I RITRATTI ASTROLOGICI
di Maria Grazia La Rosa
“...quando sei seduta al piano, non ti conosco più; la tua personalità è al di sopra del mio giudizio”
Vita e misteri nel tema natale di una principessa rivoluzionaria
“ E’ una donna che per patrio zelo, per doti d’intelletto, per sincerità d’opinioni proprie, per tolleranza delle altrui, merita, dov’anche si dissenta, molta stima e molto affetto” (Giuseppe Mazzini)
Così la descrisse Giuseppe Mazzini per il suo slancio patriottico e per l’importantissimo contributo che dette alla causa dell’Italia, tanto da essere considerata un’autentica “Madre della Patria”.
Cristina Trivulzio nacque il 28 giugno 1808, alle ore 10:45 a Milano (Fonte:CIDA) dal marchese Gerolamo Trivulzio e da Vittoria Gherardini.
La sua famiglia era tra le più illustri della città di Milano e sicuramente la più ricca. I suoi antenati erano condottieri, giuristi, eruditi e benefattori.
Cristina trascorse l’infanzia tra Milano ed il castello di Locate, un vasto feudo che apparteneva alla sua famiglia. All’età di quattro anni rimase orfana di padre, stroncato da un improvviso malore e sua madre, dopo un anno di vedovanza, si risposò con il marchese Alessandro Visconti d’Aragona dal quale ebbe quattro figli.
Quasi certamente fu il suo patrigno a destare in Cristina l’interesse per la politica che avrebbe caratterizzato tutta la sua vita. Alessandro Visconti, infatti, era amico del conte Confalonieri ed aveva partecipato ai moti del 1821 per cui, dopo il fallimento dell’impresa, fu imprigionato nello Spielberg e denunciato per “alto tradimento”. Successivamente assolto “per mancanza di prove legali”, uscì psicologicamente distrutto da quella esperienza, non si riebbe più e cadde in una profonda crisi depressiva.
Cristina, come si usava allora nelle grandi famiglie, studiava privatamente. Imparò il latino, l’inglese, il francese, la storia, la filosofia, la musica e rivelò un talento particolare per il disegno.
La sua insegnante di disegno, Ernesta Bisi, donna geniale, colta ed estroversa, divenne la sua più intima amica, molto più di una sorella maggiore, alla quale Cristina confidava tutti i suoi segreti. Ma, soprattutto ricevette da lei una vera e propria educazione politica che avrebbe influito sulla sua formazione e avrebbe dato un indirizzo alla sua vita. Ernesta Bisi, infatti, era d’idee liberali, partecipava alla cospirazione patriottica e, probabilmente, era affiliata alla setta segreta dei carbonari.
All’età di 14 anni Cristina fece il suo ingresso in società. Alta più della media, filiforme, aveva un viso illuminato da due immensi occhi neri. Benché cagionevole di salute (soffriva di una leggera forma di epilessia), non esitava a dedicarsi ad esercizi fisici. Cavalcava, tirava di scherma e al bersaglio con la carabina. Consapevole di possedere una cultura superiore alla media delle sue coetanee, non mancava di esibirla, quando se ne presentava l’occasione.
Era molto amica della madre di Alessandro Manzoni, Giulia Beccaria, che nutrì sempre per lei una profonda predilezione.
In occasione di un ballo conobbe un principe giovane e bello, Emilio Barbiano di Belgioioso d’Este che era il più scapestrato, il più mondano ed il più viziato dei suoi pretendenti.
Emilio era da tempo il re dei salotti milanesi. Erede di un notevole patrimonio che aveva già ampiamente dilapidato non era ben visto dalla famiglia Trivulzio per le sue abitudini libertine, ma Cristina si ribellò alla volontà della famiglia e decise di sposarlo.
Il 24 settembre 1824 convolarono a nozze con un fastoso matrimonio, al quale assistette tutta la nobiltà milanese. Cristina aveva 16 anni ed Emilio 24.
Emilio di Belgioioso
I primi tempi del matrimonio furono probabilmente felici, anche se non si hanno testimonianze precise. Cristina, divenuta principessa, svolgeva un’intensa vita mondana, partecipava a tutte le feste, organizzava concerti.
Ben presto, però, Cristina si accorse dello sbaglio che aveva fatto sposando Emilio di Belgioioso che non aveva mai abbandonato le sue abitudini da scapolo. Aveva cominciato a tradirla subito dopo le nozze ed, inoltre, dopo tre o quattro anni di buona salute Cristina aveva cominciato ad avvertire dei disturbi che i medici attribuivano vagamente all’epilessia di cui aveva sofferto da bambina. In realtà il marito l’aveva contagiata attaccandole la sifilide. Emilio si era poi perdutamente innamorato di una donna molto nota negli ambienti mondani milanesi, Margherita Ruga e propose a Cristina, che aveva scoperto il tradimento, di vivere sotto lo stesso tetto, ma senza impegni reciproci di fedeltà coniugale per “salvare le apparenze”.
Cristina rifiutò la proposta e accettò, invece, un accordo molto vantaggioso per il marito. S’impegnò, in cambio della separazione consensuale, a versargli cinquantamila lire austriache e a pagargli tutti i debiti, che ammontavano ad una cifra assai più alta. Poi, per la vergogna, decise di lasciare Milano il 1° dicembre 1828.
Si rifugiò a Genova dove fu ben accolta dalla buona società ligure. Si sentiva libera e ben presto strinse nuove amicizie, ma la polizia austriaca la spiava e sospettava di lei sia per le sue simpatie politiche, sia perché “colpevole” di aver abbandonato il marito.
Nel 1829 la sua salute peggiorò e su consiglio del medico decise di partire per Ischia, facendo una sosta a Roma dove cominciò ad interessarsi alla Carboneria, divenendone un’affiliata. Un anno dopo andò a Firenze, dove anche qui fu ben accolta dalla nobiltà fiorentina, pur non trascurando gli studi e la cospirazione. Fu ammessa, stranamente, perché le donne non erano gradite, persino a frequentare il Gabinetto Vieusseux, un circolo letterario che le spie austriache consideravano un “centro del disordine”.
A Firenze, Cristina restò alcuni mesi. Viaggiò molto per le città toscane, quasi sicuramente per maneggi politici e poi decise di partire per Lugano dove manifestò un’aperta simpatia nei confronti del partito repubblicano, vincitore in quella città. Le venne, poi, ingiunto di lasciare Lugano e di tornare a Milano dove le autorità austriache volevano rinchiuderla in convento.
Intanto a Genova era stata eseguita dagli austriaci una retata di carbonari e quest’avvenimento indusse Cristina a scappare in Francia.
In un primo momento andò in Provenza dove conobbe Augustin Thierry che era uno storico famoso e che aveva fatto parte della Carboneria. Fra lei e Thierry iniziò una profonda amicizia. Anzi, probabilmente Thierry era innamorato di lei, ma Cristina che aveva deciso “di vivere sola” lo considerò sempre solo un carissimo amico.
Nel febbraio 1831 Cristina si trasferì a Marsiglia dove gli esuli italiani avevano costituito un comitato d’insurrezione che lei sostenne economicamente firmando due lettere di credito per circa sessantamila lire, che erano una somma enorme.
Scoperta la sua fuga in Francia, la polizia austriaca le ingiunse nuovamente di tornare a Milano, pena la dichiarazione di “morte civile” e la confisca di tutti i beni che, intanto, furono posti sotto sequestro.
La minaccia della “morte civile” era un fatto molto grave perché significava per Cristina perdere il suo status di cittadina ed il suo immenso patrimonio.
Cristina non si perse d’animo, scrisse una lettera di protesta al cancelliere austriaco Metternich che rimase alquanto sconcertato perché “un colpo del genere contro una persona di così alto rango potrebbe presentare gravi inconvenienti” ed ordinò alle autorità di Milano di prendere tempo prima di adottare quelle misure punitive.
Nel frattempo Cristina, su suggerimento del suo giovane segretario, nel 1831 fece donazione del suo denaro liquido alle sue sorellastre e persino al marito. Quel denaro non le verrà mai restituito perché il marito dilapiderà in fretta la sua parte e le sorellastre utilizzeranno quel denaro come dote.
Riguardo, invece, ai beni immobili il tempo non era sufficiente e Cristina, ormai convinta di essere diventata povera, si dedicò completamente alla rivoluzione.
Visitava i centri dove si riunivano i fuoriusciti italiani, confezionava coccarde e la bandiera tricolore e intanto il comitato d’insurrezione si organizzò, con il sostegno della Francia, per provocare una rivolta in Piemonte, detronizzare Carlo Felice e sostituirlo con Carlo Alberto e successivamente marciare verso la Lombardia sotto la guida del nuovo re.
Tuttavia, mentre i volontari italiani marciavano verso il confine, a Parigi la situazione registrò un mutamento improvviso e i francesi ritirarono il sostegno ai volontari italiani, i quali furono catturati da una squadra austriaca ed imprigionati. Gli altri volontari, imprecando contro il tradimento francese, si ritirarono.
Per Cristina, che aveva seguito tutta l’operazione con entusiasmo e partecipazione, fu la fine del sogno di recuperare il suo patrimonio confiscato. Delusa dalla Francia pensava di trasferirsi a Lugano, ma Thierry la convinse a trasferirsi a Parigi dove egli contava amici influenti che l’avrebbero aiutata sia a risolvere i suoi problemi personali sia ad assistere gli esuli italiani che erano stati catturati.
Quindi, con poche centinaia di franchi e con una lettera di presentazione indirizzata al direttore degli archivi del Ministero degli Esteri, François Mignet, Cristina partì per Parigi.
Senza soldi, si arrangiò con il minimo per alcuni mesi e si guadagnò da vivere cucendo pizzi e coccarde e dopo poco tempo, un po’ con i soldi inviati dalla madre ed un po’ con quelli recuperati dai redditi di alcuni beni che si trovavano in Svizzera, riuscì a cambiare casa e ad organizzare uno di quei salotti d’aristocrazia dove riuniva esiliati italiani e borghesia europea.
Nei dieci anni che trascorse a Parigi e con il sostegno di Mignet, con il quale si creò una forte intesa tanto da fare coppia fissa, gli avvenimenti della sua vita furono molto intensi.
Frequentarono i suoi salotti, il poeta tedesco Heinrich Heine, il compositore ungherese Franz Liszt, il poeta francese Alfred de Musset e tanti altri. Ebbe anche una fitta corrispondenza col generale Lafayette, vecchio protagonista della rivoluzione francese.
Continuò, comunque, a contribuire alla causa italiana, cercando d’influenzare i potenti, scrivendo articoli e diventando anche editore di giornali politici.
Continuavano ad arrivarle richieste di soldi e lei cercava di distribuirne tantissimi, in modo da aiutare i poveri esuli italiani dei quali era diventata la referente parigina.
Intanto, oltre al sequestro dei beni, la magistratura di Milano aveva avviato contro di lei un processo per alto tradimento, un reato che comportava la forca o l’ergastolo. Ma, grazie all’intervento del generale Lafayette, il processo andò per le lunghe, fu rinviato più volte e alla fine venne insabbiato e nel 1835 Cristina ottenne la restituzione del suo intero patrimonio.
Ritornata ricca cercò di riconquistare almeno formalmente la sua rispettabilità di donna coniugata. Non aveva voluto separarsi ufficialmente dal marito, aveva mantenuto con lui cordiali rapporti epistolari e lo invitò a venire a vivere con lei, precisando, però, che avrebbero avuto vite completamente separate. Emilio era allora esule in Svizzera e non se la passava molto bene; accettò immediatamente l’invito e si trasferì a Parigi. Da allora abitò a lungo, sia pure saltuariamente, nella casa di Cristina. Diventarono una “coppia libera”, organizzavano insieme ricevimenti e lui non mancò di sedurre molte dame. Per Cristina andava bene così, la forma era salva.
A Parigi, Cristina divenne oggetto di grande curiosità, sia per il suo fastoso appartamento, sia per i suoi ricevimenti anticonformisti. Si vestiva spesso di bianco, quasi per accentuare il suo pallore che era impressionante quanto apparisse spettrale. Di sera il suo volto assumeva addirittura una sfumatura azzurrina e si diceva che ciò fosse dovuto all’effetto di droghe. In realtà pare che assumesse un veleno in piccolissime dosi per curare i suoi atroci dolori.
Nella primavera del 1836 giunse a Parigi la madre di Cristina. In quegli ultimi anni si erano viste solo due volte. Il motivo della visita della madre risiedeva nel fatto che voleva liberarsi di un problema per lei molto grosso, la pappagorgia. Le avevano detto che a Parigi erano stati eseguiti con successo i primi esperimenti di chirurgia estetica e lei era decisa a sottoporsi ad un intervento. Purtroppo fu una tragedia: pochi giorni dopo l’intervento, un’infezione sopravvenuta le causò la morte e fu probabilmente la prima vittima del lifting.
Cristina osservò un anno di lutto, ma non smise di ricevere, abolì solo le feste da ballo dando più spazio ai concerti di musica classica ed ai dibattiti culturali.
Per gli italiani di passaggio a Parigi, essere invitati da lei era un grande onore. Fra questi frequentò il suo salotto anche Camillo Benso conte di Cavour.
Era molto corteggiata, le furono attribuiti molti amanti, ma, in realtà, sembra che Cristina non consumasse mai i rapporti, forse per la sifilide che aveva contratto con il suo primo rapporto sessuale con il marito. A lei piaceva essere amata, desiderata; istintivamente tendeva a sedurre gli uomini, ma si bloccava al momento della conclusione.
Fu anche detto che fosse lesbica, ma non esistono prove, solo allusioni. In particolare si sussurrava che avesse avuto una relazione con George Sand, ma anche in questo caso non si sa niente di certo.
Cristina, in realtà, era un personaggio misterioso. Sul finire dell’estate del 1838 scomparve. Chiuse il suo salotto e si ritirò nella sua villa di campagna vicino Versailles, dove visse per mesi in assoluto isolamento. Soltanto nell’autunno del 1839 Cristina rivelò che il 23 dicembre 1838 aveva dato alla luce una figlia, Maria Gerolama.
Non si è mai saputo chi fosse il padre. L’unico legame conosciuto di Cristina in quel momento era quello con Mignet, un uomo considerato impotente se non addirittura omosessuale.
E’ stato anche ipotizzato che il padre fosse il suo segretario, Bolognini, che in quel periodo era al servizio di Cristina.
D’altra parte negli archivi comunali di Versailles non c’è traccia della nascita della bambina e ne consegue che o non fu registrata o lo fu sotto falso nome.
Iniziò anche una battaglia legale, che durò oltre venti anni, per il riconoscimento della figlia da parte di Emilio di Belgioioso.
Dopo la nascita di Maria, Cristina lasciò i salotti e i suoi ricevimenti e cominciarono alcuni anni di semi isolamento.
Nel 1840, dopo dieci anni, tornò a Locate, dove iniziò una serie di opere sociali. Creò asili, scuole elementari e professionali per i contadini aperte sia agli uomini, sia alle donne. Allestì degli ateliers per pittori, restauratori e rilegatori. Creò una forma di associazione dei lavoratori e uno scaldatoio che era stato una sua invenzione per salvaguardare i piccoli e le donne dai rigori del freddo. Aveva, cioè, trasformato la più grande sala del castello di Locate in un locale accogliente e riscaldato dove tutti potevano entrare nelle ore di riposo. Accanto allo scaldatoio funzionava una cucina pubblica che distribuiva un pasto caldo ad un prezzo simbolico, assai inferiore al costo reale. I medicinali venivano, invece, distribuiti gratis e aveva anche istituito un centro infermieristico per l’assistenza pubblica ai malati; inoltre, provvedeva personalmente a donare l’abito da sposa alle ragazze più povere. Organizzava anche il tempo libero con feste popolari e serate danzanti.
Purtroppo l’attività filantropica di Cristina suscitava timori e perplessità da parte dei benpensanti compreso Alessandro Manzoni che commentò con sarcasmo: “la mania di quella signora di diffondere l’istruzione fra i suoi contadini” per poi domandarsi ironicamente: “ ma quando quelli saranno tutti dotti, a chi toccherà zappare la terra?”. Anzi lo stesso Manzoni, nel luglio del 1842, quando Cristina fu informata che Giulia Beccaria stava morendo e si recò a farle visita, ordinò di bloccarla sulla porta e la fece cacciare via. In una lettera, scritta subito dopo, a Nicolò Tommaseo scrisse: “Io non passerò più quella soglia ove andavo altre volte con amore e ove una nostra gloria vive a metà. Viva il genio, il cuore è spento”.
Nell’agosto del 1842 furono pubblicati a Parigi i primi due volumi di un’opera teologica dal titolo Essai sur la formation du dogme catholique. Gli altri due volumi che la completarono uscirono otto mesi dopo e l’autrice era Cristina.
L’opera consisteva in brevi biografie e considerazioni sui più noti Padri della Chiesa e sulle loro dottrine, nonché nella rievocazione dei primi secoli del Cristianesimo e nell’esposizione delle più famose eresie. L’opera ebbe molte stroncature, ma anche critiche favorevoli.
Dopo la pubblicazione della sua opera Cristina tornò a Parigi e riaprì per qualche tempo il suo salotto letterario e l’anno successivo pubblicò in Francia, per la prima volta, la Scienza nuova di Giambattista Vico preceduta da una sua prefazione molto articolata.
Cristina, però, era anche malata di nervi e i medici francesi le davano pochi anni di vita, ma un medico italiano, specialista in malattie nervose che curava l’epilessia con l’oppio, probabilmente le somministrava droghe e gli effetti di quella cura si rivelarono miracolosi. Si sobbarcava fatiche materiali e morali molto forti: affrontava in carrozza viaggi estenuanti che duravano settimane; leggeva, traduceva, scriveva libri e articoli per i giornali e dirigeva di persona i lavori di Locate. A Parigi aveva anche fondato un proprio giornale “La Gazzetta Italiana” sul quale scriveva quasi tutto da sola. Aveva pochi collaboratori ed un solo redattore di venti anni, Gaetano Stelzi, che s’innamorò perdutamente di lei. Ma ben presto si liberò dei suoi collaboratori per scegliere come coadiutore solamente lo Stelzi che aveva quindici anni meno di lei, era biondo, bellissimo, gracile e tisico. Gaetano si occupava dell’educazione di Maria, raccoglieva il materiale necessario per i libri che Cristina scriveva e si era orientato nel lavoro giornalistico. Cristina e Gaetano s’innamorarono; lei confessò di aver finalmente trovato l’uomo che faceva per lei e di non aver mai provato per nessun uomo ciò che provava per lui.
Gaetano Stelzi (ritratto fatto da Cristina)
Intanto a Roma era stato eletto Papa, il cardinale Mastai Ferretti, che scelse il nome di Pio IX e che si rivelò il Papa che tutti aspettavano, pronto a favorire l’indipendenza italiana.
Cristina corse a Roma, accompagnata da Stelzi, dalla figlia Maria e dalla governante, Miss Parker e fu accolta molto festosamente. Fu presentata al popolo da Angelo Brunetti, famoso con il nome di “Ciceruacchio”, che era un oste ed un oratore eccezionale che definì Cristina “l’onore delle donne italiane”.
Durante il suo soggiorno a Roma giunse la notizia che Milano era insorta. Cristina voleva rientrare a Milano, ma la polizia austriaca aveva ordinato il suo arresto e l’internamento a Linz. Allora si trasferì a Napoli dove, anche qui, fu accolta con tutti gli onori. Riprese la sua attività giornalistica, pronunciava discorsi, partecipava alle assemblee, progettava altri viaggi.
Intanto il 22 marzo 1848 a Milano si era verificata la prima vittoria italiana contro gli austriaci; Cristina non ebbe esitazioni e decise di rientrare a Milano finalmente liberata.
Quando si sparse la notizia che stava per partire tutti volevano seguirla e una grande folla si radunò davanti alla sua casa. Ma come portarsi dietro tutti quei volontari? Cristina, allora, come al solito, fece le cose in grande. Noleggiò una nave, il Virgilio.
Appena sbarcata a Genova, Cristina abbandonò il battaglione e si diresse a Locate e mentre l’esercito austriaco si era arroccato nel “quadrilatero”, composto da Mantova, Peschiera, Verona e Legnago per preparare la controffensiva, Cristina fondò un nuovo giornale “il Crociato”. In esso esprimeva il suo progetto di fondare un partito di centro che avrebbe potuto favorire una specie di compromesso fra i monarchici ed i repubblicani, ma nessuno le prestava ascolto.
Intanto la sua vita privata stava attraversando in quel periodo un triste momento. Cristina abitava a Milano, dov’era anche la redazione del Crociato. Gaetano Stelzi viveva con lei e si dedicava con enorme passione al suo lavoro di caporedattore, ma le sue condizioni di salute, già precarie, si aggravarono, finché morì.
Per Cristina fu un colpo tremendo e sembra che, anche se non si hanno notizie certe, ordinasse l’imbalsamazione della salma per trasferirla a Locate. Cristina avrebbe anche disposto che nella bara fosse operata un’apertura, coperta da un cristallo, che le consentisse di continuare a vedere il volto dello Stelzi. Non si sa per quale motivo, Cristina non denunciò la morte dello Stelzi all’anagrafe di Milano né a Locate. La registrazione della morte avvenne un anno dopo nell’archivio parrocchiale di Locate. Ma la tumulazione dello Stelzi è avvolta nel mistero. Infatti, tre mesi dopo, quando Cristina era già partita per Parigi in seguito al ritorno degli austriaci a Milano, un drappello di gendarmi che dava la caccia agli sbandati, si trasferì nel castello di Locate e, durante la perquisizione della casa, fecero una macabra scoperta.
Aprendo una porta segreta ( ma, secondo altri si trattava di un grosso armadio) si trovarono di fronte ad una bara e dallo spioncino di essa si poteva intravedere il cadavere di un giovane in abito da sera. Dopo aver identificato il defunto, i gendarmi recuperarono il feretro tumulato nell’adiacente cimitero sotto il nome di Gaetano Stelzi, ma la bara non conteneva un cadavere, bensì un tronco d’albero.
Fiorirono molte leggende su questo ritrovamento, si parlò di messe nere, si raccontava che ogni sera Cristina apriva la bara per accarezzare il volto dell’uomo amato. Forse erano tutte fantasie; in ogni caso Cristina credeva ai fantasmi e sia a Locate, sia a Parigi era solita organizzare delle sedute spiritiche. Sembrerebbe, invece, che Cristina, nell’attesa che il sepolcro fosse costruito, avesse sistemato la bara in una delle tante stanze del castello e che l’arrivo improvviso degli austriaci l’avesse costretta a lasciare l’opera non ultimata.
Pochi giorni dopo la morte di Stelzi, Cristina era di nuovo a Milano. Carlo Alberto di Savoia riconsegnò Milano, che era stata attaccata, agli austriaci.
Cristina, indignata per la sconfitta dei patrioti milanesi, scrisse articoli infuocati contro gli uomini del governo provvisorio e rimarcò che “al popolo non era stato chiesto di sceglierli e che la loro causa non era mai stata quella del popolo”. Sempre più rivoluzionaria e repubblicana dunque!
Partì poi per Parigi dove si trattenne alcuni mesi e, nell’aprile del 1849 giunse a Roma, dove si trovò in prima linea nel momento dell’insurrezione romana e fu qui che Cristina, forse per l’unica volta della sua vita si sentì completamente realizzata.
Giuseppe Mazzini le affidò l’incarico di direttrice delle ambulanze militari e, in sole quarantotto ore rese efficienti dodici ospedali. La sua prima iniziativa fu addirittura rivoluzionaria; costituì un servizio infermieristico femminile volontario. Era la prima volta che le donne venivano chiamate a svolgere un compito simile. Al suo appello risposero in moltissime e d’ogni ceto sociale: aristocratiche, straniere, borghesi, popolane ed anche diverse prostitute.
La selezione delle volontarie fu molto severa e Cristina ne scelse circa trecento che furono divise in gruppi e sottoposte ad un regime paramilitare. Aveva cacciato via quasi tutti i vecchi infermieri “uomini rozzi, ineducati, sovente ubriachi…” e il servizio volontario femminile organizzato da Cristina si rivelò utilissimo salvando moltissime vite di patrioti italiani.
Cristina, quindi, ben cinque anni prima, aveva preceduto Florence Nightingale, la fondatrice del corpo delle crocerossine.
Purtroppo, però, a Roma la rivolta venne sedata e, sfumata anche questa speranza di libertà e assillata dalla minaccia di un futuro nerissimo, Cristina salpò su una nave diretta a Malta, dove rimase poco tempo. Partì allora per Atene sempre in compagnia della figlia e di Miss Parker e poi si stabilì in un villaggio in Turchia, nel cuore dell’Anatolia. Gli abitanti del villaggio l’accolsero con entusiasmo e lei si occupò dei malati e persino dei lebbrosi. Si fece costruire una casa accogliente e cominciò a far progetti per nuove iniziative agricole.
Dall’Oriente scrisse articoli e racconti riuscendo a mantenersi visto che i suoi beni erano stati sequestrati definitivamente dagli austriaci.
Ma le sue disavventure continuarono. Fra gli uomini che lavoravano nella sua azienda agricola c’era un profugo bergamasco che era riuscito a sedurre miss Parker, donna matura e spigolosa. Ma la tresca non era durata a lungo perchè l’uomo si era rivelato violento e possessivo ed una sera malmenò a tal punto Miss Parker che corse in lacrime da Cristina per confessarle tutto e chiederle aiuto. Convocato da Cristina, l’uomo ammise i fatti e promise di comportarsi meglio, ma, da quel giorno il bergamasco covò sentimenti di vendetta ed una sera del luglio del 1853, mentre Cristina si avviava verso la sua camera, l’aggredì sulla porta e la colpì con cinque pugnalate all’inguine, al seno sinistro e alla mano destra. Per l’urto ricevuto Cristina cadde all’indietro e sfondò una finestra rotolando fra i vetri infranti, ma l’uomo l’aggredì ancora vibrandole un’ultima pugnalata alla base della nuca e poi fuggì.
Cristina non perse la testa e, dimostrando un eccezionale stoicismo, predispose lei stessa le cure necessarie. Evidentemente sapeva il fatto suo anche grazie alla pratica infermieristica negli ospedali romani; ventiquattro ore dopo non aveva più la febbre, il dolore era diminuito e pochi giorni dopo era di nuovo in piedi. Una sola ferita le aveva lasciato un’infermità cronica, quella alla nuca e da allora sarà costretta a tenere il capo inclinato sulla spalla sinistra.
Trascorsero altri due anni. Priva di mezzi, Cristina vide fallire tutti i suoi progetti agricoli e, per quanti sforzi facesse, non riuscì a migliorare la situazione. Negli ultimi mesi si manteneva scrivendo sui giornali ed eseguendo con la figlia Maria ricami che poi vendeva ad un commerciante turco.
Così, quando le giunse la notizia che i suoi avvocati erano riusciti a trovare un compromesso con le autorità austriache, si dichiarò vinta e si rassegnò a tornare in Europa.
Ottenuto finalmente il dissequestro di tutti i suoi beni e la relativa amnistia Cristina nel 1856 tornò a Milano e nel 1858 morì suo marito Emilio, ormai rimbambito dalla sifilide.
L’impegno più importante che assorbiva la maggior parte del tempo di Cristina era in quel periodo la causa di legittimazione della figlia Maria che aveva ormai venti anni e la sua nascita e la sua esistenza non erano registrate in nessun ufficio. Finalmente nel 1860 fu riconosciuta come figlia sua e di Emilio di Belgioioso.
Maria era una ragazza tranquilla e accettò un matrimonio combinato dalla madre con il marchese Lodovico Trotti Bentivoglio, un vedovo con due figli al quale darà una terza figlia che sarà chiamata Cristina.
Diventata nonna, Cristina dedicava molto tempo alla piccola nipote, ma la politica restava sempre la sua passione. Realizzò a Milano un’iniziativa editoriale senza precedenti: un giornale bilingue, in italiano ed in francese.
L’opera più significativa della sua maturità, comunque, restava il saggio sulla condizione femminile nel quale analizzava il complesso problema della donna nella società. In proposito, infatti, Cristina scriveva: “quelle poche voci femminili che si innalzano chiedendo dagli uomini il riconoscimento formale delle loro uguaglianza formale, hanno più avversa la maggior parte delle donne che degli uomini stessi. [...] Le donne che ambiscono a un nuovo ordine di cose, debbono armarsi di pazienza e abnegazione, contentarsi di preparare il suolo, seminarlo, ma non pretendere di raccoglierne le messi".
Per tutta la vita, per cause concatenate con la sua malattia venerea, Cristina soffrì di tormentose nevralgie che spesso le impedivano di appoggiare la testa sul cuscino; dolori che aumentarono e si complicarono dopo l’aggressione subita in Turchia e fece, quindi, uso di droghe che l’aiutavano a sopportare i dolori. A poco più di cinquanta anni era conciata molto male.
Negli ultimi anni della sua vita Cristina soggiornava a Milano o nelle sue residenze di Locate e di Blevio, sul lago di Como.
Il 5 luglio 1871, quando l’Italia era finalmente unita, Cristina capì che il cerchio della sua vita si stava chiudendo. Si alzò comunque dal letto e volle sedersi su una poltrona del grande salone della sua residenza milanese. Soffriva molto, ma era lucidissima e alle dieci e mezzo di sera morì per “ipertrofia di fegato”.
Per volontà dell’estinta la salma fu sepolta a Locate in una tomba di marmo bianco.
Mezzo secolo più tardi, durante i lavori di ristrutturazione del cimitero di Locate, la tomba di Cristina fu riaperta ed il sarcofago risultò vuoto. Un vecchio contadino risolse il mistero e raccontò che Cristina riposava nel settore dei poveri. Infatti, dissotterrata la bara che si trovava in quel punto, fu possibile, attraverso uno sportello vitreo, riconoscere il volto di Cristina che subito si dissolse al contatto con l’aria. Il riconoscimento fu consentito anche da un anello che la salma portava al dito. Vi erano incise le iniziali “E.C.”: Emilio e Cristina.
Molte ipotesi furono avanzate su questa vicenda. La più probabile è che sia stata la stessa Cristina a volere essere sepolta fra la povera gente che aveva molto amato. Ancora un enigma, dunque.
Sole in Cancro, Ascendente in Vergine e Luna in Leone. L’elemento prevalente è l’Acqua (5 pianeti), indice di una forte sensibilità che Cristina ha dimostrato sia con la sua generosità e partecipazione ai problemi delle persone bisognose, sia con la tendenza ad assorbire empaticamente i conflitti che caratterizzavano la formazione dell’unità d’Italia. E’ molto carente, invece, l’elemento Terra, rappresentato solo dall’Ascendente in Vergine. Infatti, Cristina non si è preoccupata delle situazioni pratiche e materiali della vita. Pur di perseguire i suoi ideali si è fatta confiscare il suo ingente patrimonio, ha elargito in gran quantità denaro al marito, alle sorellastre e alla causa della rivoluzione.
Il modello planetario è una clessidra in cui i pianeti guida sono Plutone e Marte. Cristina ha sia l’interesse sia la capacità di adattarsi alla realtà in qualsiasi situazione venga a trovarsi. E’ stata ricca e povera, si è ambientata in ogni luogo in cui ha vissuto ed ha saputo anche adattarsi alla civiltà orientale, assai lontana da quella di provenienza.
Il Sole è in X casa in Cancro trigono ad Urano in Scorpione. Cristina è anticonformista, ambiziosa e possiede un grande magnetismo personale che attira la gente. E’ generosa verso il suo prossimo e sa infondere forza e vitalità.
La Luna è in Leone in XII casa, sestile a Venere in Gemelli, ad Urano in Scorpione e quadrata a Nettuno in Sagittario. Cristina è orgogliosa, generosa, ama sedurre, è curiosa del nuovo e del diverso, ma può essere facilmente ingannata. E’ anche un’esibizionista, come indica la Luna in Leone, sia per il suo modo di vestire molto originale, tutto di bianco o tutto di nero, sia per il coraggio e lo spirito d’iniziativa che ha dimostrato, come quando ha improvvisato l’organizzazione di un corpo d’infermiere volontarie per assistere i feriti durante l’assedio di Roma.
Anche Mercurio è in Leone in XI casa quadrato ad Urano e trigono a Nettuno.
La quadratura Mercurio-Urano indica predisposizioni a patologie da alterata attività elettrica del cervello ed una di queste potrebbe essere l’epilessia di cui soffriva Cristina.
Il trigono di Mercurio con Nettuno dona, invece, enormi capacità creative e ispirazione. Cristina ha il dono della comunicativa efficace e drammatica ed anche il forte intuito di comprendere le motivazioni altrui.
Venere in Gemelli in X casa trigona ad Urano fa vivere a Cristina amori anticonformisti, ma anche l’amore verso il prossimo e l’ottimismo. I suoi biografi l’hanno considerata una donna frigida. Invece si potrebbe dedurre che la sua sessualità fosse mediata dalle sottili trame dell’intelletto e che ad una forte passione preferisse la seduzione.
Marte è in Gemelli in X casa quadrato alla congiunzione Giove/Plutone in Pesci in VI Casa trigona a Saturno. Cristina ha l’energia necessaria ad accettare sfide, anche se a volte agisce troppo impulsivamente. Una forte ambizione la spinge a raggiungere i traguardi che si è prefissata. Prosegue risoluta per la sua strada e non accetta la sconfitta. Dietro quest’ambizione, comunque, c’è una grande fiducia nella propria capacità di superare difficoltà e limitazioni.
Dal punto di vista della salute, la collocazione della VI in Pesci, la quadratura di Marte con la congiunzione Giove/Plutone ci possono indicare sia l’aggressione del bergamasco, sia la sua predisposizione ad assumere droghe.
Saturno è retrogrado in III casa. Dal punto di vista karmico è come se Cristina dovesse portare a termine dei doveri che non aveva completamente assolto nell’esistenza precedente. In realtà era ricca, bella, giovane. Poteva godersi la vita in maniera spensierata, invece si è quasi immolata per la causa italiana, affrontando anche grossi sacrifici.
Anche l’asse dei Nodi lunari Toro-Scorpione nelle case III-IX ci indica il suo bisogno di costruire, di fare molte esperienze che arricchiranno ed illumineranno la coscienza.
La Luna Nera è in VIII casa in Toro. Cristina ha attraversato periodi di sradicamento, ha dovuto affrontare grossi cambiamenti di vita ed è stata anche più volte privata dei suoi beni.
Il suo tema natale, quindi, ci conferma la forte personalità di Cristina, il suo coraggio ed il suo anticonformismo.
La Luna Nuova antecedente la nascita, da un punto di vista astrologico e psicologico può indicare un percorso scelto prima, quando il soggetto non era ancora nato.
Nel caso di Cristina il Novilunio è avvenuto nello stesso segno solare del Tema di nascita, rafforzando, quindi, il segno del Cancro nel quale è collocato anche Mercurio. I valori acqua, come per il tema natale, assumono, quindi, un’importanza rilevante. La sensibilità ai problemi dei bisognosi, il suo senso patriottico ci confermano che Cristina aveva già scelto il cammino che avrebbe intrapreso nella vita. La II Casa nella quale cade il Novilunio rappresenta un’ulteriore prova dell’attaccamento alle radici di Cristina ed il trigono ad Urano in VI casa ha donato a Cristina una mente inquisitiva ed avida di conoscenza e soprattutto uno sguardo sempre rivolto al futuro.
L’Ascendente in Toro si verifica nell’VIII casa del Tema natale dove risiede la Luna Nera. E’ una conferma delle caratteristiche dell’VIII casa relative alla spoliazione dei beni, all’attrazione verso l’al di là, alle penalizzazioni ereditarie.
L’asse dei Nodi si sviluppa tra Toro e Scorpione come nel radix, ma qui tra la I e la VII casa. Spirito critico, combattività, bisogno di migliorare, di ricostruire, sono le qualità offerte da questa configurazione. E chi meglio di Cristina ha dimostrato queste caratteristiche nella vita con in più la sua disponibilità verso gli altri?
Esaminando la rivoluzione solare dell’anno del matrimonio tra Cristina ed Emilio di Belgioioso, risalta la posizione dell’Ascendente di rivoluzione in XI e XII Case natali.
Cristina ha molti progetti, ma ben presto il matrimonio la sottoporrà a dure prove. In XII Casa c’è anche la Luna. Infatti, la sua femminilità sarà quasi subito mortificata.
In Casa VII di rivoluzione c’è anche la Luna Nera in Acquario il cui governatore, Urano, si trova in IV Casa. Il matrimonio, all’improvviso, non è come Cristina sperava che fosse e la sua aspirazione ad avere una famiglia viene distrutta.
E’ comunque significativa in questo Tema la presenza della configurazione della Grande Croce tra i segni cardinali ( Cancro-Capricorno; Ariete e Bilancia) che rappresentano la famiglia ed il matrimonio. I pianeti coinvolti ( Sole, Urano, Nettuno e Marte, Plutone) in questa configurazione ci confermano l’anomalia di questo matrimonio che è stato un susseguirsi di tensioni, delusioni e frustrazioni.
Nel luglio del 1853, come abbiamo scritto precedentemente, Cristina subì un’aggressione con cinque pugnalate. Vediamo ora nel tema di rivoluzione relativo a quell’anno se possiamo individuare l’evento in questione.
L’Ascendente di rivoluzione cade nella XII radix, la Luna è in VIII casa di rivoluzione e Marte è congiunto alla Luna Nera, entrambi quadrati all’Ascendente di rivoluzione.
Il Sole è in XI casa di rivoluzione trigono ad Urano e sestile all’Ascendente.
Plutone e Urano in IX di rivoluzione cadono nell’VIII casa radix.
Il corpo, (l’Ascendente), subisce dure prove, è colpito dal pugnale, (Marte), ma Cristina, nonostante il tragico avvenimento si salva (Sole sestile all’Ascendente). Tutto ciò avviene all’improvviso in modo misterioso e in una terra lontana (Plutone e Urano in IX Casa).
La vita di Cristina fu, quindi, piena di metamorfosi, una vita da “romanzo” e forse per le sue contraddizioni l’Italia ha sempre evitato di valorizzare una delle nostre poche figure femminili del Risorgimento di statura europea. Rivoluzionaria e moderata, nomade e stanziale, frigida e libertina, repubblicana e monarchica, spregiudicata e cattolica, sperperatrice e risparmiatrice.
E’ stata una figura imbarazzante, difficile da imprigionare negli archetipi patriottici. Nobile, bella, ricca e indipendente, Cristina poteva passare indifferentemente dai salotti alle riunioni politiche.
Così la descrisse Balzac che, in un certo senso, riuscì ad inquadrare la sua personalità: “….E’ molto imperiosa, senza alcun rimpianto per il passato e non permette mai ad un uomo di affermare i propri diritti, concedendosi a lui solo in prestito. E’ una cortigiana, una bellissima imperatrice, ma è anche un’orribile intellettuale”
NOTIZIE BIBLIOGRAFICHE E SITOGRAFICHE
http://cronologia.leonardo.it
http://www.lugano.ch
http://www.storiadimilano.it
http://it.wikipedia.org
http://www.fantasmitalia.it
Gatti, Chiara- La prima donna d’Italia- Repubblica 10 maggio 2008
Scaraffia, Giuseppe- Il doppio volto di Cristina- Il Sole 24 ore 6 luglio 2008
Foglia, Serena – Protagoniste – Rusconi ed., 1980
Petacco, Arrigo- La Principessa del Nord- Arnoldo Mondadori Editore, 1993
GLI ALTRI RITRATTI ASTROLOGICI DI MARIA GRAZIA LA ROSA
1. Camille Claudel
2. Amelia Earhart
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