PRANA: ENERGIA DIVINA, UNIVERSALE E UMANA
di Nunzia Coppola Meskalila

Prima pubblicazione: 1989. Ripubblicato nel 2000





Questa conferenza nasce dallo studio e dalla pratica approfondita del Tantra yoga, ma gli stessi principi che io sto per presentare sono anche parte dell’Ayurveda. Tantra e Ayurveda furono discipline sviluppate più di 5000 anni or sono. A onor del vero, devo confessare che del Tantra sono una profonda conoscitrice e praticante, mentre dell’Ayurveda conosco solo la parte funzionale alle pratiche tantriche.
Tutti i viventi devono la loro esistenza all’azione di una sostanza incorporea che pervade l’Universo: il Prāna, descritto da alcune scritture Indù come un fascio di scintille d’energia intelligente da cui tutte le persone nascono, per poi vivere e dissolversi.
Il termine sanscrito Prāna significa energia cosmica. A volte, il termine è tradotto anche con “respiro” o “energia vitale”, ma è molto più di tutto ciò. Senza Prāna, non c’è vita. Il Prāna permea il Cosmo ed ogni tipo di esistenza, da quella umana a quella dei vari sistemi solari e delle galassie. La connessione tra corpi celesti, pianeti, stelle ed esseri umani, avviene grazie al Prāna. In effetti, tutti questi corpi sono costituiti da una stessa sostanza che li permea in consistenza e forma diversa, perciò anche con funzionalità differenti.
Il Prāna è il potere creativo ed è anche l’energia fondamentale alla base della Conoscenza. Il Prāna, infatti, a livello macrocosmico è l’energia onnipresente nell’Universo che si manifesta in due aspetti: l’immanifesto o energia di pura Coscienza e il manifesto o energia della creazione. A livello microcosmico, è l’energia che sostiene e pervade il corpo umano, in connessione con il respiro che funge da veicolo al suo fluire. Per l'Ayurveda (scienza della vita, ayu), il respiro è strettamente connesso al Prāna e perciò, può regolare le funzioni della mente, della memoria, del pensiero, delle emozioni, ecc.. Respirare bene è importante. Respirare in modo adeguato, potenzia gli effetti dell'energia cosmica. Anzi, inspirazione ed espirazione corrispondono alle due facoltà essenziali: la capacità di ricevere e di accogliere; la capacità di abbandonare e lasciar andare. La funzione respiratoria segna il confine tra il mondo cosciente e quello inconscio; per questo, è lo strumento più accreditato per riattivare la comunicazione tra queste due dimensioni, spesso disgiunte e in lotta tra loro. Infine, il respiro è collegato alle funzioni vitali: il suo ritmo, l’ampiezza e la frequenza influiscono anche sul sistema nervoso.
Respirando in modo consapevole e armonioso, si attiva un vero processo di liberazione. Si prende coscienza con dolcezza dei contenuti rimossi e bloccati, come ciò che impedisce il cambiamento che porta alla liberazione. Emergono e si risolvono emozioni come la paura, la sofferenza, l’inquietudine, ciò che non accettiamo di noi, ciò che rifiutiamo, l’angoscia per il futuro, le afflizioni per il passato, ecc.. Patanjali, il saggio che scrisse lo Yoga Sutra, suggerisce alcuni metodi efficaci per prendere coscienza del respiro: focalizzare il punto in cui l’aria esce ed entra nel corpo, attraverso le narici; oppure, ascoltare il respiro e perdersi nel suo suono. Insomma, il respiro è la funzione umana più vicina al Prāna.
Un’antica leggenda, raccontata in diverse Upanishad esprime in parole semplici l’importanza del respiro:
Un giorno, la mente, il respiro, la parola, l’udito e la vista entrarono in competizione sulla loro supremazia. Per risolvere la disputa, decisero che ognuna, a turno, avrebbe lasciato il corpo per vederne le conseguenze. La parola abbandonò il corpo, ma la persona continuò a vivere, benché muta. Poi toccò all’udito e la persona continuò a vivere, benché sorda. La mente abbandonò il corpo, ma la persona continuò a vivere, benché privata di conoscenza. Quando toccò al respiro, tutte le altre facoltà iniziarono a perdere energia e la persona morì.
Negli organismi viventi, il Prāna si manifesta come energia vitale che circola nel corpo, attraverso diversi flussi.
Negli esseri umani, il Prāna circola attraverso 5 differenti flussi, secondo il tipo di Vayu ( aria o respiro), associato a specifiche funzioni vitali:

1. UDANA-VAYU: ARIA CHE MUOVE VERSO L’ALTO. È il flusso in cui l’energia va dall’ombelico alla testa. UDANA è associato all’energia della parola e del suono. Governa la crescita del corpo, l’abilità di essere eretti, di eruttare, di parlare, di provare entusiasmo e di esercitare il potere della volontà. Attraverso questo flusso, scorre la nostra migliore energia, quella capace sviluppare coscienza e conoscenza.

2. PRĀNA -VAYU: ARIA CHE SI MUOVE VERSO IL BASSO. È il flusso energetico, associato al torace e all’energia della respirazione. Va dalla testa all’ombelico. Prāna permette alle creature umane di muoversi. Questo flusso governa la recezione dell’energia che viene dall’esterno, attraverso il cibo, l’acqua, l’aria, le impressioni sensoriali e le esperienze. Prāna ha una natura propulsiva che guida l’individuo verso la vita e che mantiene ogni cosa in movimento.

3. SAMANA-VAYU: ARIA CHE BILANCIA. Qui l’energia muove dalle aree periferiche dell’intero corpo all’ombelico, attraverso un’azione vibratoria. È il flusso energetico, associato all’energia della digestione a tutti i livelli. Agisce sulla funzionalità gastro-intestinale per digerire il cibo, su quella dei polmoni per digerire l’aria e su quella della mente per digerire le esperienze sensorie, emotive e mentali.

4. APANA-VAYU: ARIA CHE SPINGE. Qui l’energia muove in dentro e in fuori, dall’ombelico alla base della colonna vertebrale. Governa ogni forma di eliminazione e riproduzione. Agisce sull’eliminazione delle scorie, la fuoriuscita dell’ossido di carbonio, la fuoriuscita delle urine, la fuoriuscita del seme, sul flusso mestruale e sull’uscita del feto dall’utero materno. A livello profondo, governa la fuoriuscita delle sensazioni negative, delle emozioni e delle esperienze pesanti racchiuse nell’individuo. È la base di tutto il sistema immunitario.

5. VYANA-VAYU: ARIA CHE SI MUOVE IN FUORI. Qui l’energia parte dall’ombelico all’intero corpo. Questo flusso è associato alla distribuzione dell’energia nell’intero corpo. Governa la circolazione a tutti i livelli. Distribuisce l’energia del cibo, dell’acqua, dell’ossigeno e dei pensieri. Questo flusso fa da assistente agli altri quattro, permettendo il movimento e inviando la forza necessaria per la funzionalità del corpo.

Questi cinque flussi circolatori del Prāna sono necessari alla sopravvivenza. Non sempre, però, sono bilanciati nel modo giusto. I riti, le visualizzazioni, la musica, i colori e gli aromi possono essere strumenti preziosissimi per equilibrare il flusso delle 5 manifestazioni praniche. La meditazione, i mantra e il pranayama, però, sono gli strumenti più appropriati per equilibrare la quintuplice manifestazione del Prāna nell’essere umano. Durante la meditazione, il respiro diventa calmo e profondo, a volte addirittura impercettibile. Il Prāna è strettamente connesso all’elemento Aria, a sua volta in stretta connessione con l’Etere o spazio. Ora l’Elemento Aria è associato al senso del tatto, mentre l’elemento Etere è associato al suono. Per questa ragione, la meditazione, attraverso il suono interiore del mantra e il contatto epidermico con la japa mala, è molto efficace, soprattutto, con i bija mantra, i mantra-seme, ossia monosillabici. Il Pranayama, invece, è una vera e propria "scienza del respiro" e come tale, si fonda su regole e principi ben precisi. Il principio di base è il raggiungimento dell’equilibrio tra l’energia femminile e l’energia maschile, i due flussi energetici che, prescindendo dal sesso della persona, esistono e agiscono nell’essere umano, attraverso il ritmo respiratorio. Tramite la respirazione a narici alterne, ogni praticante può iniziare un vero percorso di conoscenza ed equilibrio delle due energie polari.

Secondo i principi del Pranayama, la respirazione completa necessita di quattro fasi:
PURAKA: Inspirazione
KUMBHAKA: Ritenzione. Pausa a polmoni pieni.
RECHAKA: Espirazione.
SUNYAKA: Sospensione. Pausa a polmoni vuoti.

Le pause sono i momenti pregnanti in cui avviene il contatto diretto con la conoscenza, in qualsiasi modo la si voglia concepire. Il Prāna si percepisce durante le pause che separano l’inspirazione e l’espirazione. Proprio come avviene per la meditazione, quello che si prova con questi esercizi può essere compreso solo, praticandoli.
L'alba e il tramonto sono i due momenti più adatti a queste pratiche, soprattutto alla meditazione, perché corrispondono alla pausa tra un movimento e l’altro della respirazione; ne sono, in effetti, la corrispondenza sul piano temporale e giornaliero. Il crepuscolo è il momento del giorno più sacro perché rappresenta le situazioni di confine tra cielo e terra, tra notte e giorno, tra divino e umano, tra noi e il mondo, tra la coscienza e la nescienza. Praticare in questo particolare momento, ha effetti più forti e rapidi. Volendo e potendo, l’ideale sarebbe avere una stanza riservata esclusivamente a queste pratiche. Chi la possiede, spesso l’adorna con fiori e piacevoli immagini, vi fa ardere incenso e vi lascia entrare solo persone che sente in armonia. A livello spirituale, tutte le pratiche su indicate sono attuate per accedere alla consapevolezza del Soffio Divino che permea tutto l'universo. L'inspirazione, allora, è il modo per accogliere il Soffio, mentre l'espirazione è l’abbandono delle resistenze per aprirsi ad una dimensione cosmica. Non è, comunque, necessario abbracciare la vita spirituale per apprendere a respirare bene o a meditare.

Secondo la fisiologia induista, tutti gli esseri viventi, attraverso la respirazione, creano una confluenza tra il mondo esterno e quello interno, ossia comunicano e interagiscono, cambiando se stessi e apportando cambiamento all’ambiente. Dedicarsi al passaggio di questa energia, a livello di aiuto offerto agli altri o attraverso l’insegnamento o la trasmissione delle pratiche, richiede comportamenti molto coerenti.
Una controindicazione fortissima al Pranayama è il fumo.
Ritengo utile rilevare che prima di cominciare a praticare il Pranayama, è importante re-imparare a respirare, poi affrontare le pratiche di base. La più semplice pratica respiratoria è Sukha, composta dall'inspirazione e dall'espirazione, eseguite in modo consapevole. Segue Samavritti, una tecnica in cui le due fasi dell'atto respiratorio hanno la stessa durata. Infine, si può passare al Pranayama vero e proprio. In realtà, in questi luoghi e di questi tempi, apprendere a respirare è già una pratica completa in sé, senza dover, necessariamente, praticare il Pranayama. La nostra respirazione è diventata corta, discontinua e affannosa, perciò bisogna riappropriarsi di una respirazione più naturale e consona. Proviamo a fare un semplicissimo esercizio di respirazione naturale, ossia di modulazione e consapevolezza del respiro:

- Siedi con la colonna vertebrale dritta, le spalle aperte e gli occhi chiusi.
- Appoggia una mano sul pube e l'altra sul sacro.
- Respira, visualizzando l’aria che circola e arriva nelle zone coperte dalle mani.
- Prendi consapevolezza di tutto quello che senti, a qualsiasi livello.
- Poggia una mano sull’addome e l’altra sulla zona lombare.
- Respira, visualizzando l’aria che circola e arriva nelle zone coperte dalle mani.
- Prendi consapevolezza di tutto quello che senti, a qualsiasi livello.
- Poggia le mani sulle costole.
- Respira, visualizzando l’aria che circola alle costole.
- Prendi consapevolezza di tutto quello che senti, a qualsiasi livello.
- Poggia le mani in alto sotto le ascelle.
- Respira, visualizzando l’aria che circola e arriva sotto le ascelle.
- Prendi consapevolezza di tutto quello che senti, a qualsiasi livello.
- Poggia le mani sulle spalle, respira profondamente.
- Respira, visualizzando l’aria che circola e arriva alle spalle.
- Prendi consapevolezza di tutto quello che senti, a qualsiasi livello.
- Ora, abbandonati a tutto ciò che senti o avviene.

Alla luce dell’apertura avvenuta con la respirazione appena eseguita, ora provate a visualizzare, anche sotto forma di semplici immagini, i versetti di una Upanishad, che tra poco vi leggerò. Abbandonatevi, completamente alle parole e alle immagini e dall’energia pranica, emergerà, sicuramente, una risposta, anche minima, anche banale, ma importante per questo momento della vostra vita.
Allora, iniziamo questa breve meditazione uditiva:

Il Prāna brucia come il fuoco.
Splende come il sole.
Precipita come la pioggia.
Soffia come il vento.
Romba come il tuono del cielo.
Il Prāna è la terra.
Ha forma e non ha forma.
È l'immortalità.
Ogni cosa converge nel Prāna. …
O Prāna, sei tu a muoverti nel grembo materno, come la vita che si manifesterà di nuovo!
Tutte le creature rendono omaggio a te.
(Prashna Upanishad)

Restiamo solo due minuti in silenzio e poi riprendiamo la parte discorsiva della conferenza.

La mente umana si è troppo esteriorizzata, perdendo la facoltà di vedere i sottili movimenti interiori del proprio essere. Attraverso la respirazione cosciente, si possono recuperare anni di dispersione energetica. Voglio concludere, leggendovi una storiella, sulla quale v’invito a riflettere nei prossimi giorni: C'era una volta un astrologo-ministro che, avendo sbagliato una previsione, cadde in disgrazia. Il re lo fece rinchiudere in cima ad una torre, dove sarebbe dovuto restare, fino alla morte. Il ministro aveva una moglie molto innamorata. Una notte di luna piena, ella si recò ai piedi della torre e chiamò il marito, chiedendogli che cosa potesse fare per lui. Egli le chiese di respirare con lui, attraverso il soffio unito. Questo era un modo per mantenersi uniti da lontano. A volte, poteva persino produrre la soluzione inattesa ad un vecchio problema. Dopo una profonda respirazione, si sentirono molto uniti e trovarono la soluzione. In una notte di Luna nuova, d’accordo con il marito, la moglie ritornò alla torre e portò una fune lunghissima, una robusta corda, un lungo filo di cotone, un filo di seta lungo moltissimi metri, uno scarabeo e un po' di miele. Legò solidamente il filo di seta allo scarabeo e spalmò le sue le antenne con una goccia di miele, poi lo lasciò andare libero, lungo il muro della torre. Lo scarabeo partì per il suo lungo viaggio. Sentendo l’odore del miele, l'animale lentamente procedeva nella speranza di trovarlo. Così raggiunse la sommità della torre. Allora il ministro lo afferrò, impossessandosi del filo di seta. Sua moglie attaccò subito all'altra estremità del filo di seta quello di cotone. Dopo aver tirato su il filo di cotone, legò alla sua estremità la cordicella ed infine legò la fune. Il marito si avvinghiò alla fune per discendere dalla torre e fuggì. Nel nostro corpo, la respirazione è il filo di seta. Imparando a dirigerlo, prenderemo il filo di cotone. Dopo, troveremo la cordicella, poi la fune del Prāna, e infine la libertà. Ma qual è il significato e il ruolo dello scarabeo? Questa domanda non implica una risposta univoca e assoluta. Invito ognuno a trovare la sua. Sarà, se volete, il frutto che porterete con voi da questa conferenza.