alla medesima classe spettrale e si muovono attraverso la galassia alla stessa velocità. Si situano per la maggioranza nel piano intermedio della galassia. Per esempio, le Pleiadi, nella costellazione del Toro, sono un ammasso stellare aperto. I gruppi aperti di stelle rappresentano le dinamiche e le regole del gruppo e l’influenza del gruppo sull’individuo. Più densamente popolate sono, meno spazio individuale esiste per ciascuna singola stella. La pressione sociale aumenta. I raggruppamenti stellari più allentati e sparsi, rappresentano una scarsa coesione sociale. Infatti, gli ammassi stellari aperti si allentano lentamente a mano a mano che le stelle individuali gradualmente scappano alla loro gravità. I bambini che lasciano il nido di genitori.
Come suggerisce il nome, l’ammasso globulare ha una forma sferica. Contengono mille volte più stelle di un ammasso stellare e sono anche più larghi. Verso il centro le stelle si condensano in maniera consistente. Neppure i telescopi più potenti possono distinguere i corpi stellari individuali qui. Sono localizzati nell’alone galattico, la sfera che circonda la nostra galassia. Da oggi conosciamo circa 150 ammassi globulari nella Via Lattea. La loro più grande peculiarità? Sono gli oggetti più vecchi presenti nello spazio. Tutte queste stelle hanno la medesima età e si formarono simultaneamente nel grande brodo galattico primordiale. Alcune di loro hanno 13 miliardi di anni, quasi più vecchie del Big Bang. Non contengono alcun elemento pesante perché si formarono da stelle estinte.
Astrologicamente, gli ammassi globulari rappresentano l’influenza del collettivo sull’individuo. Rappresentano le vecchie istituzioni e strutture sociali: regole, norme, leggi e tradizioni che sovrastano l’individuo. Le stelle individuali sono chimicamente molto diverse tra loro, e di conseguenza, appartengono a classi spettrali differenti. Astrologicamente questo significa più conflitti, meno unione e coesione. D’altro canto, però, troviamo più versatilità e diversità.
Come gli ammassi stellari ospitano molte stelle, le galassie fanno la stessa cosa ad un livello macrocosmico. La parola galassia significa “Via Lattea” o “Asse Lattea”. I sistemi galattici sono isole cosmiche abitate da miliardi di stelle, non sono visibili dai grandi telescopi, facendo eccezione per la nostra vicina, la galassia di Andromeda. Astrologicamente, i sistemi galattici simboleggiano le vibrazioni collettive, spirituali e universali più antiche del nostro sistema solare.
L’astronomia ci fornisce dunque tre livelli in cui possiamo decifrare il significato di una stella:
1. Quanti anni ha la stella? È nata recentemente da una nuvola cosmica gassosa? Il Principio Cardinale. È nel pieno del suo splendore, in cui emana luce in maniera stabile? Il Principio Fisso. Oppure, è una stella gigante che si dissolverà presto, così fornendo nuovo materiale per future generazioni di stelle? Il Principio Mobile.
2. L’entusiasmante analogia te le sette classi spettrali ed i sette chakra.
3. Da ultimo: la forma relazionale in cui vive una stella. Le forme doppie e multiple enfatizzano l’aspetto personale, mentre gli ammassi stellari aperti rappresentano gruppi più fluidi. Gli ammassi globulari simboleggiano leggi, norme e regole. Le galassie rappresentano i principi spirituali ed universali. C’è inoltre un quarto livello, altrettanto importante per l’interpretazione astrologica del significato delle stelle: il Livello Mitologico. La scienza valuta i dati e li rende utili e utilizzabili. Questi sono i primi tre livelli. La mitologia rende accessibili questi materiali alla psiche umana e ci aiuta a processarli. Ci colloca così nel mondo più ampio del cosmo. Nasce così una conoscenza trans-generazionale. È certo che dovremmo utilizzare questi spunti per esplorare e conoscere le stelle. Sono innumerevoli i racconti mitologici connessi alle stelle, poiché il genere umano ha da sempre proiettato i propri desideri verso il cielo. Diventiamo pratici! Se vuoi sapere, per esempio, che cosa la stella Antares, il cuore dello scorpione, significa astrologicamente andremo a raccogliere informazioni astrologiche dapprima:
1. Antares è un gigante rosso che sta formando in questo momento una nebulosa planetaria, quindi è nel suo ultimo terzo di vita: Il Principio Mobile.
2. Appartiene alla classe spettrale M. I temi del primo chakra entrano in gioco.
3. Antares ha un compagno di danza, una danza che dura 878 anni. Si tratta dunque di una coppia di stelle.
Cosa significa tutto ciò se vogliamo giungere ad un’interpretazione generale? Come sistema binario, Antares ha a che fare con il livello personale, introduce i temi del primo chakra: fiducia basilare e istinti primari che soddisfano i bisogni essenziali dell’essere umano. Poiché Antares ha trovato sicurezza e fiducia in sé stesso, è in grado di stabilire una connessione profonda con la sua stella partner: è un sistema stellare doppio.
D’altro canto, l’Altro può avere esperienza ed essere pericoloso. Qualsiasi cosa è prevista pur di proteggersi. La mancanza di sicurezza interiore risulta in una relazione compulsivo-ossessiva.
In quanto stella vecchia, nella sua fase Variabile, Antares ha molto in comune con il famoso passaggio della poesia di Goethe “L’Anelito dell’Anima”: “e così a lungo, in mancanza, morente e in trasformazione, non sarai che uno sbiadito ospite in questa oscura terra”.
Chiunque abbia una minima conoscenza sulle stelle fisse si accorgerà come questa interpretazione corrisponda a ciò che si legge nella letteratura astrologica su Antares, ma meno fatalistica.
Un altro esempio, Alcione. Cosa potrà significare la stella più luminosa delle pleiadi? Prima i tre dati astronomici:
1. Alcione è una stella giovane, c’è dunque una corrispondenza con il Principio Cardinale.
2. La classe spettrale è B, troviamo dunque analogia con il sesto chakra, ovvero il terzo occhio.
3. Alcione si trova nel sistema aperto delle Pleiadi, manifesta quindi il livello sociale.
Con questa associazione al terzo occhio, Alcione apre a esperienze visionarie e alle intuizioni più sottili ed elevate. In qualità di stella giovane, Alcione è connessa al Principio Cardinale ed usa attivamente i propri poteri visionari. Non si occupa delle conseguenze. Tutto ciò accade a livello sociale, trattandosi di un ammasso stellare aperto. È il mistico che vede e che prende più interesse nelle dimensioni più ampie piuttosto che nella realtà giornaliera, perciò potrebbe non essere empatico nelle relazioni personali.
Riuscite a vedere che sto facendo qui?
Raccolgo informazioni astronomiche su una data stella e poi le trasferisco e connetto a concetti e principi astrologici. “Come in Cielo, così in Terra” nella forma più pura. Con questo metodo si possono interpretare astrologicamente quasi ogni oggetto presente nell’universo. Passo poi ad includere tali interpretazioni ad una più ampia interpretazione astrologica per mezzo dei Paran e della proiezione sull’eclittica.
Questo è un buon punto su cui fermarsi, ma senza dimenticarsi di guardare indietro. Vedo stelle che si liberano e sciolgono nello spazio e, proprio grazie a loro, noi siamo possibili. Ma questo immenso universo avrà minimamente bisogno di noi? Da una prospettiva scientifica, potremmo sembrare del tutto irrilevanti. Ma dovremmo anche chiedere ai nostri cuori: il cuore risponderà “È un bene che ci siate. Il mondo ha bisogno di noi”. Forse è solo questo, ma è sufficiente; e se non credi al tuo cuore, sicuramente potrai pensare a qualcuno che pensa “è un bene che tu ci sia”.
Siamo al contempo insignificanti ed importanti.
Un vecchio rabbino consigliava ai suoi studenti di portare sempre due pezzi di carta con sé. Su un pezzo di carta si legge “sei polvere e cenere”, mentre sull’altro si legge “il Mondo fu creato per me”. Queste due frasi sono sufficienti.
Il quarto yoga Sutra recita che niente nell’universo è sconnesso da tutto il resto. Il mondo è una famiglia. Nulla è separato. Siamo connessi alle stelle; i battiti del nostro cuore sono connessi all’universo. Noi siamo tutti pezzi di paradiso. Siamo molto di più dei pianeti, anche astrologicamente. Siamo stelle riciclate, siamo figli dell’universo. Siamo quella parte del cosmo che si interroga su sé stessa. Apparteniamo ad un’unica, grande famiglia. Non sarebbe magnifico integrare questa visione in astrologia?
Credo che questo sia un buon punto su cui fermarsi e quindi qui mi fermo, anche se, una volta che si inizia a seguire il fascino dell’universo, è meglio abbandonare l’idea di una fine. Pensare all’universo non avrà mai una fine. Un punto non è adeguato alla situazione; ecco perché lascio molto puntini di sospensione........... per invitarvi a pensare oltre, a pensare in avanti. Ed ora vi lascio al nostro misterioso, magico universo.